Monte
Chiarandeit e Cereis da Forchia di Meduno (PN)
Note
tecniche.
Localizzazione: Prealpi Carniche Sottogruppo
Valcalda-Verzegnis- Ciaurlec.
Avvicinamento: Lestans-Meduno- presso il borgo
prendere la rotabile con destinazione Campone- Lasciare l’auto in uno dei
numerosi spiazzi presenti presso la Forchia di Meduno.
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
Provincia
di: Pordenone
.
Dislivello:
500 m.
Dislivello
complessivo: 700 m
Distanza percorsa in Km: 10 km
Quota minima partenza: 630 m.
Quota
massima raggiunta: 1079 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 5 ore
In:
Coppia
Tipologia
Escursione: naturalistica
Difficoltà:
escursionistica
Ferrata- valutazione
difficoltà:
Segnavia:
CAI locale- bolli arancioni
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: medio
Preparazione
tecnica: media
Attrezzature:
no
Croce di vetta: Istallate
croci costruite con rametti
Ometto di vetta: si
Libro di vetta: si
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno.
3)
4)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero: Ben segnato e marcato
Consigliati:
Data: 06 marzo 2021
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Il paradiso è a pochi chilometri
da casa e non può attendere, ecco come mi appaiono i primi rilievi che scorgo
da Lestans, un autentico e infinito universo di combinazioni escursionistiche e
di sentieri da esplorare. Per poter godere di questo piacere basta poco, solo lo
zaino, un paio di scarponi e tanta voglia di libertà. In questa escursione, Giovanna
e io, ritorniamo su un monte che abbiamo fatto tempo fa, ovvero il monte
Chiarandeit, una elevazione posta a occidente dell’altopiano del Ciaurlec. Effettueremo
un anello, con partenza e rientro dalla Forchia di Meduno.
Vista la vicinanza
della meta, ce la prendiamo comoda, e dopo una ricca colazione, trasbordiamo il
materiale da trekking in auto, per poi partire per la meta, con noi oggi sarà
il vecchio e inossidabile Magritte.
Raggiunta la Forchia,
appena fuori dall’abitacolo, veniamo gelati dalla temperatura esterna, che
troviamo insolitamente invernale, quindi, ci copriamo bene e partiamo per la
nostra avventura. Dalla Forchia di Meduno, riconoscibile anche per il tempietto
dedicato agli alpini, ci incamminiamo sulla strada forestale che percorre e
aggira la valle posta tra il monte Chiarandeit e il monte Mulon. I primi passi sono
lenti, man mano che camminiamo ci scaldiamo, nel frattempo la natura si
risveglia e si prepara per le nozze con la primavera, presentando i primi timidi
segni attraverso delle splendide fioriture. Le nubi che fino a pochi minuti
prima avvolgevano le creste dei monti ora si diradano, scoprendo un bellissimo
cielo dal color cobalto. Lungo il cammino scorgiamo due operai intenti a
rendere più sicura la carreggiabile, ci salutiamo alla “spiriti liberi maniera”
e si continua per la carrareccia che inizia ad aumentare la pendenza e
guadagnare quota. Sul versante orientale si aprono ampi squarci nella vegetazione
che permettono di ammirare i monti che circondano la Val Tramontina, tra cui
riconosciamo subito le inconfondibili moli dei monti: Rest, Valcalda, Roppa
Buffon e le creste minori.
La passeggiata inizia
ad avere i suoi effetti benefici, i cuori traboccano di contentezza,
abbracciamo intensamente alcuni alberi, tra cui un faggio dalle grandi
dimensioni. Per un breve tratto, quando la stradina taglia il versante
occidentale del monte, scorgiamo delle lingue di neve ai margini del tratturo per
poi sciogliersi appena la rotabile è illuminata e scaldata dai caldi raggi
solari.
Presso quota 900 m,
visitiamo gli affascinanti stavoli di Cereis, posti presso un pulpito
panoramico e in eccellenti condizioni. Tutto intorno agli edifici vi sono dei
prati curati e delle panche poste in bella vista e in attesa di visitatori
romantici. Che meraviglia! Ci accomodiamo su una panca posta ed esposta sul
versante occidentale, da dove possiamo ammirare la cresta innevata del Monte
Raut, ignari che nel frattempo alcuni amici spiriti liberi ne stanno scalando
la vetta.
Proviamo gioia allo
stato puro, la bellezza di un mondo remoto che continua a sbalordirci con le
sue magiche visioni. Come si fa a resistere alla bellezza, impossibile non
amare ciò che ci circonda e non lasciarsi andare alla contemplazione sarebbe un
misfatto. Continuiamo per la nostra meta, percorriamo per brevi metri un antico
sentiero, per poi riprendere la carrareccia. Un centinaio di metri dopo, do un’occhiata
al versante del monte Chiarandeit e alla mappa, percepisco e leggo la vicinanza
alla vetta, quindi chiedo a Giovanna se gli va di raggiungerla per un ripido
pendio selvatico con percorso libero, acconsente, quindi si procede.
Dalla carrareccia, miriamo
al vertice, tagliando e filtrando dove è possibile tra faggi e cespugli, a
volte la vegetazione si fa fitta per poi diradarsi. Il pendio è molto scosceso,
dopo un centinaio di metri di quota calpestiamo la prima neve, molto dura, ma
procediamo tranquilli. La vegetazione selvaggia non ci ostacola più di tanto,
lasciandoci intuire tra un arbusto e l’altro, le vie di passaggio e la giusta
direzione. Poco sotto la sommità affiorano le prime rocce dalla chiara
conformazione carsica, e superate quest’ultime siamo in cresta. Manca poco alla
vetta, scorgo una labile traccia che mi conduce a essa, e dopo un paio si
saliscendi tra gli esili faggi, uno striminzito ometto ci indica che siamo giunti
a capolinea, la meta principale è raggiunta. La vetta del monte Chiarandeit è posta
a 1079 m. di quota. Per godere del panorama bisogna portarsi alcune decine di
metri avanti, fuori dalla boscaglia, da dove si può ammirare la pianura
friulana a occidente. Noi ci ingegniamo per costruire un ometto più corposo,
dove poter sormontare una piccola croce ideata con rami e al suo interno
istallare un barattolino di vetro con il simbolo del gruppo e il libretto per
annotare il passaggio dei viandanti. Dopo le rituali foto, si riprende il
passo, mirando a sud, per la località Stavoli Del Bianca, dove effettueremo la meritata
sosta per il pranzo. Proprio ai margini del ripido prato di vetta si dirama una
traccia poco battuta e non segnata, che ci porta, con una serie di tornanti
alla località Li Pocis. Gli stavoli Del
Bianca sono preceduti da un incantevole laghetto artificiale, l’atmosfera è
così magica che ci pare di vagare dentro un acquerello di Turner. La visione romantica cattura l’animo,
donandoci tanta beatitudine. Dopo aver ammirato il laghetto, ci avviciniamo a
delle panche costruite con tronchi d’albero e poste fuori dagli stavoli,
proprio sotto un meraviglioso abete rosso. Questa magica visione da sola è
valsa la fatica finora affrontata.
Zaini a terra,
finalmente si mangia, e dal sacco bazar estraggo la borsa ristorante dove ho
messo di tutto. Divoriamo con brama il lauto pranzo, e sperando che la
sonnolenza non abbia il sopravvento, ci approntiamo per continuare il viaggio. Prima
di partire ispezioniamo un locale insito nello stavolo e adibito come rifugio
per i viandanti; meditate gente, meditate, questo è un alto segno di
civiltà. Il localino disposto su due
piani, è accessibile tramite una scaletta, ed è provvisto di sedie nel piano
superiore, dove è possibile pernottare con sacchi a pelo. Sul pavimento sono
disposti dei giochi da tavolo, mentre una finestra si apre sul panorama. Finita
la visita del locale, sempre fuori sentiero, procediamo per la cresta Li Pocis
che parte a sud dell’abete con panche, e dopo alcune centinaia di metri ci
troviamo davanti uno spettacolo, degno di nota, davvero unico e immaginifico.
Tra le dune si apre uno scenario fantastico, circumnavighiamo il bordo di una enorme
dolina, che sembra immaginata dagli scrittori di storie fantastiche. Non è
difficile ideare nel frangente gnomi, draghi, soldati a cavallo, unicorni, fate
e streghe, basta solo lasciarsi andare alla fantasticheria. Non immaginavamo di
trovare tale meraviglia, e ora è difficile proseguire il viaggio, siamo
letteralmente incantati, ma dobbiamo andare avanti. Continuando per il terreno
carsico, e dopo aver superato un’altra dolina (ma non bella e ampia come la
prima), cavalchiamo la cresta, sempre in direzione sud, finché, dopo alcuni
saliscendi, incrociamo un sentiero marcato (e segnato con bolli color arancio) proveniente
dalla carreggiabile percorsa in precedenza. Dopo pochi metri, lasciamo provvisoriamente
il sentiero, per raggiungere poco più in alto nel boschetto, un masso nascosto
tra la selvatica vegetazione, esso materializza la vetta del monte Cereis (961
m.).
I secchi arbusti e la selvaggia
vegetazione (noccioli soprattutto) proteggono la massima elevazione e la
rendono poco panoramica e occultata al viandante, ma è pur sempre una vetta.
Noi ci ingegniamo di nuovo a erigere un’altra piccola croce, sempre con rami, e
con alcuni sassi costruiamo sul grande masso un ometto dove serbare il
contenitore del libro di vetta per viandanti.
L’operazione ci sottrae
alcuni minuti, ma è divertente. Finite le operazioni di edificazione, mentre Magritte
sonnecchia profondamente, effettuiamo la foto di rito, per poi riprendere il cammino.
Il sentiero bollato in arancio, dopo pochi metri sbuca allo scoperto,
affacciandosi sul vertice inerbito del pendio che come un balcone domina tutta
la pianura friulana. Spettacolo da mozzare il fiato, rimaniamo estasiati, nell’ammirare
la bellezza della pianura sottostante. Brevi momenti di altissima
contemplazione prima di iniziare la lunga discesa per il ripido pendio. La
traccia è ben marcata e segnata, gli operatori della sezione CAI di
appartenenza del monte hanno effettuato un lavoro encomiabile. Scendere per il
pendio è davvero sublime, la traccia dopo un tratto quasi verticalmente ripido,
vira a sinistra, attraverso una lunga diagonale che ci riporta al tempietto
alpino, dove si chiude l’anello escursionistico. Presso il monumento sacro ci
fermiamo a porgere un saluto a coloro che hanno donato la vita alla patria, e
da buon soldato l’attimo è profondo e partecipe. Sono sicuro che ritorneremo
presto in questo luogo, abbiamo individuato altri sentieri a noi sconosciuti, e
altri sicuramente ne cela la montagna. Una volta raggiunto il parcheggio
dell’auto, ancora inebriati dalla beatitudine, ci avviamo per la strada del
rientro, anche questa stavolta con una nuova storia vissuta da raccontare.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
Nessun commento:
Posta un commento