Stavoli e le Moggesse da Moggio Alta
Localizzazione: Alpi Carniche- Alpi
Tolmezzine-Gruppo Sernio Grauzaria- Dorsale della Grauzaria.
Avvicinamento: Lestans-Pinzano- Gemona-
Starale Pontebbana. Uscita Moggio UDINESE- Moggio Udinese Alta.
Regione: Friuli-Venezia Giulia.
Dislivello:
punto e quota di partenza 856 m.
Dislivello complessivo: 856 m.
Distanza percorsa in Km: 20
Quota minima partenza: 390 m.
Quota
massima raggiunta: 666 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 6 ore
In:
coppia
Tipologia
Escursione: storico-escursionistica
Difficoltà:
Escursionistica
Ferrata- valutazione
difficoltà:
Segnavia:
Sentiero e mulattiera-sentiero CAI 417; 418;
Fonti
d’acqua: si
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: bassa
Attrezzature:
no
Croce di vetta:
Ometto di vetta:
Libro di vetta:
Timbro di vetta:
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli –Tabacco 018
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero:
Consigliati:
Data: martedì 14
dicembre 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Da bimbo, alle scuole elementari,
nella sala cinema della scuola, proiettarono il noto film Zanna Bianca, tratto
dall’omonimo romanzo di Jack London. Rimasi entusiasta dell’esperienza,
scoprendo un mondo nuovo, dove le montagne e i lupi erano gli attori
principali, più degli uomini che apparivano come delle semplici comparse. Con
lo stesso spirito di un novello Jack London, mi avventuro da tempo nelle montagne,
rimanendo stupito che in un’età matura si possano realizzare i sogni di un
bimbo, e puntualmente costato che si realizzano.
Il Zanna Bianca di
questa avventura è Yuma, la bella cagnetta o cagnetto (non ne ho individuato il
sesso) che mi attende alla periferia di Campiolo per guidarmi in questa
meravigliosa avventura.
Di mattino ho lasciato
l’auto nella Moggio Alta, convinto che dopo aver percorso un sentiero in senso
orario, da Stavoli alle due Moggesse, sarei sopraggiunto nella stessa località
di partenza. Dall’abitato di Moggio Alta,
scendo di quota fino a raggiugere in basso la zona industriale dove ben
spiccano le ciminiere della Cartiera. Proprio alle spalle dell’industria corre
una stradina che conduce al bel borgo di Campiolo, dove ha termine il mio
tratto asfaltato, e inizia il sentiero 417. Proprio alla periferia, come ho
scritto in precedenza, mi aspetta un lupacchiotto dagli occhi di un color
celeste chiarissimo, simile al ghiaccio. Yuma mi accoglie festosamente,
scodinzola, saltella, e mi indica la traccia da seguire. Sono felice, da tempo non
vado più in montagna con Magritte per via dei suoi sopraggiunti limiti d’età, e
ne avverto intensamente mancanza. Recentemente negli esseri umani che hanno
sostituito la sua compagnia in montagna non ho mai riscontrato la stessa
fedeltà e profondità, anzi, spesso, ogni nuova esperienza mi ha portato a
provare cocenti delusioni, tale a spingermi a viaggiare in solitaria. Anche
oggi confermo che il miglior amico dell’uomo è il cane. Con Yuma (nome appreso
da un’amica che abita a Moggio) ho fatto un meraviglioso viaggio che descriverò
brevemente. Il sentiero 417 si inoltra nella valle solcata dal torrente Glagno,
che scorre tra le pendici occidentali del monte Palis e le orientali del monte
Forcella. Il ghiaccio presente lungo l’affascinate mulattiera che lambisce il
torrente, mi consiglia di calzare i ramponi, operazione che eseguo subito dopo essere
passato sotto una galleria ferroviaria. Yuma spesso mi precede, e se mi fermo
torna indietro, forse per incitarmi, come se avesse fretta di arrivare, chissà
dove. Più che un cane pare un lupo, visto che la somiglianza è tale. Si
avventura lungo i margini del sentiero, un’autentica guida, che perlustra il
territorio per prevedere i pericoli. Il
luogo che sto attraversando è davvero sublime, selvaggio e magico, difficile da
illustrare per quanto sia immaginifico. Guadato il torrente tramite un
ponticello, il sentiero inizia a salire ripidamente un costone con una serie di
serpentine, e dopo ver guadagnato un pulpito panoramico, supera dei salti e
tratti aerei con una successione di opere artificiali ingegnate dall’uomo, tra
cui un tratto che reca l’opera di edificazione nel 1916, in pieno conflitto
bellico. La traccia di colpo si fa meno ripida, e una serie di cappelle votive
sono poste lungo il sentiero come se fossero pietre miliari. Sbuco in un oceano
di bianco, i prati che precedono il borgo di Stavoli. Da lontano la frazione appare
disabitata, effettivamente lo è. Mi avvicino al borgo, prima supero la
chiesetta posta poco prima del perimetro periferico, e poco dopo esploro le
abitazioni dall’esterno, vicolo per vicolo, scoprendo un patrimonio culturale
unico nel suo genere. Dalle immagini d’epoca incorniciate alle pareti di alcune
abitazioni, scopro chi vivesse nel paese, le varie origini etniche, i mestieri,
le attività sociali e ludiche. Un autentico museo all’aperto, che il clima
invernale e la neve presentano ancora più magico. Yuma mi segue come un’ombra,
forse teme che gli spiriti che albergano le abitazioni possano farmi del male,
ma essa ignora che sono solo presenze benevole. Prima di lasciare il borgo mi
spingo a nord- ovest per osservare il seguito del sentiero 417 verso Illegio,
di seguito ritorno sui miei passi, cercando e trovando una traccia a monte del
borgo. Cerco sotto il manto di neve un
sentiero remoto che mi conduce alle frazioni delle Moggesse. Lo trovo, e con
esso anche le impronte sulla neve di chi mi ha preceduto nel viaggio. Yuma
conosce anche questo sentiero, mi anticipa come sempre. Inizio a scendere
vertiginosamente di quota fino a guadare un torrente, stavolta solo con
l’ausilio degli scarponi, che risultano essere perfettamente impermeabili.
Guadato il corso d’acqua inizio la risalita, prima per un evidente traccia, che
a causa di alcuni schianti devia con una pista ex novo. Raggiunta la cresta
dell’elevazione mi ritrovo a pochi metri dalla prima frazione, Moggessa di Là.
Nella piccola borgata, disabitata mi accoglie la colonia felina affamata, i
gatti miagolano a squarcia gola, ma al seguito non ho né trippa e né tonno, mi
accontento di salutarli e rigare dritto. Stavolta rientro nel circuito dei
sentieri CAI: per pochi metri percorro il sentiero 419 proveniente dal Foran da
la Gjaline, e di seguito mi innesto sul sentiero 418. Supero tramite un
ponticello un secondo torrente (Rio Mulin), fino a raggiungere Moggessa di Qua.
Conosco questa piccola frazione (visitata in precedenza) anch’essa imbiancata
dalla neve come tutte le frazioni che ho visitato finora. Cerco un cantuccio
asciutto dove poter fare una pausa per rifocillarmi. Presso uno stavolo, di fronte
proprio a un roseto, mi attrae un muretto basso, lo scelgo come punto sosta.
Tolgo lo zaino, cambio gli abiti sudati, e mi dispongo al pranzo. Naturalmente
oggi l’ospite d’onore è Yuma, che gradisce tantissimo il mio pane e frittata.
La cagnetta poggia le zampe sulle mie ginocchia, mi piace il modo con cui mi
fissa, silenziosa, dolce ma esperta, è davvero la compagnia ideale. Finito di desinare
inizio il rientro, sempre tramite il sentiero 418, che ascende fino a una forca
(piccola ancona votiva) per poi di seguito scendere fino a valle. Il sole inizia
a tramontare, siamo alla periferia di Moggio Alta, e mentre le luci tingono di
scarlatto le cime del monte Canin, Yuma di colpo svanisce, come se avesse
compiuto la sua opera, quella di accompagnare nel magico universo montano il
viandante. Confesso, che ho provato un profondo dolore, mi manca sin da subito.
Questo magnifico cane, lupetto, si è dato un compito magnifico e onorifico:
guidare gli spiriti liberi nel sogno chiamato montagna. Quanto vorrei che i
bipedi somigliassero un pochino a Yuma, nella generosità e nel poetico modo di
vivere la natura. Ma confermo quanto ho scritto sopra. il miglior amico
dell’uomo è il cane, e Yuma ne è un eccellente esempio.
Il Forestiero Nomade.
Malfa