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giovedì 26 luglio 2018

Costa di Paladin dal Passo del Monte Rest.



                               

Costa di Paladin dal Passo del Monte Rest.

 Note tecniche.



Localizzazione: Prealpi Carniche- Gruppo Valcalda- Sotto gruppo Frascola-

Avvicinamento: Lestans- Travesio-Meduno- Val Tramontina-Tramonti di Sopra-Proseguire per il passo di Monte Rest- Poco dopo sulla sinistra inizio carrareccia per casera Feletta, trovare la sosta presto l’ampio spiazzo.



Località di Partenza:  Passo di Monte Rest.

Dislivello: 800 m.





 Dislivello complessivo: 800 m.





Distanza percorsa in Km: 13,5 chilometri.





Quota minima partenza: 1060 m.



Quota massima raggiunta: 1769 m.



Tempi di percorrenza escluse le soste: 5, 5 ore

In: Coppia.



 Tipologia Escursione: Naturalistica.



Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionistica.

Segnavia: CAI 377.

Impegno fisico: Medio.

Preparazione tecnica: Media.

Attrezzature: No.

Croce di vetta: Si, apposta da noi.

Ometto di vetta: Si.

Libro di vetta: Si, barattolo apposto da noi.

Timbro di vetta: No.

Riferimenti:

1)                  Cartografici: Tabacco 028

2)                  Bibliografici:

3)                  Internet:

Periodo consigliato: primavera-autunno

Da evitare da farsi in: terreno bagnato

Condizioni del sentiero: Il primo tratto fino alla vetta, poco marcato, numerosi schianti e segnaletica da rifare.

Fonti d’acqua: Nessuna.

Consigliati:

Data: martedì 03 luglio 2018

Il “Forestiero Nomade”

Malfa



Racconto:

La Costa di Paladin è una altra escursione con cui ho un conto in sospeso, l’avevo affrontata di inverno e in condizioni proibitive, la neve alta più di un metro mi bloccò poco sotto la cresta.

Ricordo bene la dolente ritirata (insieme al prode fido Magritte), il gelo mi inflisse una cocente sconfitta, paragonabile a quella subita in Russia dalle armate di Napoleone. Si sa che le vittorie camminano nell’oblio e le sconfitte si esorcizzano con la rivincita.

Il compagno di questa nuova avventura è Roberto, che invito con una telefonata. <<Pronto, ciao Malfa, dimmi, cosa bolle in pentola?>>.<<Ciao Roberto, ti ricordi l’escursione di Costa di Paladin, hanno riaperto il passo di monte Rest, ti va  di venire? .>> <<Certo, ma come mette il meteo?>> <<Nuvolo,  con rischio piogge pomeridiane, l’ideale per salire questa cima, sempre meglio che stare a casa. Ci incontriamo sotto casa al solito orario. A domani, un abbraccio>> <<A domani Malfa, sarò puntuale, mandi!!>> Click! 

Il mattino dopo, con un cielo gravato di nuvole partiamo alla volta di Tramonti di Sopra, le cime sopra i 1500 metri sono dissimulate dalle nubi. Nella bella valle tra i monti risaliamo i numerosi tornanti, fino a giungere nel posto di partenza, una stradina a destra dopo il Passo di monte Rest (1060 m. ). Il paesaggio non essendo visibile a causa dei nugoli è solo intuibile e di certo non carica di entusiasmo. La montagna non è solo cielo azzurro, roccia bianca e prati fioriti.

Una volta pronti si parte, dal parcheggio seguiamo la strada forestale fino a lasciarla poco sotto la Casera Feletta. l’ambientazione appare autunnale, essa, dominata dalla faggeta, stimola le conversazioni introspettive. Raggiunta la casera, con gioia apprezziamo la stanza adibita ai viandanti, munita di tavolo, focolare, compreso un paio di comode ciabatte. Ammirata l’ospitalità e lette alcune dediche sul libro dei visitatoti, lasciamo la casera per continuare il cammino. Pochi metri dopo ci separiamo dalla strada forestale per seguire dentro la faggeta i segni CAI che portano ai ruderi della casera Fors.

Il percorso non è problematico, si risale lo sperone roccioso fin sotto la vetta Feletta, e successivamente percorriamo la lunga diagonale che si mantiene sotto la dorsale della Costa di Paladin.

È il classico sentiero di montagna (troi), ben marcato, con brevi passaggi leggermente ripidi, ma non è curato, i numerosi schianti lo rendono malagevole. 

Roberto ama stare davanti, è anche più agile, ne approfittiamo per pulire il tracciato dai rami e piccoli ostacoli; questa volontaria attività di riguardo la facciamo con gioia, ci teniamo buona la grande Nostra Signora.

Il sentiero in prossimità del pascolo che precede la casera Fors scompare tra le erbacce, giungiamo ai ruderi, da dove possiamo ammirare la nostra meta con il cappello coperto dalle nebbie.

Il cammino impervio non è ancora finito, rientrati dentro la boscaglia superiamo altri schianti, che ci stressano più del dovuto, fino ad entrare in un catino dove l’erba alta copre le tracce. Saliamo di quota per zolle erbose fino a raggiungere un taglio che ci proietta sulla cresta, fine delle immani fatiche, ora inizia il divertimento.

Dalla cresta possiamo ammirare le crete che precedono il monte Frascola e la valle solcata dal torrente Viella.  Il crinale è totalmente inerbito ed esposto a meridione, una scivolata sarebbe fatale. Per noi i crinali sono le strade del cielo, quindi ci esaltiamo, godendo e sprizzando letizia da tutti i pori.

Roberto (un po’ per scaramanzia) mi ricorda un vecchio detto “finché le formiche vivificano non bisogna preoccuparsi della pioggia”, lo rassicuro informandolo che nei vari formicai attivi che sto osservando sono in corso festeggiamenti tipo quelli in voga a Rio de Janeiro durante il carnevale.  Sorridiamo, attraversando un tratto con mughi raccogliamo due rami secchi, qualcosa mi dice che non troveremo la croce di vetta.

Roberto farfuglia, mi avvicino per ascoltare meglio, egli mi rende edotto che ha letto su una guida che avremmo trovato delle creste con tratti affilati, mi fa notare che la più sottile che abbiamo risalito è larga almeno un metro e mezzo. Sorrido, l’amico dimentica che in questi anni la sua abilità tecnica è aumentata notevolmente, e quello che a qualcuno può apparire sottile per altri è autostrada. .

L’intuizione che sulla vetta non avremmo trovato croci è confermata poco dopo, raggiunto l’apice del cupolone sommitale siamo al cospetto di due sassi e un prisma di cemento, modello pietra miliare (1769 m.), portato sicuramente da qualcuno per benevolenza.

Roberto è incredulo che abbiamo raggiunto la meta così presto, il tragitto gli è parso meno complesso di quanto previsto.

Godiamo del paesaggio reso misterioso e affascinante dalle nebbie.  Messa da parte la contemplazione passiamo al dovere, quindi con il materiale recuperato, ovvero i due rami e alcuni cordini erigiamo una croce. A furia di accatastare i sassi, abbiamo alzato di quota il monte. Nell’ometto collochiamo il barattolo, contenente il kit per i visitatori e il logo del nostro gruppo. Abbiamo fatto un bel lavoro, ne siamo fieri, come i ragazzini che sulla spiaggia creano castelli di sabbia.

Questa la dice lunga del nostro approccio con la montagna, siamo come i bimbi che giocano a fare gli esploratori.

Finita la nostra opera simbolica si ritorna alla contemplazione, e successivamente allo studio delle cime circostanti. Zaino in spalle, riprendiamo il cammino verso occidente sulla bella cresta. Altri su e giù, di cui l’ultimo un po’ ripido, ci portano nei pressi della forca del Mugnol.

Su un cartello in metallo di colore giallo (appeso a un tronco) c’è una scritta in inglese “There is Someone inside you” (c’è qualcuno dentro di te) e accanto disegnato un cuore.  Scritta che ognuno interpreta in modo personale; a me ispira un viaggio interiore.

Raggiunta la forca, poniamo la parola fine al proseguo per cresta, il meteo benevolo non sappiamo quanto reggerà, quindi cerchiamo un masso che ci faccia da refettorio dove poter consumare il meritato pasto. Accompagniamo i panini con il buon cabernet portato dall’amico, dedicando mezzora al ristoro, gioiosi come gli antichi greci durante i baccanali. Non ci facciamo mancare nulla, nemmeno il dolcetto. Il viandante non vive di sola filosofia, qualcosa deve pur concedere alle ludiche attività.

Ripreso il cammino, scendiamo dalla forca per il sentiero 377, stavolta niente ravanamenti, questo tratto è breve e ben curato, esso ci conduce alla sottostante strada forestale che cinge il fianco settentrionale del monte.

Dalla panoramica via ammiriamo a sprazzi lo splendido scenario quando le nubi lo concedono, essa corre lunga e noiosa, l’ideale per chi non è distratto dal percorso e si può concedere alla divina arte delle comari “lo spettegolare”.

Raggiunto il punto di partenza ci ricordiamo di fare stretching, per poi in auto riprendere la strada per Tramonti di Sopra. Effettuo una doverosa e breve visita al cimitero del paesello, dove depongo il sassolino raccolto in vetta accanto alla lapide del mio maestro. Ripreso il viaggio ci fermiamo a Meduno, nel mini barretto gestito da una simpatica signora bionda. Fuori dal locale incontriamo uno spirito libero notturno, che ci fa penare non poco per tenerlo lontano dai pericoli dell’asfalto. Messo in salvo il mammifero volante ci concediamo una birretta, adeguata a mantenere fresco il recente vissuto. Felici e soddisfatti si rientra a valle, con una montagna conquistata e una nuova storia da raccontare.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa.


















































































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