Anello
del Monte Giof da Pradis (Tramonti di Sopra).
Note
tecniche.
Localizzazione:
Dolomiti destra Tagliamento- Prealpi Carniche-
Avvicinamento:
Località di
Partenza: Borgo Pradis presso Tramonti di Sopra.
Dislivello: 564
m.
Dislivello complessivo: 850 m.
Distanza
percorsa in Km: 12 chilometri.
Quota minima
partenza: Pradis 403 m.
Quota
massima raggiunta: 964 m.
Tempi di
percorrenza escluse le soste: 5 ore
In: Solitaria.
Tipologia Escursione: Selvatica.
Difficoltà:
Segnavia:
CAI lungo la carrareccia, poi nessun
segno. Per la discesa bolli rossi, dal canale fino al ricongiungimento con la carrareccia
in basso.
Impegno
fisico: medio.
Preparazione
tecnica: media.
Attrezzature:
Nessuno.
Croce di
vetta: No.
Ometto di
vetta: no.
Libro di
vetta: Si, barattolino del viandante presso le radici del faggio di vetta
Timbro di
vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli-Venezia Giulia – Tabacco 028.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo
consigliato: Tutto l’anno.
Da evitare
da farsi con: Ghiaccio o terreno umido.
Condizioni
del sentiero: traccia di camoscio dopo la carrareccia.
Fonti d’acqua: Nessuna.
Consigliati:
Ramponi da erba.
Data: 12 aprile
2022
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa
La continua ricerca
dei sentieri perduti mi conduce per quest’ultima avventura alla valle a cui
sono più legato. Ogni talvolta, che transito per la Val Tramontina, percepisco
immediatamente lo spirito benevolo del mio maestro, Vittorio Pradolin, che non
smetterò mai di citare e lodare per il resto dell’esistenza. Percepisco l’amorevole presenza dell’amico, a volte mi pare di sentire le sue pacche sulla
spalla e i ricordi volano allo sguardo di eterno bimbo che emanavano i suoi occhi azzurri. Sovente
durante le escursioni anch’egli si smarriva nei sogni. Raggiungerò la sua
frazione, Tramonti di Sopra, la sede del Cai e il piccolo camposanto, che in
vita e oltre, lo videro protagonista. La località di partenza per l’escursione è
la piccola frazione di Pradis, lascerò l’auto nello spiazzo previsto alla sosta
e inizierò la nuova avventura. La meta
prevista è il Dosso Giof e l’omonimo monte. Ho studiato a tavolino un percorso
che conoscevo fino alla forcella di Pria. Dalla frazione di Pradis mi incammino
lungo la chilometrica strada forestale, che con una serie di tornanti risale i
versanti, settentrionale e orientale,
dei rispettivi monti Crepa e Col della Luna, elevazioni che ben conosco.
Ripercorro la stradina di servizio, cercando delle novità, benché del luogo ho
ancora dei vividi ricordi. A volte dai
tornanti riesco a buttare lo sguardo oltre le fronde, da dove posso ammirare il
profilo della meta. La primavera aiuta
la contemplazione, mi diletto a ispezionare gli stavoli disabitati, cercando in
essi, con un timido e decoroso indagare, tracce di un passato per vivere nel
mio immaginario esperienze non vissute. Con un passo lemme, tipico dell’alpino,
raggiungo la forcella di Pria da dove inizia la vera e propria avventura.
Dove finisce
la carrareccia inizia il sentiero selvatico, frequentato solo da cacciatori e animali.
Con prudenza mi inoltro nel fitto bosco che cinge la cresta, risalendo in breve
un primo colle anonimo. Ammiro la possenza di alcuni alberi, tra cui spiccano per
maestosità i castagni e i faggi.
Ridiscendo,
sempre per l’esile traccia il colle, per poi risalire, sul versante opposto il
Dosso Giof, che si rivela sin da subito molto articolato e in alcuni frangenti,
esile ed esposto.
Per evitare
eventuali complicazioni, decido di calzare i ramponi da erba a sei punte, per
poi riprendere il cammino con più sicurezza. A un tratto la cresta si fa più
ampia, proprio nella quota più alta dell’escursione, 964 metri, ma nessun segno
o ometto ne rivelano l’altezza. Continuo lungo il crinale, alla ricerca del Monte
Giof, posto molto a oriente. Stavolta il percorso diviene più impegnativo. Oltre
a superare una fitta vegetazione, devo spesso abbassarmi di quota, stando
attento a non cadere da alcuni salti tanto esposti. Effettivamente il percorso
si rivela più impegnativo di quanto avevo previsto. Un corposo ometto di sassi
mi inganna, qualcuno lo ha eretto senza un apparente motivo logico, infatti il
GPS, alias il mio Oracolo di Delfi, mi rende edotto che mi trovo ancora sul Dosso
Giof. Il tratto più impegnativo dell’escursione sì rivela la calata dentro un ripido catino per poi riconquistare la cresta e risalire
verso la vetta del Monte Giof.
Grazie all’ausilio
dei ramponi tutto scorre liscio, e una volta riconquistata la cresta, inizio la
breve ascesa verso la cima del Monte Giof, materializzata da un articolato,
nervoso e pittorico faggio. Fatta! L’ obiettivo è stato raggiunto. Purtroppo, per
via della folta vegetazione il panorama è molto limitato. Sono felice lo
stesso, le cime sconosciute spesso sono misteriose, e ognuna ha le sue peculiarità.
Sosto brevemente in vetta, e aborto l’idea
avuta a tavolino, di continuare per cresta. Constato, dall’assenza di tracce, che nemmeno i camosci si sono spinti oltre, e quindi
non oso. Rientro a ritroso fino alla massima quota del Dosso Giof, dove dedico
il tempo al desinare. Finalmente mollo la tensione. Zaino a terra, sono lievemente spossato, anzi, stanco,
sicuramente a causa della lotta con la vegetazione selvatica. Finalmente mi
godo la pace che emana il luogo. Poggio la schiena su un tronco d’albero
volgendo lo sguardo al vicino Colle della Luna e Monte Crepa.
Trascorro in
beatitudine una buona mezzoretta, allietato dall’ombra delle fronde, da una fresca
brezza e dal canto sublime degli uccelli. Attimi intensi e beati in cui non
invidio nessuno umano del nostro pianeta. Come tutte le cose, nel continuo
divenite, hanno un inizio e una fine, e lo stesso vale per la breve pausa,
quindi, riprendo il cammino a ritroso fino a dopo la forcella di Pria, dove tolgo
i ramponi da erba.
Mentre
svolgo quest’ultima operazione, dalla carrareccia scruto in basso, e mi pare di
scorgere nel bosco di faggi una pista. Ascolto una voce, è Artemide, che sussurrando mi consiglia di
osare. Una volta rimesso lo zaino in spalle, decido di ascoltare il consiglio
della dea, lasciando la carrareccia per l’ignoto e ripido pendio. Effettivamente,
cammino su un morbido tappeto di foglie secche, e qualcosa di magico mi guida
oltre il fitto muro creato dai giganteschi abeti bianchi.
Una luce che
filtra dalla selva attira la mia attenzione, e verso di essa mi spingo. Una
volta fuori dalla boscaglia sono al cospetto di un rio asciutto. Leggo la
mappa, effettivamente sono pressappoco sulle tracce di un vetusto sentiero. Lambisco
e visito un paio di stavoli, finché,
decido di scendere dentro il canale creato dal rio, sperando di trovare un
barlume di traccia. La fortuna spesso aiuta gli audaci, e io di arditezza non
difetto. Tra i massi del torrente asciutto scorgo qualcosa di vivace e luminoso,
mi pare di colore rosso, mi avvicino per constatare. L’oggetto delle mie attenzioni
è un bollo rosso tinto su un masso, e poco più sopra ne scorgo un secondo,
tinto stavolta su un ramo, è il chiaro indizio
di un sentiero che avvisto poco sopra l’argine. Wow! Ho trovato il remoto
sentiero, che senza nessuna interdizione, mi condurrà comodamente, e per ben 500
metri di dislivello, per il ripido pendio, perdendo vistosamente quota e
uscendo direttamente sulla stradina forestale percorsa in salita. Mi ritrovo poco
sopra la frazione di Pradis, pochi tornanti ancora e sono all’auto. Sono davvero
soddisfatto, direi che gongolo. Il mio istinto selvatico e la mia intuizione ancora
una volta si sono rivelati vincenti; essi sono i miei autentici guru , che spesso
mi guidano nel raggiungere mete insperate. Sono cosciente di aver percorso un
sentiero di cui ignoravo l’esistenza, rendendo più seducente la giornata escursionistica.
Con il consueto passo blando e sicuro, ma stavolta simile al cavaliere che ritorna
vincente dalle crociate, mi avvio all’auto, dove depongo lo zaino, per continuare
l’escursione, sempre con gli scarponi, all’interno
della frazione di Pradis.
Il borgo,
per quanto sia minuscolo, serba alcuni aspetti molto interessanti. Mi appare
come se fosse un minuscolo castello; vagherò dentro le mura. Nella Val
Tramontina molte sono le frazioni
racchiuse in mura perimetrali. Finita la
visita di cortesia dentro la frazione di Pradis, riprendo il cammino, stavolta
in auto, fino alla frazione di Tramonti di Sopra, dove lascio momentaneamente l’auto
nella piazza del paese per visitare il cimitero.
Porto un
piccolo sassolino raccolto sulla cima del Monte Giof a Vittorio, lo adagerò con
cura alla base della lapide. Mi commuove sempre questo gesto. Benché serbi rispetto
per il maestro, non riesco a dargli del lei, lo chiamo per nome, dando in
contemporanea un tocco con la mano sulla fredda lapide. Nei ricordi di lui
serbo ancora la sua voce, rivivendo gli
attimi dell’ultima visita sapendo
che stava male. Riprendo il viaggio in auto, e con calma ripercorro la stradina
che costeggia il lago di Redona. Tengo i vetri delle portiere abbassati, il
vento muove la mia chioma, che cresce costantemente come il mio amore per la montagna.
Il
Forestiero Nomade.
Malfa.
Nessun commento:
Posta un commento