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domenica 8 novembre 2015

Monte La Palazza 2210 m. dalla Val Zemola

 
Monte La Palazza 2210 m. dalla Val Zemola

Note tecniche.

Localizzazione: Dolomiti Friulane -Gruppo del Duranno-

Avvicinamento: Montereale-Barcis-Cimolais-Passo San Osvaldo-Erto- Rotabile per la val Zemola.

Punto di Partenza: Parcheggio quota 1179, pochi metri sotto il rifugio Casera Mela.

Tempi di marcia escludendo le soste: 6 ore.

Dislivello complessivo in salita: 1100.

Distanza percorsa in Km: 12,770 m.

Quota minima partenza: 1179

Quota massima raggiunta: 2210

Condizioni Meteo: Eccellenti.

Segnavia: Cartelli con indicazioni, piccoli bolli rossi. Paletti e ometti.

Fonti d’acqua: Si- Fontana presso la cava di marmo

Difficoltà: Escursionisti esperti.

Attrezzature: Nessuna

Cartografia consigliata. Tabacco 021.

Data: 07 novembre 2015

Condizioni del sentiero: Bene segnato, l’ultimo tratto prima della cima del La Palazza solo labili tracce.

Periodo consigliato: da maggio a novembre

 

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.

 
 Lo straordinario periodo meteo sta anticipando molte delle escursioni che avevo in programma per la prossima primavera e “La Palazza” era una delle mete. La valle del Vajont e dello Zemola hanno sempre richiamato nella mia fantasia due sentimenti apparentemente contrastanti, “l’Eros e Thanatos. Il mio pensiero viene validato nel leggere i libri di Mauro Corona, “artista, poeta e alpinista di queste valli” Le grandi distese prative e selvagge mi hanno stimolato un sentimento di libertà, spogliarsi di tutto, abbandonarsi alle emozioni, lasciarsi baciare dal sole e carezzare dal leggero vento del nord,” l’Eros”. Ma in questi luoghi oltre i morti del Vajont, percepisco le anime degli escursionisti che pur cercando l’amore trovavano la morte, come di recente quella della sfortunata escursionista.

Partenza alle prime ore dell’alba in compagnia del fido Magritte, arrivo a Erto che il sole tinge di rosa le poche nuvole: è un incanto. Risalgo il vecchio borgo seguendo le indicazioni per la val Zemola, affrontando a marce basse un ardita e adrenalinica carrareccia scavata nella roccia ed esposta sul baratro. Dopo pochi tornanti arrivo a quota 1179, e lì parcheggio.  Zaino in spalle si parte. Seguendo le indicazioni per il rifugio Buscada, percorro la strada forestale che si stacca a sinistra e dopo pochi metri lambisce il rifugio della Mela (aperto) virando a destra e risalendo nel bosco, accompagnato dalla splendida visuale sul Duranno. In prossimità di un vecchia baracca (quota 1329 m) si stacca il sentiero che porta alla cava di Buscada (cartello con indicazione su un tronco). Con stretti tornanti guadagno velocemente quota risalendo lo scosceso fianco sotto la cava. Dopo pochi metri la vegetazione si fa più rada, aprendo la visuale si ripidi pendii erbosi del Buscada. Gli ultimi tornanti mi emozionano, i colori autunnali degni della tavolozza di un grande pittore paesaggista, supero un piccolo costone erboso, dove noto una piccola croce in metallo con alcune iscrizioni, poco dopo, raggiungo la strada forestale che risale dalla valle. Davanti a me una piccola fontana (quota 1798), a sinistra della carrareccia scorgo il rifugio Buscada e il suo camino fumante.  Alla mia destra c’è il proseguo per la cresta del Buscada. Alla diramazione prendo a sinistra e in pochi metri mi ritrovo nella cava, superando grossi massi. Qui incontro un simpaticissimo operario nativo del luogo che con gentilezza, mi fornisce informazioni sul proseguo. Sarà gente di montagna, dura e chiusa quella di Erto, ma ho sempre avuto la fortuna di incontrare nelle precedenti esperienze gente simpatica e disponibile, con un bel viso illuminato di cordialità.  Supero la cava con i suoi enormi blocchi di pietra addentrandomi in un sentiero di erbacce, la traccia da percorrere è pulita, mi fermo ad ammirare per l’ennesima volta il Duranno che con il Col Nudo alle mie spalle sono gli autentici sovrani del meraviglioso scenario che sto percorrendo. Il sentiero è segnato con piccolissimi bolli rossi e qualche rado ometto esso risale lo scosceso piano erboso e superate alcuni asperità carsiche mi porta ad entra re in un labirinto di mughi.

Ora il percorso diventa divertente, prima passo sotto l’arco creato da un vecchio albero, poi supero un tratto roccioso e scanalato in equilibrio (piccola corda di aiuto) e infine uscendo dal mugheto trovo uno strano scheletro di salice, sembra dapprima uno spaventa passeri, ma poi guardando bene intuisco che si tratta del vecchio guerriero che protegge la valle dai spiriti maligni, insomma ognuno ci vede quello che vuole, ma sto divinamente bene, e la mia fantasia si libera. Pochi metri dopo sono finalmente sulla cresta che percorro in sicurezza accompagnato da paletti, da bolli rossi e ometti. Uno sguardo verso la valle del Piave e le dolomiti bellunesi, regine delle Alpi. Tra tutte domina il Pelmo coperto parzialmente in vetta da neve. Che dire? Poesia che si aggiunge a magnificenza, che goduria! Una labile traccia traversa la cresta e in progressione supero tutte le piccole elevazioni fino a raggiungere cima Buscada quota 2180 (l’anticima della “La Palazza”). Il colle prativo dominato da una croce spartana (due rami secchi e un laccio di scarpe). Pur essendo contrario ai simboli religiosi in vetta, questa mi piace, è in perfetto stile cristiano, semplicità e povertà. Accanto ad essa un piccolo ometto con un barattolo in vetro al cui interno trovo stanno alcuni fogli, una matita per i viandanti, perfetto, essenziale. Davanti a me oltre lo splendido scenario è la meta, l’Insormontabile bastione con le sue impressionanti esposte a occidente, mi chiedo se sia possibile risalire fino in cima. E se sì da dove? La risposta mi arriva dagli arditi camosci che la conquistano con estrema facilità; il messaggio è chiaro, “vieni e provaci”! Seguendo la traccia mi ritrovo nella sella tra cima e anticima, un’altra traccia aggira il monte a destra, ma la mia porta a sinistra. Lascio Magritte a guardia dello zaino e quindi mi avvio per l’ardito sentiero. Non lasciandomi intimorire del pauroso precipizio risalgo con cautela l’esile sentiero che dopo pochi metri si fa meno esposto. Superando un ripido prato erboso e un canalino roccioso, raggiungo la cima. Piccola ed esposta. La massima elevazione è simboleggiata da due ometti poco distanti l’uno dall’altro, uno sormontato da uno strano ramo. Tutto intorno è il paradiso. Scatto foto a volontà, ma la sosta sarà breve. Ridiscendo con cautela l’esposto tratto per ritrovare l’amico a quattro zampe. Ritornati indietro facciamo la sospirata sosta sull’anticima, lauto pranzo per cagnetto, cambio maglietta indossando la mia portafortuna nerazzurra. Sun un blocco schizzi disegno un rosa a forma di lettera esse, dedicandola a Sara, la sfortunata escursionista che pochi giorni prima ha perso la vita tra questi monti. Pongo questo piccolo pensiero dentro il vaso in vetro, e volgo il mio sguardo all’infinita bellezza. Minuti, attimi, emozioni indefinibili. Resto mezz’ora in compagnia dei sogni, e mi lascio baciare dal sole, vivendo uno spettacolo unico. Ripreso lo zaino ci avviamo verso il ritorno. Con calma scendiamo lungo i pendii erbosi, vivendo attimo dopo attimo. Nei pressi della cava incrocio una giovane escursionista solitaria, un breve saluto, e penso che “la vita continua”!

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.

 
































































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