Monte
Zouf di Muez da Moggio Udinese
Note
tecniche.
Localizzazione:
Alpi Carniche-Gruppo -Sernio-Grauzaria
Avvicinamento:
Lestans- Pinzano-Gemona-Statale Pontebbana-Moggio Udinese- proseguire
all’interno della cittadina in direzione della Val Aupa. Lasciare l’automezzo
in periferia, poco prima il tornante che precede il ponte ferroviario
(posteggio con indicazioni)
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
Provincia
di: UD
.
Dislivello:
500 m.
Dislivello
complessivo: 500 m.
Distanza percorsa in Km: 9
Quota minima partenza: 340 m.
Quota
massima raggiunta: 832 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 4 ore a passo contemplativo.
In:
solitaria
Tipologia
Escursione: paesaggio naturalistica
Difficoltà:
Escursionistica
Tipologia sentiero o
cammino: Carrareccia sentiero
Ferrata-
Segnavia:
CAI -solo bolli (blu e rossi) e cartelli per amanti di Mountain Bike
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: medio per via della neve
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
ho adoperato i ramponi per via del ghiaccio e della neve
Croce di vetta: si (monumenti
a un ufficiale alpino)
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: Istallato
barattolino di vetta per viandante
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 018
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: 29 novembre 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Stupenda escursione in
uno dei luoghi più pittoreschi della montagna friulana. Approfittando della
prima nevicata stagionale fremo per pestare la soffice neve, e puntualmente il primo
luogo che mi viene in mente è Moggio Udinese e le sue magnifiche montagne.
Adoro questa località da sempre, ancora prima che scoprirsi la montagna, e amo
ancora di più la sua gente. I moggesi, li ho sempre trovati ospitali e
propositivi, come se serbassero un segreto nello spirito che seduce il
viandante. Come itinerario ho scelto lo Zouf di Muez (nome preso dalla mappa
Tabacco) ideando un itinerario che dopo una breve ricerca sul Web ho trovato e
confermato. L’unica variante sarà che percorrerò l’intero anello il giorno dopo
la nevicata, quindi, le incognite del caso ci sono tutte.
Il giorno dell’escursione
giungo nelle prime ore del mattino nella valle scavata dal torrente Fella,
quando di solito gli studenti si avviano a scuola. Lungo il tragitto in auto mi
ero fermato poco prima dello svincolo per Moggio, ad ammirare la magnifica
catena montuosa che la circonda. Ricordo ancora vivamente quando per la prima
volta vidi questo magico scenario e già sognavo di conoscerne l’anima. Nel
corso degli anni la Grande Signora mi ha donato di più, mi ha permesso anche di
coltivare delle belle amicizie. Dalla piazzola dove mi ero fermato ho scrutato alle
pendici del Pisimoni la vetta che ambisco a visitare, tutta ricoperta di bianco,
tale da fondersi con il paesaggio. Valuterò sul posto se continuare l’escursione
o declinare, malgrado mi sia attrezzato per qualsiasi evenienza.
Transito nella bella
cittadina di Moggio, mi avvio verso la periferia seguendo le indicazioni per la
Val Aupa, finché un cartello azzurro con una bella “P” in bianco, mi consiglia
di sostare l’automezzo e continuare con lo zaino. Mi attrezzo, indosso le
ghette, giaccone tecnico, foulard alla Malfa, e via con uno zaino colmo di
sogni. Dalla periferia di Moggio seguo una stradella che scende di quota e
tramite un ponticello oltrepasso sull’altra sponda del torrente Aupa.
Continuando per la carrareccia risalgo di quota trovandomi in una bella
posizione panoramica, da dove posso ammirare i tetti di Moggio ricoperti di
neve fresca. Dopo la bella visione sulla cittadina riprendo il passo, mentre
una meravigliosa fanciulla con un cane al seguito appare e procede in direzione
opposta. Il cane, chiamato da ella Lassie: mi si avvicina, mi annusa e
scodinzola, ha riconosciuto nel viandante il vecchio lupo grigio. Lei, la dolce
donzella, si rassicura e sorride. Rimango incantato dalle magnifiche sembianze
della giovinetta: occhi color verde smeraldo, capelli castano chiaro, alta e un’andatura
fluttuante. Vorrei chiederle di essere immortalata, ma stranamente sono timido,
essa sfugge, e a me rimane il rimpianto del gesto non fatto. Guardo avanti, e sul
manto nevoso stranamente non scorgo tracce umane e nemmeno del cane, ma solo di
capriolo. Di scatto mi volto indietro, la fanciulla è scomparsa e ho intuito
che non era una presenza umana ma divina, ella era la dea Artemide in deliziose
spoglie; l’ho intuito perché spesso si accompagna a un cane, ma lascia le orme
di capriolo.
Riprendo il cammino,
la carrareccia con dolce pendenza si inoltra nel bosco latteo di neve
immacolata, e seguo le orme della dea. Non mi aspettavo di trovare un comodo
sentiero, man mano che guadagno quota ammiro alcune delle meravigliose signore
della Val Aupa: le Crete da la Mont, il Monticello, e poco dopo appare la
regina delle montagne friulane, meravigliosa e tinta di un bianco luminoso come
se fosse una sposa. Si, è proprio lei, la regale Creta Grauzaria. Mi fermo
incantato ad ammirarla, tra le fronde innevate, e dopo, dalla balaustra che cinge
in un punto esposto la carrareccia. Una visione fantastica, che basta da sola per
giustificare la levataccia. Proseguo per il comodo cammino che ascende a
nord-est verso la forcellina posta tra il crinale discendente dal Monte
Masereit e la continuazione che sale al monte Zouf di Muez. Non mi aspettavo che l’ascesa fosse così rigenerante,
l’antica via di comunicazione portava la gente di Moggio all’interno della Val
Alba. Raggiunta la forcelletta, inverto direzione di marcia, stavolta da nord a
sud, percorrendo per tempo un tratto di carrozzabile. La nevicata del giorno
precedente ha ben ricoperto la vegetazione, ma il sentiero è ancora intuibile
grazie alle fronde delle conifere che hanno fatto da ombrello. Percorro la
meravigliosa cresta molto esposta a oriente, il sentiero è marcato e delizioso.
Per sicurezza: indosso le ghette e calzo i ramponi a 12 punte, forse ho
esagerato, ma ora procedo con tutta la tranquillità necessaria per potermi
distrarre ad ammirare l’ambiente. Il manto nevoso non è mai duro grazie alla temperatura
leggermente sopra lo zero, e lo stesso spessore nel primo strato del crinale
non supera i venti centimetri. A volte la cresta si dirama, altre è molto
affilata, ma il sentiero mantiene il suo fascino. Una serie di tornantini mi
aiutano a raggiungere la cresta più in alto con comodità, in modo da evitare
una traccia ripida. Altre diramazioni sono presenti lungo il cammino, ma quello
che segna la cresta è il più evidente. Spesso mi fermo a fotografare gli
ammassi di neve condensati sui rami delle conifere o il cielo che è di un blu
cobalto, mentre l’imponente figura del monte Pisimoni domina la scena con le sue
temibili e strapiombanti pareti meridionali.
Penso agli anni
passati, quando ascendevo le grandi cime come il Pisimoni, ignorando le piccole
elevazione come questa che oggi sto percorrendo. La maturità ti fa scoprire
valori diversi. Serbo un bellissimo e vivido ricordo della maestosa montagna
che adesso domina la visuale. La cresta è lunga e raggiunta la quota più alta procedo
di un centinaio di metri finché la stessa si apre in un prato dove al centro
spicca un’originale croce che sovrasta un masso. La neve copre alcuni
particolari della costruzione, osservando meglio scoprirò che l’opera è stata
dedicata all’ufficiale degli alpini Oscar Umberto Clemente, morto tragicamente sulla
cima che sto precorrendo nel 1959. Dal prato coperto di neve scorgo in lontananza
la bella figura a forma di conoide dell’Amariana, la vetta totalmente
imbiancata di neve la rende simile al vulcano giapponese Fuji. L’oceano bianco
è sovrastato dall’azzurro, e il mio cuore si irradia di poesia e felicità. Sono
davvero appagato di aver percorso in solitudine questo bel sentiero, mi ha donato
tana energia positiva e fatto amare ancora di più la vita. Dopo una breve pausa
proseguo per il rientro, scendendo per una ripida pesta a sud, ma vista
l’esposizione al sole è meno coperta di neve, quindi, anche meno insidiosa. La
lunga discesa mi porta a seguire una pista di amanti di mountain bike, che mi conduce
sull’argine del torrente Aupa. Presso una cappella votiva mi fermo, ho davanti la
struttura di un ponte in costruzione, per fortuna, benché non sia ultimato, lo
si può attraversare a piedi.
Tolgo i ramponi, e
supero il cavalcavia, entrando nella periferia orientale di Moggio. Preferisco
percorrere la stradina interna, lambendo per prima la casa di un pittore, a cui
è stata apposta anche una targa sovrastata da un murale. Di seguito raggiungo
una via (con lapide commemorativa) intitolata all’eroico maresciallo dei
carabinieri Luigi Di Bernardo, morto tragicamente durante l’adempimento del suo
dovere. Maresciallo e pittore, grado e aggettivo che mi suonano familiari, scorgendo
tutti simbolismi possibili con la mia sensibilità.
Giungo presso un ampio
prato periferico, mi spingo al centro di esso, trovando il punto sosta ove desinare
sopra un emergente pozzetto di cemento. Dopo aver estratto il sacco viveri dallo
zaino lo adopero come cuscino, e volgo le spalle a occidente ammirando a
oriente la cresta del monte Zouf di Muez da dove sono disceso. Il sole che
tramonta scalda, consumo il panino mentre laggiù, nel prato, un’anziana signora
con un girello ortopedico fa su e giù lungo la stradina posta ai margini del
campo stesso. Forse la vecchina ha problemi nel deambulare, e questo mi fa
apprezzare ciò che ho: due buone gambe e tanta libertà di movimento. Finita la
pausa raggiungo l’auto, felicissimo e soddisfatto della prima uscita in chiave
invernale. Con un chiaro messaggio, per essere liberi ci vogliono: un paio di
scarponi, uno zaino, e un cuore grande quanto la montagna. Camminare è libertà!
Il Forestiero Nomade.
Malfa
Nessun commento:
Posta un commento