Anello
Monte Pala d’Altei e Zuccul Supigna da dall’osservatorio astronomico, (località
Sovra la Plana).
Localizzazione:
Prealpi Pordenonesi
Avvicinamento:
Lestans-Maniago- Montereale Valcellina- località Grizzo- seguire indicazioni
per Monte Spia e Omonimo hotel- e continuare per la stretta strada forestale
fino all’osservatorio astronomico in località Sovra La Plana- quota 685 m.
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
Provincia
di: PN
.
Dislivello:
850 m.
Dislivello
complessivo: 1014 m.
Distanza percorsa in Km: 20
Quota minima partenza: m. 685 m.
Quota
massima raggiunta: 1528 m. Pala d’Altei
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 6 ore
In:
solitaria
Tipologia
Escursione: Paesaggistica-naturalistica
Difficoltà:
escursionistiche
Tipologia sentiero o
cammino: remoti sentieri restaurati-
Condizioni del sentiero:
ben marcati-segnaletica e cartellonistica eccezionale- complimenti alla sezione
CAI di appartenenza.
Ferrata-
Segnavia:
CAI 987-
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta: si, su
entrambe le cime
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: si,
sulla Pala d’Altei
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 012
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Consigliati:
Data: 26 giugno 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
La meta principale di quest’ultima escursione è lo Zuccul
Supigna, il bel colle di colore oro che precede le pendici boschive del monte
Pala D’Altei.
Ogni qualvolta che sono
transitato sul sentiero che conduce alla
Casera Rupeit ho sempre buttato l’occhio al colle, ripromettendomi, in un
futuro prossimo, di fare una capatina in vetta. Le promesse prima o poi vanno
mantenute ed eccomi a pagare il pegno. Dalla cittadina di Montereale Valcellina l’auto raggiungo l’osservatorio
astronomico, dove lascio il mezzo per procedere con gli scarponi e lo zaino. Dallo
spiazzo antistante all’osservatorio sbircio gli adiacenti cartelloni turistici
e i segnavia, rispetto ad alcuni anni fa è tutto cambiato e in meglio. Le
tabelle esplicative danno una eccellente introduzione all’ambiente circostante, inoltre, dal parcheggio,
dipartono una miriade di sentieri. Insomma, una autentica caccia al tesoro, emozioni
da scoprire per qualsiasi tipo di escursionista, dal classico percorso, a
quello più introverso ed enigmatico. Non mi resta che, mappa alla mano, di
mettere in moto il corpo e seguire l’istinto. Per averlo fatto più volte scelgo
a priori di non percorrere in ascesa il sentiero 987 CAI, bensì la pista
segnata con i bolli giallo-blu, seguendo
una cresta poco sotto la località “Sopra la Plana”. Cammino per il magnifico
percorso che spesso interseca una carrareccia, fino a raggiungere la casera
Pian della Corona, un remoto ricovero con evidenti murales. Da questa località
seguo la carrareccia, circumnavigando lo Zuccul Supigna. Aggiro in senso
antiorario il pendio, immettendomi su un
evidente traccia che ne risale il versante settentrionale. Visto che la pesta è
quasi a fil di cresta, abbandono la pista tracciata e cavalco il crinale,
seguendo, ove fossero presenti, le tracce degli animali selvatici. È un magnifico
ascendere lungo il ripidissimo prato dorato, che sembra voler ritardare l’annuncio
della vetta. Dal versante meridionale, quando
mi fermo per rifiatare, posso ammirare la meravigliosa pianura veneto-friulana
che si allunga sino al mare Adriatico. Di colpo mi appare la meravigliosa sorpresa,
mi fermo d’incanto, scorgendo la vetta che
è materializzata da una commovente e spartana croce. Il simbolo della cima è
costruito con pochi elementi: una sbarra in metallo e due rami secchi, e assemblato
con un filo spinato. Più che una croce pare un Ecce Omo, e come ho già scritto,
questa visione mi ha commosso, generando in me un dolce pensiero che è ho
dedicato ai miei fratelli sofferenti nei teatri bellici di tutto il pianeta. Non posso esimermi di esporre la bandiera
arcobaleno con la scritta pace, lo stesso proposito, sospinto da Eolo, mi ha suggerito
l’idea. Sento il vento sulla pelle e ho desiderio di pace, ascolto lo
sventolare della bandiera che è un grido di pace, contemplo il prato giallo-oro
e la volta azzurra e imploro la pace. La vetta dello Zuccul Supigna, per lungo
tempo frequentata dalle greggi, adesso è morbido tappeto dove potermi stendere per
chiudere gli occhi. La mia giornata escursionistica potrebbe definirsi chiusa,
visto che ho raggiunto un sogno, ma non sono ancora pago, e ho ancora voglia di
vagabondare. Per il proseguo do uno
sguardo alla mappa, decidendo di scendere dal ripido colle a settentrione, e
risalire, tramite dei sentieri assolati, fino alla Casera Rupeit. Raggiunta la
base del colle, scorgo un viandante, rallento il passo e faccio in modo che le
distanze tra noi aumentino, in modo che ognuno se ne stia nella sua beata solitudine.
L’ascesa del tratto è dolce, non avevo
mai percorso questo sentiero, e in breve mi trovo al cospetto della casera
Rupeit, dove scorgo il viandante girovagare fuori da essa. Prima di entrare all’interno
del riparo lascio lo zaino all’esterno. All’interno della casera firmo il
registro dei visitatori, esco da essa e attacco conversazione con chi mi ha
preceduto. Mi attende un’altra gradevole sorpresa. Il viandante è un autentico
spirito libero e padrone del suo tempo, egli decide quando lavorare e quando
divertirsi. È friulano, ma vive e opera in Spagna, organizzando grandi eventi
Rock. Ha un aspetto estetico che mi colpisce, i capelli e la barba lunga mi
rimandano a un certo John Lennon versione copertina dell’album Abbey Road. Della
sua terra natia ama la natura, quasi del tutto incontaminata, ma non la
mentalità di alcuni nativi, che trova
chiusi alle novità e troppo dediti al
lavoro, come se quest’ultimo fosse un dogma. Lo comprendo e sposo il suo
pensiero. Lo spirito libero, come me , predilige nella montagna le mete poco frequentate se non
addirittura ignote, e bandisce la stupida competizione, ritenendola un
complesso di inferiorità tipico della gente insoddisfatta.
Condivido in toto il
suo pensiero, mi coinvolge, pare che sia il mio gemello, sono davvero felice di
aver incontrato un individuo così raro e autenticamente libero. Pare banale a
scriversi, ma tra simili ci si riconosce, e tra spiriti liberi gli steccati culturali
non prosperano. Prima di congedarci, mappe alla mano, ci confrontiamo su alcune mete della zona: lui procederà nell’esplorare
altri nomi di alture non abituali, mentre io, che sono soddisfatto dell’operato
raggiunto, per desinare mi indirizzerò verso la vetta della Pala D’Altei.
Non ricordavo più la
salita alla Pala D’Altei, devo ammettere che con l’avanzare della senescenza i
ricordi svaniscono facilmente, meglio, così mi godo di nuovo tutto. Ascendo la vetta per la pista meridionale,
esposta al sole e frequentata dai conoscitori. In poco tempo raggiungo la
cresta del monte. Dopo aver superato degli insidiosi nevai avvisto l’abnorme
croce della cima, che ben figurerebbe in una cattedrale gotica. Scarsa neve in
cresta, solo pochi centimetri. Mi spingo sui sassi della vetta fisica, dove lascio
lo zaino, e di seguito mi sposto verso la croce per firmare il libro dei
visitatori. Ritengo che il paesaggio visto dalla cima sia a dir poco meraviglioso,
con lo sguardo spazio, contemplando dalle dolomiti friulane e quelle venete, dai
monti della Carnia a quelli giuliani; e per finire un ultimo sguardo al mare Adriatico,
dove in lontananza mi par di scorgere la portentosa Venezia.
Anche da questa meta
lascio sventolare i colori della pace, mentre per desinare mi accomodo sui
massi, dove ho lasciato lo zaino e ho ricavato un trono per sedermi e ammirare
le dolomiti poste a settentrione. Prima di lasciare la vetta mi diletto a
fotografare, nel frattempo sopraggiunge un’escursionista solitaria. Lascio il
campo libero, scendendo per dove sono salito. Raggiunta casera Rupeit, decido
di donare un libro per i futuri viandanti, ed issare sul pennone posto dinanzi
la baita la bandiera della pace, che sventolerà sospinta da una dolce brezza assieme
al tricolore e alla bandiera friulana.
Per il ritorno, ripercorro
a memoria il sentiero CAI 987, stavolta i rammenti sono molto vividi, e ricordo
anche la struttura di un cancello in metallo, che si apre su ciò che chiuso non
lo è più, davvero un passaggio surreale. Il resto del cammino che mi separa dall’auto
lo percorro con un placido passo per un sentiero agevole. Il sottoscritto scrive
le ultime frasi dell’escursione che volge alla fine, estasiato dalla splendida
avventura, e ben felice di aver conosciuto un meraviglioso colle e di aver incontrato
un autentico spirito libero.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
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