Monte La Palazza 2210
m. dalla Val Zemola
Note tecniche.
Localizzazione: Dolomiti Friulane -Gruppo del Duranno-
Avvicinamento: Montereale-Barcis-Cimolais-Passo San
Osvaldo-Erto- Rotabile per la val Zemola.
Punto di Partenza: Parcheggio quota 1179, pochi metri sotto
il rifugio Casera Mela.
Tempi di marcia escludendo le soste: 6 ore.
Dislivello complessivo in salita: 1100.
Distanza percorsa in Km: 12,770 m.
Quota minima partenza: 1179
Quota massima raggiunta: 2210
Condizioni Meteo: Eccellenti.
Segnavia: Cartelli con indicazioni, piccoli bolli rossi. Paletti
e ometti.
Fonti d’acqua: Si- Fontana presso la cava di marmo
Difficoltà: Escursionisti esperti.
Attrezzature: Nessuna
Cartografia consigliata. Tabacco 021.
Data: 07 novembre 2015
Condizioni del sentiero: Bene segnato, l’ultimo tratto prima
della cima del La Palazza solo labili tracce.
Periodo consigliato: da maggio a novembre
Il vostro “Forestiero Nomade”.
Malfa.
Lo straordinario
periodo meteo sta anticipando molte delle escursioni che avevo in programma per
la prossima primavera e “La Palazza” era una delle mete. La valle del Vajont e
dello Zemola hanno sempre richiamato nella mia fantasia due sentimenti
apparentemente contrastanti, “l’Eros e Thanatos. Il mio pensiero viene validato
nel leggere i libri di Mauro Corona, “artista, poeta e alpinista di queste
valli” Le grandi distese prative e selvagge mi hanno stimolato un sentimento di
libertà, spogliarsi di tutto, abbandonarsi alle emozioni, lasciarsi baciare dal
sole e carezzare dal leggero vento del nord,” l’Eros”. Ma in questi luoghi
oltre i morti del Vajont, percepisco le anime degli escursionisti che pur
cercando l’amore trovavano la morte, come di recente quella della sfortunata escursionista.
Partenza alle prime ore dell’alba in compagnia del fido
Magritte, arrivo a Erto che il sole tinge di rosa le poche nuvole: è un
incanto. Risalgo il vecchio borgo seguendo le indicazioni per la val Zemola, affrontando
a marce basse un ardita e adrenalinica carrareccia scavata nella roccia ed
esposta sul baratro. Dopo pochi tornanti arrivo a quota 1179, e lì
parcheggio. Zaino in spalle si parte. Seguendo
le indicazioni per il rifugio Buscada, percorro la strada forestale che si
stacca a sinistra e dopo pochi metri lambisce il rifugio della Mela (aperto)
virando a destra e risalendo nel bosco, accompagnato dalla splendida visuale
sul Duranno. In prossimità di un vecchia baracca (quota 1329 m) si stacca il
sentiero che porta alla cava di Buscada (cartello con indicazione su un
tronco). Con stretti tornanti guadagno velocemente quota risalendo lo scosceso
fianco sotto la cava. Dopo pochi metri la vegetazione si fa più rada, aprendo
la visuale si ripidi pendii erbosi del Buscada. Gli ultimi tornanti mi
emozionano, i colori autunnali degni della tavolozza di un grande pittore paesaggista,
supero un piccolo costone erboso, dove noto una piccola croce in metallo con
alcune iscrizioni, poco dopo, raggiungo la strada forestale che risale dalla
valle. Davanti a me una piccola fontana (quota 1798), a sinistra della
carrareccia scorgo il rifugio Buscada e il suo camino fumante. Alla mia destra c’è il proseguo per la cresta
del Buscada. Alla diramazione prendo a sinistra e in pochi metri mi ritrovo nella
cava, superando grossi massi. Qui incontro un simpaticissimo operario nativo
del luogo che con gentilezza, mi fornisce informazioni sul proseguo. Sarà gente
di montagna, dura e chiusa quella di Erto, ma ho sempre avuto la fortuna di
incontrare nelle precedenti esperienze gente simpatica e disponibile, con un
bel viso illuminato di cordialità. Supero
la cava con i suoi enormi blocchi di pietra addentrandomi in un sentiero di
erbacce, la traccia da percorrere è pulita, mi fermo ad ammirare per l’ennesima
volta il Duranno che con il Col Nudo alle mie spalle sono gli autentici sovrani
del meraviglioso scenario che sto percorrendo. Il sentiero è segnato con piccolissimi
bolli rossi e qualche rado ometto esso risale lo scosceso piano erboso e superate
alcuni asperità carsiche mi porta ad entra re in un labirinto di mughi.
Ora il percorso diventa
divertente, prima passo sotto l’arco creato da un vecchio albero, poi supero un
tratto roccioso e scanalato in equilibrio (piccola corda di aiuto) e infine
uscendo dal mugheto trovo uno strano scheletro di salice, sembra dapprima uno spaventa
passeri, ma poi guardando bene intuisco che si tratta del vecchio guerriero che
protegge la valle dai spiriti maligni, insomma ognuno ci vede quello che vuole,
ma sto divinamente bene, e la mia fantasia si libera. Pochi metri dopo sono
finalmente sulla cresta che percorro in sicurezza accompagnato da paletti, da
bolli rossi e ometti. Uno sguardo verso la valle del Piave e le dolomiti
bellunesi, regine delle Alpi. Tra tutte domina il Pelmo coperto parzialmente in
vetta da neve. Che dire? Poesia che si aggiunge a magnificenza, che goduria!
Una labile traccia traversa la cresta e in progressione supero tutte le piccole
elevazioni fino a raggiungere cima Buscada quota 2180 (l’anticima della “La
Palazza”). Il colle prativo dominato da una croce spartana (due rami secchi e
un laccio di scarpe). Pur essendo contrario ai simboli religiosi in vetta,
questa mi piace, è in perfetto stile cristiano, semplicità e povertà. Accanto ad
essa un piccolo ometto con un barattolo in vetro al cui interno trovo stanno
alcuni fogli, una matita per i viandanti, perfetto, essenziale. Davanti a me
oltre lo splendido scenario è la meta, l’Insormontabile bastione con le sue impressionanti
esposte a occidente, mi chiedo se sia possibile risalire fino in cima. E se sì
da dove? La risposta mi arriva dagli arditi camosci che la conquistano con estrema
facilità; il messaggio è chiaro, “vieni e provaci”! Seguendo la traccia mi
ritrovo nella sella tra cima e anticima, un’altra traccia aggira il monte a
destra, ma la mia porta a sinistra. Lascio Magritte a guardia dello zaino e
quindi mi avvio per l’ardito sentiero. Non lasciandomi intimorire del pauroso precipizio
risalgo con cautela l’esile sentiero che dopo pochi metri si fa meno esposto. Superando
un ripido prato erboso e un canalino roccioso, raggiungo la cima. Piccola ed
esposta. La massima elevazione è simboleggiata da due ometti poco distanti l’uno
dall’altro, uno sormontato da uno strano ramo. Tutto intorno è il paradiso. Scatto
foto a volontà, ma la sosta sarà breve. Ridiscendo con cautela l’esposto tratto
per ritrovare l’amico a quattro zampe. Ritornati indietro facciamo la sospirata
sosta sull’anticima, lauto pranzo per cagnetto, cambio maglietta indossando la mia
portafortuna nerazzurra. Sun un blocco schizzi disegno un rosa a forma di
lettera esse, dedicandola a Sara, la sfortunata escursionista che pochi giorni
prima ha perso la vita tra questi monti. Pongo questo piccolo pensiero dentro
il vaso in vetro, e volgo il mio sguardo all’infinita bellezza. Minuti, attimi,
emozioni indefinibili. Resto mezz’ora in compagnia dei sogni, e mi lascio
baciare dal sole, vivendo uno spettacolo unico. Ripreso lo zaino ci avviamo verso
il ritorno. Con calma scendiamo lungo i pendii erbosi, vivendo attimo dopo
attimo. Nei pressi della cava incrocio una giovane escursionista solitaria, un
breve saluto, e penso che “la vita continua”!
Il vostro “Forestiero Nomade”
Malfa.
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