Ofelia
e il Monte Spin da Fusea (Tolmezzo UD)
Note
tecniche.
Localizzazione: Alpi Carniche
Avvicinamento: Lestans-
Pinzano-Cornino-Interneppo-Cavazzo Carnico-Tolmezzo-Valle del But-
Caneva-Fusea- Ampio parcheggio presso la piazza del comune.
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
Provincia
di: UD
.
Dislivello:
538 m.
Dislivello
complessivo:538 m.
Distanza percorsa in Km: 13 Km.
Quota minima partenza: 700 m.
Quota
massima raggiunta: 915 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 4 ore
In:
coppia
Tipologia
Escursione: storico-paesaggistica.
Difficoltà:
Turistico-escursionistiche
Tipologia sentiero o
cammino: Carrarecce-stradine di campagna-sentieri segnati e no.
Ferrata-
Segnavia:
CAI
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: basso
Attrezzature:
Croce di vetta: Si,
ideata una minimalista sulla vetta principale
Ometto di vetta: no-
Libro di vetta: Barattolino
per spiriti liberi.
Timbro di vetta:
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: Tutto l’anno
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: venerdì 03
dicembre 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Non è sempre facile
condividere con i propri simili le passioni e un affine pensiero. Spesso si
scende a compromessi e qualcosa di noi rimane incompiuto, ma per fortuna questo
modus operandi non si manifesta con Luca. Da anni lo seguo nel suo peregrinare
per i monti, leggendo le relazioni e ammirandone le immagini, foto per foto,
per carpirne lo spirito, e tutto questo mi ha rivelato un autentico spirito
libero. Per questo non ho problemi di nessun genere nel comunicare all’amico prima
di ogni uscita l’obiettivo interiore da raggiungere.
Il Monte Spin, uno dei
soggetti di questa relazione, l’ho in mente da molto tempo, pochi forse lo conoscono
(tranne i locali), distratti e rapiti nell’ammirare le grandi elevazioni, e lo
stesso sicuramente ho fatto io in passato. Ma un giorno, passando per i prati
di Marcilie, scorsi il piccolo rilievo, e pensai che un futuro l’avrei inserito
con altre elevazioni per una nuova avventura. Il progetto è rimasto per tanto
tempo incompiuto, finché è giunto il giorno di tirarlo fuori dall’oblio. L’idea
è quella di fare un viaggio interiore attraversando i borghi e i remoti
stavoli, alla ricerca della presenza umana di montagna. A Luca l’idea piace,
stavolta ci diamo convegno a Tolmezzo, il bel capoluogo carnico, presso la
piscina, classico luogo di incontro per escursionisti. Una volta raggiunto il
luogo dell’appuntamento, si procede alla volta di Fusea con un solo automezzo. Entrambi
conosciamo la località, davvero deliziosa, un’autentica cartolina. Giungiamo
alla periferia del borgo, mentre un omino sbraita, sicuramente ha sorseggiato più
di un grappino, e si infervorisce con qualsiasi cosa si muova, per evitare
grane scegliamo di lasciare l’auto al centro del paese, proprio davanti al
monumento dedicato ai caduti.
Una volta pronti,
mappa alla mano, procediamo per la nostra meta, inseguendo nei vicoli le nostre
idee. Riconosciamo i primi stavoli (casolari), le classiche abitazioni di
montagna carniche, e intanto lo spirito si inebria di gioia. Luca incontra
casualmente una sua amica, me ne aveva appena parlato ed è apparsa, per come
avviene l’azione sa di magia. l’escursione inizia bene, siamo predisposti per ulteriori
sorprese. Lasciamo la frazione di Fusea, dirigendoci a nord, tramite una
stradina solo recentemente asfaltata che la mappa segna ancora come mulattiera.
Raggiunto il borgo di Cazzaso ci aggiriamo per i vicoli, scoprendo autentici angoli
poetici. Proprio poco prima di lasciare l’ultima abitazione periferica del
borgo, due cani dallo sguardo intenso come quello di un lupo si avvicinano a
noi, rapiti dal nostro stesso spirito, come se entrambi, in una vita passata,
avessimo percorso assieme i medesimi luoghi di montagna descritti da Jack
London. Non nascondo che ho avuto un fremito quando ho incrociato lo sguardo di
Buck, si, il leggendario cane (descritto dall’autore appena citato), che ha tanto
positivamente influito nella mia infanzia. Lasciamo a malincuore i nostri amici
a quattro zampe, siamo appena all’inizio del breve viaggio e le felici circostanze
ci hanno rapito. Continuiamo per lo stesso percorso, a nord, sino a una masseria,
stavolta ci aspettano tutti gli animali che di solito si rivelano in una classica
fattoria, ma quelli che ci accolgono festosamente sono i due cagnoni: uno totalmente
bianco, l’altro un Bovaro del Bernese, cucciola, di appena nove mesi. Una voce
femminile, la fattora, la chiama dalle feritoie della stalla, ma lei, la
cagnona (abbiamo udito che si chiama Ofelia), non ubbidisce alla donna, anzi,
si aggrega a noi come terzo incomodo. Luca e io continuiamo il nostro cammino, mentre
lei ci segue, timidamente, come se avesse paura di essere rifiutata, ignorando
la stessa che noi iniziamo a intenerirci.
Poco prima di
raggiungere Cazzaso Nuovo (tramite la stradella), all’interno di una recinzione
incontriamo due simpatici somarelli, che battezziamo Lucignolo e Pinocchio.
Ofelia li provoca giocosamente con un simpatico latrare, e i ciuchi,
indispettiti, vorrebbero scacciarla, ma la disputa finisce bene, perché noi
bipedi proseguiamo, mentre Ofelia allegramente ci segue.
A Cazzaso nuovo,
Ofelia vorrebbe invertire la rotta, sicuramente è abituata a queste temporanee
fughe, noi andiamo nella direzione opposta, a nord. Ofelia, dopo una breve titubanza
si associa in modo definitivo. Chiedo a Luca come mai non accarezzi la cagnona,
mi risponde per non farla affezionare, in realtà e lui che si sta legando, me né
darà prova poco dopo, quando Ofelia sparisce per alcuni minuti dalla nostra
visuale, creando a Luca dei sorprendenti timori. Ofelia gravita tra noi, è dolce
e giocosa e mostra uno sguardo da ruffiana.
Dopo aver raggiunto
gli stavoli di Novadis, iniziamo la risalita del ripido pendio che porta alla
cresta del monte Spin. Nel primo tratto troviamo come guida dei bolli blu tinti
sulle cortecce, poi persi quest’ultimi e anche le residue tracce, miriamo alla
cresta che raggiungiamo con un po' di fatica per via della verticalità e del
terreno fangoso.
Ci illudiamo per un
attimo che siamo in vetta, in realtà stiamo percorrendo un affilato e sinuoso
crinale. Veniamo ingannati più volte sulla costatazione della vetta, mentre Ofelia
si diverte, noi ispezioniamo numerose elevazioni, l’una ante-cima dell’altra. La
prima elevazione raggiunta ha la visuale più ampia, ma non ha nessun ometto, la
seconda è dominata da una bandiera con il simbolo del Friuli e di colore rosso,
apprendo che è la bandiera di guerra friulana. Sulla terza elevazione, quota
905 metri, troviamo un prisma in cemento, è la cima goniometrica, mentre
sull’ultima elevazione (la massima quota) riveliamo l’invadente presenza dei faggi
che delimita al massimo la visuale del paesaggio, ma è la quota più alta,
quindi ereggiamo in suo onore e con l’ausilio morale di Ofelia, una di rami,
lasciando il segno del nostro passaggio. Sul sito fa freddo, la copertura della
vegetazione non fa filtrare i caldi raggi solari, quindi decidiamo, di comune
accordo, e con a seguito la nostra amica, di migrare sulla quota dove sventola
la bandiera e il sole batte gagliardamente. Giocosamente, assieme alla nostra
Ofelia, torniamo indietro. La bella cagnona è strafelice, pranza con noi, gustando
il cibo e rimanendo a una debita distanza. Sembriamo un trio che si frequenta
da tempo, l’armonia tra noi e l’ambiente montano regna sovrana. La sosta è
gratificante, dal pulpito panoramico possiamo ammirare il monte Amariana (la
regina di Tolmezzo), e il Sernio, il re dei monti Friulani, ben visibile da
qualsiasi luogo della regione.
Riprendiamo il cammino,
stavolta per il facile sentiero di cresta che ci conduce direttamente ai piani
innevati di Marcilie. Ofelia non ci molla, chiunque incontriamo lungo il
percorso la riconosce. La birbantella, come immaginavamo, non è nuova a queste
imprese, la riporteremo alla fattoria dove l’abbiamo trovata. Una volta
raggiunta la masseria non troviamo gli umani, ma solo gli animali, l’intera varietà
di specie che può includere una fattoria: la scrofa si fa solo udire, i micetti
tigrati si accodano a noi facendo le fusa, le vacche sostano nella stalla,
mentre le capre paiono sorprese della nostra presenza. Stavolta fingiamo di
respingere Ofelia, affinché non ci segua. Dallo sguardo la bella cagnona rimane
basita della nostra condotta, si sente rifiutata, ma non demorde. Ci segue
ancora stavolta accompagnata da tre micetti tigrati. Luca e io siamo come Peter
Pan, guideremo trionfanti l’intera fattoria sino a Fusea. Lungo il tragitto quasi tutti gli animali domestici
desistono nel seguirci, tranne naturalmente Ofelia, che fattosi ancora più coraggio,
addirittura ci affianca e supera. Ci siamo rassegnati, la cucciolona ha vinto e
realizzato i suoi propositi, quindi, raggiungiamo la bella località di partenza
fino alla piazza, dove abbiamo lasciato l’auto. Ofelia sparisce, solo per un’istante,
poi riappare. La postina del paese, gentilmente disposta al dialogo ignora la
provenienza di Ofelia, non può esserci utile. Ci approntiamo alla partenza
prima di congedarci dall’amica. Mentre sto per mettere in moto l’auto Ofelia si
avvicina, ci annusa e stavolta ci lascia definitivamente, svanendo in uno dei
vicoli del borgo. Confesso, che quell’istante per noi è stato straziante, la
separazione, anche se prevista ha lasciato un dolore, che difficilmente provi
per i simili. Chissà, forse anche Ofelia ha provato qualcosa nel momento del
distacco. È stato un bel vagare per monti assieme all’unico amico dell’uomo, il
cane. Abbiamo vissuto una bella favola” il gatto, la volpe e Ofelia”, e nel
ricordare e scrivere riprovo le stesse emozioni.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
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