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mercoledì 15 dicembre 2021

Ofelia e il Monte Spin da Fusea (Tolmezzo UD)

Ofelia e il Monte Spin da Fusea (Tolmezzo UD)

 

Note tecniche. 

 

Localizzazione: Alpi Carniche

 

Avvicinamento: Lestans- Pinzano-Cornino-Interneppo-Cavazzo Carnico-Tolmezzo-Valle del But- Caneva-Fusea- Ampio parcheggio presso la piazza del comune.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

Provincia di: UD

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Dislivello: 538 m.

 

Dislivello complessivo:538 m.


Distanza percorsa in Km: 13 Km.


Quota minima partenza: 700 m.

 

Quota massima raggiunta: 915 m.

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore

In: coppia

 

Tipologia Escursione: storico-paesaggistica.

 

Difficoltà: Turistico-escursionistiche

 

Tipologia sentiero o cammino: Carrarecce-stradine di campagna-sentieri segnati e no.

 

 

Ferrata-

 

Segnavia: CAI

 

Fonti d’acqua: si

 

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: basso

Attrezzature:

 

Croce di vetta: Si, ideata una minimalista sulla vetta principale

Ometto di vetta: no-

Libro di vetta: Barattolino per spiriti liberi.

Timbro di vetta:

Riferimenti:

1)               Cartografici: IGM Friuli – Tabacco
2) Bibliografici:
3) Internet: 

2)               Periodo consigliato: Tutto l’anno

3)                

4)               Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero:


Consigliati:

Data: venerdì 03 dicembre 2021

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

 

Non è sempre facile condividere con i propri simili le passioni e un affine pensiero. Spesso si scende a compromessi e qualcosa di noi rimane incompiuto, ma per fortuna questo modus operandi non si manifesta con Luca. Da anni lo seguo nel suo peregrinare per i monti, leggendo le relazioni e ammirandone le immagini, foto per foto, per carpirne lo spirito, e tutto questo mi ha rivelato un autentico spirito libero. Per questo non ho problemi di nessun genere nel comunicare all’amico prima di ogni uscita l’obiettivo interiore da raggiungere.

Il Monte Spin, uno dei soggetti di questa relazione, l’ho in mente da molto tempo, pochi forse lo conoscono (tranne i locali), distratti e rapiti nell’ammirare le grandi elevazioni, e lo stesso sicuramente ho fatto io in passato. Ma un giorno, passando per i prati di Marcilie, scorsi il piccolo rilievo, e pensai che un futuro l’avrei inserito con altre elevazioni per una nuova avventura. Il progetto è rimasto per tanto tempo incompiuto, finché è giunto il giorno di tirarlo fuori dall’oblio. L’idea è quella di fare un viaggio interiore attraversando i borghi e i remoti stavoli, alla ricerca della presenza umana di montagna. A Luca l’idea piace, stavolta ci diamo convegno a Tolmezzo, il bel capoluogo carnico, presso la piscina, classico luogo di incontro per escursionisti. Una volta raggiunto il luogo dell’appuntamento, si procede alla volta di Fusea con un solo automezzo. Entrambi conosciamo la località, davvero deliziosa, un’autentica cartolina. Giungiamo alla periferia del borgo, mentre un omino sbraita, sicuramente ha sorseggiato più di un grappino, e si infervorisce con qualsiasi cosa si muova, per evitare grane scegliamo di lasciare l’auto al centro del paese, proprio davanti al monumento dedicato ai caduti.

Una volta pronti, mappa alla mano, procediamo per la nostra meta, inseguendo nei vicoli le nostre idee. Riconosciamo i primi stavoli (casolari), le classiche abitazioni di montagna carniche, e intanto lo spirito si inebria di gioia. Luca incontra casualmente una sua amica, me ne aveva appena parlato ed è apparsa, per come avviene l’azione sa di magia. l’escursione inizia bene, siamo predisposti per ulteriori sorprese. Lasciamo la frazione di Fusea, dirigendoci a nord, tramite una stradina solo recentemente asfaltata che la mappa segna ancora come mulattiera. Raggiunto il borgo di Cazzaso ci aggiriamo per i vicoli, scoprendo autentici angoli poetici. Proprio poco prima di lasciare l’ultima abitazione periferica del borgo, due cani dallo sguardo intenso come quello di un lupo si avvicinano a noi, rapiti dal nostro stesso spirito, come se entrambi, in una vita passata, avessimo percorso assieme i medesimi luoghi di montagna descritti da Jack London. Non nascondo che ho avuto un fremito quando ho incrociato lo sguardo di Buck, si, il leggendario cane (descritto dall’autore appena citato), che ha tanto positivamente influito nella mia infanzia. Lasciamo a malincuore i nostri amici a quattro zampe, siamo appena all’inizio del breve viaggio e le felici circostanze ci hanno rapito. Continuiamo per lo stesso percorso, a nord, sino a una masseria, stavolta ci aspettano tutti gli animali che di solito si rivelano in una classica fattoria, ma quelli che ci accolgono festosamente sono i due cagnoni: uno totalmente bianco, l’altro un Bovaro del Bernese, cucciola, di appena nove mesi. Una voce femminile, la fattora, la chiama dalle feritoie della stalla, ma lei, la cagnona (abbiamo udito che si chiama Ofelia), non ubbidisce alla donna, anzi, si aggrega a noi come terzo incomodo. Luca e io continuiamo il nostro cammino, mentre lei ci segue, timidamente, come se avesse paura di essere rifiutata, ignorando la stessa che noi iniziamo a intenerirci.

Poco prima di raggiungere Cazzaso Nuovo (tramite la stradella), all’interno di una recinzione incontriamo due simpatici somarelli, che battezziamo Lucignolo e Pinocchio. Ofelia li provoca giocosamente con un simpatico latrare, e i ciuchi, indispettiti, vorrebbero scacciarla, ma la disputa finisce bene, perché noi bipedi proseguiamo, mentre Ofelia allegramente ci segue.

A Cazzaso nuovo, Ofelia vorrebbe invertire la rotta, sicuramente è abituata a queste temporanee fughe, noi andiamo nella direzione opposta, a nord. Ofelia, dopo una breve titubanza si associa in modo definitivo. Chiedo a Luca come mai non accarezzi la cagnona, mi risponde per non farla affezionare, in realtà e lui che si sta legando, me né darà prova poco dopo, quando Ofelia sparisce per alcuni minuti dalla nostra visuale, creando a Luca dei sorprendenti timori. Ofelia gravita tra noi, è dolce e giocosa e mostra uno sguardo da ruffiana.

Dopo aver raggiunto gli stavoli di Novadis, iniziamo la risalita del ripido pendio che porta alla cresta del monte Spin. Nel primo tratto troviamo come guida dei bolli blu tinti sulle cortecce, poi persi quest’ultimi e anche le residue tracce, miriamo alla cresta che raggiungiamo con un po' di fatica per via della verticalità e del terreno fangoso.

Ci illudiamo per un attimo che siamo in vetta, in realtà stiamo percorrendo un affilato e sinuoso crinale. Veniamo ingannati più volte sulla costatazione della vetta, mentre Ofelia si diverte, noi ispezioniamo numerose elevazioni, l’una ante-cima dell’altra. La prima elevazione raggiunta ha la visuale più ampia, ma non ha nessun ometto, la seconda è dominata da una bandiera con il simbolo del Friuli e di colore rosso, apprendo che è la bandiera di guerra friulana. Sulla terza elevazione, quota 905 metri, troviamo un prisma in cemento, è la cima goniometrica, mentre sull’ultima elevazione (la massima quota) riveliamo l’invadente presenza dei faggi che delimita al massimo la visuale del paesaggio, ma è la quota più alta, quindi ereggiamo in suo onore e con l’ausilio morale di Ofelia, una di rami, lasciando il segno del nostro passaggio. Sul sito fa freddo, la copertura della vegetazione non fa filtrare i caldi raggi solari, quindi decidiamo, di comune accordo, e con a seguito la nostra amica, di migrare sulla quota dove sventola la bandiera e il sole batte gagliardamente. Giocosamente, assieme alla nostra Ofelia, torniamo indietro. La bella cagnona è strafelice, pranza con noi, gustando il cibo e rimanendo a una debita distanza. Sembriamo un trio che si frequenta da tempo, l’armonia tra noi e l’ambiente montano regna sovrana. La sosta è gratificante, dal pulpito panoramico possiamo ammirare il monte Amariana (la regina di Tolmezzo), e il Sernio, il re dei monti Friulani, ben visibile da qualsiasi luogo della regione.

Riprendiamo il cammino, stavolta per il facile sentiero di cresta che ci conduce direttamente ai piani innevati di Marcilie. Ofelia non ci molla, chiunque incontriamo lungo il percorso la riconosce. La birbantella, come immaginavamo, non è nuova a queste imprese, la riporteremo alla fattoria dove l’abbiamo trovata. Una volta raggiunta la masseria non troviamo gli umani, ma solo gli animali, l’intera varietà di specie che può includere una fattoria: la scrofa si fa solo udire, i micetti tigrati si accodano a noi facendo le fusa, le vacche sostano nella stalla, mentre le capre paiono sorprese della nostra presenza. Stavolta fingiamo di respingere Ofelia, affinché non ci segua. Dallo sguardo la bella cagnona rimane basita della nostra condotta, si sente rifiutata, ma non demorde. Ci segue ancora stavolta accompagnata da tre micetti tigrati. Luca e io siamo come Peter Pan, guideremo trionfanti l’intera fattoria sino a Fusea.  Lungo il tragitto quasi tutti gli animali domestici desistono nel seguirci, tranne naturalmente Ofelia, che fattosi ancora più coraggio, addirittura ci affianca e supera. Ci siamo rassegnati, la cucciolona ha vinto e realizzato i suoi propositi, quindi, raggiungiamo la bella località di partenza fino alla piazza, dove abbiamo lasciato l’auto. Ofelia sparisce, solo per un’istante, poi riappare. La postina del paese, gentilmente disposta al dialogo ignora la provenienza di Ofelia, non può esserci utile. Ci approntiamo alla partenza prima di congedarci dall’amica. Mentre sto per mettere in moto l’auto Ofelia si avvicina, ci annusa e stavolta ci lascia definitivamente, svanendo in uno dei vicoli del borgo. Confesso, che quell’istante per noi è stato straziante, la separazione, anche se prevista ha lasciato un dolore, che difficilmente provi per i simili. Chissà, forse anche Ofelia ha provato qualcosa nel momento del distacco. È stato un bel vagare per monti assieme all’unico amico dell’uomo, il cane. Abbiamo vissuto una bella favola” il gatto, la volpe e Ofelia”, e nel ricordare e scrivere riprovo le stesse emozioni.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.

 





































































































 

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