Costa di Paladin dal Passo del Monte Rest.
Note tecniche.
Localizzazione: Prealpi Carniche- Gruppo Valcalda- Sotto
gruppo Frascola-
Avvicinamento: Lestans- Travesio-Meduno- Val
Tramontina-Tramonti di Sopra-Proseguire per il passo di Monte Rest- Poco dopo
sulla sinistra inizio carrareccia per casera Feletta, trovare la sosta presto
l’ampio spiazzo.
Località di Partenza: Passo di Monte Rest.
Dislivello: 800 m.
Dislivello
complessivo: 800 m.
Distanza percorsa in Km: 13,5 chilometri.
Quota minima partenza: 1060 m.
Quota massima raggiunta: 1769 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 5, 5 ore
In: Coppia.
Tipologia Escursione:
Naturalistica.
Difficoltà: Escursionistica.
Segnavia: CAI 377.
Impegno fisico: Medio.
Preparazione tecnica: Media.
Attrezzature: No.
Croce di vetta: Si, apposta da noi.
Ometto di vetta: Si.
Libro di vetta: Si, barattolo apposto da noi.
Timbro di vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici: Tabacco 028
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo consigliato: primavera-autunno
Da evitare da farsi in: terreno bagnato
Condizioni del sentiero: Il primo tratto fino alla vetta,
poco marcato, numerosi schianti e segnaletica da rifare.
Fonti d’acqua: Nessuna.
Consigliati:
Data: martedì 03 luglio 2018
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
La Costa di Paladin è una altra escursione con cui ho un
conto in sospeso, l’avevo affrontata di inverno e in condizioni proibitive, la
neve alta più di un metro mi bloccò poco sotto la cresta.
Ricordo bene la dolente ritirata (insieme al prode fido
Magritte), il gelo mi inflisse una cocente sconfitta, paragonabile a quella
subita in Russia dalle armate di Napoleone. Si sa che le vittorie camminano
nell’oblio e le sconfitte si esorcizzano con la rivincita.
Il compagno di questa nuova avventura è Roberto, che invito
con una telefonata. <<Pronto, ciao Malfa, dimmi, cosa bolle in
pentola?>>.<<Ciao Roberto, ti ricordi l’escursione di Costa di Paladin,
hanno riaperto il passo di monte Rest, ti va
di venire? .>> <<Certo, ma come mette il meteo?>>
<<Nuvolo, con rischio piogge
pomeridiane, l’ideale per salire questa cima, sempre meglio che stare a casa. Ci
incontriamo sotto casa al solito orario. A domani, un abbraccio>> <<A
domani Malfa, sarò puntuale, mandi!!>> Click!
Il mattino dopo, con un cielo gravato di nuvole partiamo
alla volta di Tramonti di Sopra, le cime sopra i 1500 metri sono dissimulate dalle
nubi. Nella bella valle tra i monti risaliamo i numerosi tornanti, fino a
giungere nel posto di partenza, una stradina a destra dopo il Passo di monte
Rest (1060 m. ). Il paesaggio non essendo visibile a causa dei nugoli è solo
intuibile e di certo non carica di entusiasmo. La montagna non è solo cielo
azzurro, roccia bianca e prati fioriti.
Una volta pronti si parte, dal parcheggio seguiamo la strada
forestale fino a lasciarla poco sotto la Casera Feletta. l’ambientazione appare
autunnale, essa, dominata dalla faggeta, stimola le conversazioni
introspettive. Raggiunta la casera, con gioia apprezziamo la stanza adibita ai
viandanti, munita di tavolo, focolare, compreso un paio di comode ciabatte. Ammirata
l’ospitalità e lette alcune dediche sul libro dei visitatoti, lasciamo la
casera per continuare il cammino. Pochi metri dopo ci separiamo dalla strada
forestale per seguire dentro la faggeta i segni CAI che portano ai ruderi della
casera Fors.
Il percorso non è problematico, si risale lo sperone
roccioso fin sotto la vetta Feletta, e successivamente percorriamo la lunga diagonale
che si mantiene sotto la dorsale della Costa di Paladin.
È il classico sentiero di montagna (troi), ben marcato, con
brevi passaggi leggermente ripidi, ma non è curato, i numerosi schianti lo rendono
malagevole.
Roberto ama stare davanti, è anche più agile, ne
approfittiamo per pulire il tracciato dai rami e piccoli ostacoli; questa volontaria
attività di riguardo la facciamo con gioia, ci teniamo buona la grande Nostra Signora.
Il sentiero in prossimità del pascolo che precede la casera
Fors scompare tra le erbacce, giungiamo ai ruderi, da dove possiamo ammirare la
nostra meta con il cappello coperto dalle nebbie.
Il cammino impervio non è ancora finito, rientrati dentro la
boscaglia superiamo altri schianti, che ci stressano più del dovuto, fino ad
entrare in un catino dove l’erba alta copre le tracce. Saliamo di quota per zolle
erbose fino a raggiungere un taglio che ci proietta sulla cresta, fine delle immani
fatiche, ora inizia il divertimento.
Dalla cresta possiamo ammirare le crete che precedono il
monte Frascola e la valle solcata dal torrente Viella. Il crinale è totalmente inerbito ed esposto a
meridione, una scivolata sarebbe fatale. Per noi i crinali sono le strade del
cielo, quindi ci esaltiamo, godendo e sprizzando letizia da tutti i pori.
Roberto (un po’ per scaramanzia) mi ricorda un vecchio detto
“finché le formiche vivificano non bisogna preoccuparsi della pioggia”, lo
rassicuro informandolo che nei vari formicai attivi che sto osservando sono in
corso festeggiamenti tipo quelli in voga a Rio de Janeiro durante il carnevale.
Sorridiamo, attraversando un tratto con
mughi raccogliamo due rami secchi, qualcosa mi dice che non troveremo la croce
di vetta.
Roberto farfuglia, mi avvicino per ascoltare meglio, egli mi
rende edotto che ha letto su una guida che avremmo trovato delle creste con
tratti affilati, mi fa notare che la più sottile che abbiamo risalito è larga almeno
un metro e mezzo. Sorrido, l’amico dimentica che in questi anni la sua abilità
tecnica è aumentata notevolmente, e quello che a qualcuno può apparire sottile
per altri è autostrada. .
L’intuizione che sulla vetta non avremmo trovato croci è
confermata poco dopo, raggiunto l’apice del cupolone sommitale siamo al
cospetto di due sassi e un prisma di cemento, modello pietra miliare (1769 m.),
portato sicuramente da qualcuno per benevolenza.
Roberto è incredulo che abbiamo raggiunto la meta così
presto, il tragitto gli è parso meno complesso di quanto previsto.
Godiamo del paesaggio reso misterioso e affascinante dalle
nebbie. Messa da parte la contemplazione
passiamo al dovere, quindi con il materiale recuperato, ovvero i due rami e
alcuni cordini erigiamo una croce. A furia di accatastare i sassi, abbiamo
alzato di quota il monte. Nell’ometto collochiamo il barattolo, contenente il
kit per i visitatori e il logo del nostro gruppo. Abbiamo fatto un bel lavoro,
ne siamo fieri, come i ragazzini che sulla spiaggia creano castelli di sabbia.
Questa la dice lunga del nostro approccio con la montagna,
siamo come i bimbi che giocano a fare gli esploratori.
Finita la nostra opera simbolica si ritorna alla
contemplazione, e successivamente allo studio delle cime circostanti. Zaino in
spalle, riprendiamo il cammino verso occidente sulla bella cresta. Altri su e giù,
di cui l’ultimo un po’ ripido, ci portano nei pressi della forca del Mugnol.
Su un cartello in metallo di colore giallo (appeso a un
tronco) c’è una scritta in inglese “There is Someone inside you” (c’è qualcuno
dentro di te) e accanto disegnato un cuore. Scritta che ognuno interpreta in modo
personale; a me ispira un viaggio interiore.
Raggiunta la forca, poniamo la parola fine al proseguo per
cresta, il meteo benevolo non sappiamo quanto reggerà, quindi cerchiamo un
masso che ci faccia da refettorio dove poter consumare il meritato pasto.
Accompagniamo i panini con il buon cabernet portato dall’amico, dedicando mezzora
al ristoro, gioiosi come gli antichi greci durante i baccanali. Non ci facciamo
mancare nulla, nemmeno il dolcetto. Il viandante non vive di sola filosofia,
qualcosa deve pur concedere alle ludiche attività.
Ripreso il cammino, scendiamo dalla forca per il sentiero
377, stavolta niente ravanamenti, questo tratto è breve e ben curato, esso ci conduce
alla sottostante strada forestale che cinge il fianco settentrionale del monte.
Dalla panoramica via ammiriamo a sprazzi lo splendido
scenario quando le nubi lo concedono, essa corre lunga e noiosa, l’ideale per
chi non è distratto dal percorso e si può concedere alla divina arte delle
comari “lo spettegolare”.
Raggiunto il punto di partenza ci ricordiamo di fare
stretching, per poi in auto riprendere la strada per Tramonti di Sopra. Effettuo
una doverosa e breve visita al cimitero del paesello, dove depongo il sassolino
raccolto in vetta accanto alla lapide del mio maestro. Ripreso il viaggio ci
fermiamo a Meduno, nel mini barretto gestito da una simpatica signora bionda.
Fuori dal locale incontriamo uno spirito libero notturno, che ci fa penare non
poco per tenerlo lontano dai pericoli dell’asfalto. Messo in salvo il mammifero
volante ci concediamo una birretta, adeguata a mantenere fresco il recente
vissuto. Felici e soddisfatti si rientra a valle, con una montagna conquistata
e una nuova storia da raccontare.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa.
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