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mercoledì 11 maggio 2022

Anello Monte Pala d’Altei e Zuccul Supigna

Anello Monte Pala d’Altei e Zuccul Supigna da dall’osservatorio astronomico, (località Sovra la Plana).

 

Localizzazione:   Prealpi Pordenonesi

 

Avvicinamento: Lestans-Maniago- Montereale Valcellina- località Grizzo- seguire indicazioni per Monte Spia e Omonimo hotel- e continuare per la stretta strada forestale fino all’osservatorio astronomico in località Sovra La Plana- quota 685 m.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

Provincia di: PN

.

Dislivello: 850 m.

 

Dislivello complessivo: 1014 m.


Distanza percorsa in Km: 20


Quota minima partenza: m. 685 m.

 

Quota massima raggiunta: 1528 m. Pala d’Altei

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 6 ore

In: solitaria

 

Tipologia Escursione: Paesaggistica-naturalistica

 

Difficoltà: escursionistiche

 

Tipologia sentiero o cammino:  remoti sentieri restaurati-

 

Condizioni del sentiero: ben marcati-segnaletica e cartellonistica eccezionale- complimenti alla sezione CAI di appartenenza.

 

Ferrata-

 

Segnavia: CAI 987-

 

Fonti d’acqua: no

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: si, su entrambe le cime

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: si, sulla Pala d’Altei

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 012
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato:  

3)                

4)               Da evitare da farsi in:


Consigliati:

Data: 26 giugno 2021

Il “Forestiero Nomade”
Malfa


La meta principale  di quest’ultima escursione è lo Zuccul Supigna, il bel colle di colore oro che precede le pendici boschive del monte Pala D’Altei.

Ogni qualvolta che sono transitato  sul sentiero che conduce alla Casera Rupeit ho sempre buttato l’occhio al colle, ripromettendomi, in un futuro prossimo, di fare una capatina in vetta. Le promesse prima o poi vanno mantenute ed eccomi a pagare il pegno. Dalla cittadina di  Montereale Valcellina l’auto raggiungo l’osservatorio astronomico, dove lascio il mezzo per procedere con gli scarponi e lo zaino. Dallo spiazzo antistante all’osservatorio sbircio gli adiacenti cartelloni turistici e i segnavia, rispetto ad alcuni anni fa è tutto cambiato e in meglio. Le tabelle esplicative danno una eccellente introduzione all’ambiente  circostante, inoltre, dal parcheggio, dipartono una miriade di sentieri. Insomma, una autentica caccia al tesoro, emozioni da scoprire per qualsiasi tipo di escursionista, dal classico percorso, a quello più introverso ed enigmatico. Non mi resta che, mappa alla mano, di mettere in moto il corpo e seguire l’istinto. Per averlo fatto più volte scelgo a priori di non percorrere in ascesa il sentiero 987 CAI, bensì la pista segnata con i bolli giallo-blu,  seguendo una cresta poco sotto la località “Sopra la Plana”. Cammino per il magnifico percorso che spesso interseca una carrareccia, fino a raggiungere la casera Pian della Corona, un remoto ricovero con evidenti murales. Da questa località seguo la carrareccia, circumnavigando lo Zuccul Supigna. Aggiro in senso antiorario  il pendio, immettendomi su un evidente traccia che ne risale il versante settentrionale. Visto che la pesta è quasi a fil di cresta, abbandono la pista tracciata e cavalco il crinale, seguendo, ove fossero presenti, le tracce degli animali selvatici. È un magnifico ascendere lungo il ripidissimo prato dorato, che sembra voler ritardare l’annuncio  della vetta. Dal versante meridionale, quando mi fermo per rifiatare, posso ammirare la meravigliosa pianura veneto-friulana che si allunga sino al mare Adriatico. Di colpo mi appare la meravigliosa sorpresa, mi fermo d’incanto,  scorgendo la vetta che è materializzata da una commovente e spartana croce. Il simbolo della cima è costruito con pochi elementi: una sbarra in metallo e due rami secchi, e assemblato con un filo spinato. Più che una croce pare un Ecce Omo, e come ho già scritto, questa visione mi ha commosso, generando in me un dolce pensiero che è ho dedicato ai miei fratelli sofferenti nei teatri bellici di tutto il pianeta.  Non posso esimermi di esporre la bandiera arcobaleno con la scritta pace, lo stesso proposito, sospinto da Eolo, mi ha suggerito l’idea. Sento il vento sulla pelle e ho desiderio di pace, ascolto lo sventolare della bandiera che è un grido di pace, contemplo il prato giallo-oro e la volta azzurra e imploro la pace. La vetta dello Zuccul Supigna, per lungo tempo frequentata dalle greggi, adesso è morbido tappeto dove potermi stendere per chiudere gli occhi. La mia giornata escursionistica potrebbe definirsi chiusa, visto che ho raggiunto un sogno, ma non sono ancora pago, e ho ancora voglia di vagabondare.  Per il proseguo do uno sguardo alla mappa, decidendo di scendere dal ripido colle a settentrione, e risalire, tramite dei sentieri assolati, fino alla Casera Rupeit. Raggiunta la base del colle, scorgo un viandante, rallento il passo e faccio in modo che le distanze tra noi aumentino, in modo che ognuno se ne stia nella sua beata solitudine. L’ascesa del tratto  è dolce, non avevo mai percorso questo sentiero, e in breve mi trovo al cospetto della casera Rupeit, dove scorgo il viandante girovagare fuori da essa. Prima di entrare all’interno del riparo lascio lo zaino all’esterno. All’interno della casera firmo il registro dei visitatori, esco da essa e attacco conversazione con chi mi ha preceduto. Mi attende un’altra gradevole sorpresa. Il viandante è un autentico spirito libero e padrone del suo tempo, egli decide quando lavorare e quando divertirsi. È friulano, ma vive e opera in Spagna, organizzando grandi eventi Rock. Ha un aspetto estetico che mi colpisce, i capelli e la barba lunga mi rimandano a un certo John Lennon versione copertina dell’album Abbey Road. Della sua terra natia ama la natura, quasi del tutto incontaminata, ma non la mentalità di alcuni nativi,  che trova chiusi alle novità e  troppo dediti al lavoro, come se quest’ultimo fosse un dogma. Lo comprendo e sposo il suo pensiero. Lo spirito libero, come me , predilige  nella montagna le mete poco frequentate se non addirittura ignote, e bandisce la stupida competizione, ritenendola un complesso di inferiorità tipico della gente insoddisfatta.

Condivido in toto il suo pensiero, mi coinvolge, pare che sia il mio gemello, sono davvero felice di aver incontrato un individuo così raro e autenticamente libero. Pare banale a scriversi, ma tra simili ci si riconosce, e tra spiriti liberi gli steccati culturali non prosperano. Prima di congedarci, mappe alla mano,  ci confrontiamo su alcune mete  della zona: lui procederà nell’esplorare altri nomi di alture non abituali, mentre io, che sono soddisfatto dell’operato raggiunto, per desinare mi indirizzerò verso la vetta della Pala D’Altei.

Non ricordavo più la salita alla Pala D’Altei, devo ammettere che con l’avanzare della senescenza i ricordi svaniscono facilmente, meglio, così mi godo di nuovo tutto.  Ascendo la vetta per la pista meridionale, esposta al sole e frequentata dai conoscitori. In poco tempo raggiungo la cresta del monte. Dopo aver superato degli insidiosi nevai avvisto l’abnorme croce della cima, che ben figurerebbe in una cattedrale gotica. Scarsa neve in cresta, solo pochi centimetri. Mi spingo sui sassi della vetta fisica, dove lascio lo zaino, e di seguito mi sposto verso la croce per firmare il libro dei visitatori. Ritengo che il paesaggio visto dalla cima sia a dir poco meraviglioso, con lo sguardo spazio, contemplando dalle dolomiti friulane e quelle venete, dai monti della Carnia a quelli giuliani; e per finire un ultimo sguardo al mare Adriatico, dove in lontananza mi par di scorgere la portentosa Venezia.

Anche da questa meta lascio sventolare i colori della pace, mentre per desinare mi accomodo sui massi, dove ho lasciato lo zaino e ho ricavato un trono per sedermi e ammirare le dolomiti poste a settentrione. Prima di lasciare la vetta mi diletto a fotografare, nel frattempo sopraggiunge un’escursionista solitaria. Lascio il campo libero, scendendo per dove sono salito. Raggiunta casera Rupeit, decido di donare un libro per i futuri viandanti, ed issare sul pennone posto dinanzi la baita la bandiera della pace, che sventolerà sospinta da una dolce brezza assieme al tricolore e alla bandiera friulana.

Per il ritorno, ripercorro a memoria il sentiero CAI 987, stavolta i rammenti sono molto vividi, e ricordo anche la struttura di un cancello in metallo, che si apre su ciò che chiuso non lo è più, davvero un passaggio surreale. Il resto del cammino che mi separa dall’auto lo percorro con un placido passo per un sentiero agevole. Il sottoscritto scrive le ultime frasi dell’escursione che volge alla fine, estasiato dalla splendida avventura, e ben felice di aver conosciuto un meraviglioso colle e di aver incontrato un autentico spirito libero.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.

 

 






















































 

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