Monte
Piselli e Colle San Marco da Ascoli Piceno.
Fantasticavo
di effettuare un’escursione sugli appennini, immaginavo gite rocambolesche con
weekend all’insegna dell’avventura, mai avrei immaginato che il sogno si
sarebbe avverato. Quando raggiungo una meta ambita, penso che qualcuno lassù mi
ama e l’ultima escursione che mi appresto a raccontare conferma questo concetto.
Appena sopraggiunto nella terra dei piceni,
avvicinandomi al capoluogo osservo i monti che lo circondano, in particolare mi
attrae un lunghissimo crinale da cui non riesco a staccare lo sguardo. Questa
elevazione chiamata anche “Monte dei Fiori” è la naturale continuazione del
lunghissimo pendio che inizia dalla periferia della storica cittadina.
Decido di partire per l’avventura il giorno seguente,
non ho al seguito mappe e relazioni, ma solo l’attrezzatura indispensabile e un
GPS. Nello zaino ho riposto gli scarponi, partirò con le scarpette di
avvicinamento e una considerevole riserva idrica (tre litri). Il mattino del giorno
della partenza il cielo è terso e la temperatura mite, mi avvio di buon’ora
dall’alloggio (quota 124 m.).
Percorro la periferia della città mirando con l’aiuto
dell’intuito a sud, seguo alcune scorciatoie e mi ritrovo davanti i primi segni
CAI, sono fortunato, da questo istante cercherò di mantenere l’orientamento.
I segni purtroppo sono rari, passo sotto un cavalcavia
e successivamente per un sentiero che costeggia dei muri a secco, finché scorgo
altri segni CAI; stavolta il tratto è marcato, mi ritrovo in località Piagge,
precisamente alle pendici del colle San Marco. Dal basso osservo le vertiginose
pareti che si aggettano a nord.
Adiacente a un bivio sterrato noto una costruzione, sembra
una remota fornace, seguo quello di sinistra precisamente, notando delle tracce
di mountain bike. Dopo pochi minuti mi ritrovo immerso nel boschetto, la
traccia si inerpica per strette svolte, fino a raggiungere una palizzata che
delimita uno sperone roccioso molto esposto nei pressi di un eremo (che
distrattamente non noto). Mi colpisce un’enorme scalinata che porta alle perpendicolari
pareti, salgo gli scalini fino alla cancellata che sbarra l’ingresso all’eremo,
per poi ridiscendere. Continuo a intuito per il sentiero, sperando che mi porti
sopra il colle; alcuni segni CAI mi vengono in soccorso e un cartello con
indicazioni mi informa che mancano dieci minuti per la sommità. Con emozione
percorro la vecchia strada romana, in alcuni tratti si possono ammirare le
diverse stratificazioni della costruzione, gli ultimi tornanti nel bosco mi
portano all’apice, trovandomi su un altopiano edificato con ampi vialoni
circondati da ville del primo novecento. Proseguo su strada a meridione, attraverso
un’ampia radura mirando ai lontani colli. Non ho una meta precisa, spero di
raggiungere qualche elevazione da dove poter studiare la zona. In lontananza
scorgo un monte sormontato da antenne. Continuo lungo la strada asfaltata alla
ricerca di tracce di sentiero, fa caldo, la fatica si fa sentire. Un cartello
dipinto a mano mi indica il “Bosco dell’Impero”, abbandono la carrozzabile per inoltrarmi
dentro la pineta, il sentiero ha un fascino antico, immagino le legioni romane
che marciavano con le loro corti dentro la selva. Camminando, canticchio con
tono divertito la colonna sonora di Guerre Stellari che preannuncia la comparsa
delle forze imperiali.
A volte la traccia percorre il margine di praterie per
poi rientrare nel bosco. Un cartello CAI mi indica alcune mete tra cui il colle
San Giacomo e il monte Piselli che dista solo a un‘ora e trenta. Decido di
pormi come meta l’ultimo monte citato, dopodiché rientrerò in sede. Seguendo il
remoto tracciato mi ritrovo in un ampissimo vallone dall’aspetto alpino, il
sentiero ne percorre il margine settentrionale lambendo una pineta, fino alla
periferia del piccolo borgo di San Giacomo. Tra i prati spicca una piccola
costruzione circolare, sembra un igloo in pietra, in seguito ne scoprirò il
nome e l’uso.
Raggiunta la periferia del villaggio scopro dalla
cartellonistica che mi trovo all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e
Monti della Laga. Il borgo San Giacomo segna quota 1105 metri sul livello del
mare, ho quasi percorso 900 metri di dislivello. Presso una fontanella riempio
la bottiglietta d’acqua e fotografo su una tabella la mappa del parco, che in
seguito mi sarà di grande utilità. Visti e studiati i sentieri, decido di
partire a destra del colle seguendo una carrareccia. La giornata è assolata e
il caldo si fa sentire. Gli ampi tornanti sono anche lunghissimi, mi sembra di attraversare
il deserto, dei sporadici e isolati ciclisti in mountain bike mi superano, nei
loro volti si incarna la fatica.
Scorgo in lontananza il Gran Sasso completamente
innevato, lascio la carrareccia per proseguire liberamente sul pendio inerbito
sino alla località “Tre Caciare”, dove è sito un rifugio della località
sciistica (quota 1427 m.). La struttura appare in disuso visto il pessimo stato
di conservazione, i piloni della seggiovia segnano la direzione della pista che
porta in cresta.
Decido di tagliare il percorso risalendo a zig zag ,con
fatica l’inerbita pista, solo delle sparute chiazze di neve stanno a
testimoniare il trascorso invernale. Incontro poco dopo due escursionisti in
discesa, cortesemente mi danno delle informazioni sul prosieguo.
Mi ritrovo nei pressi della cresta, faticosamente
raggiungo gli impianti soprastanti alla destra della grande antenna RAI, vado
avanti ancora pochi metri e avanzo sul vallone che precede una pista di sci in
disuso.
Dallo stupendo pulpito panoramico ammiro le vicine
elevazioni che si spingono a sud, scendo di pochi metri nel vallone sottostante,
leggo i dati sul GPS, la meta odierna, monte Piselli, è poco sopra. Con lo zoom
della macchina fotografica traguardo la vetta dove scorgo degli indicatori,
ritorno sui miei passi spostandomi leggermente sulla sinistra. Mi spingo alla
base di una stratificazione rocciosa, pochi metri tra le roccette ed eccomi in
vetta, dei paletti in metallo di cui uno cementato segnano la massima elevazione
(1676 m.). Obiettivo raggiunto, zaino a terra e meritata sosta. L’ampia cima è
ospitale, una miriade di coccinelle mi dà il benvenuto. Osservo questi rilievi
chiamati “la Montagna dei Fiori”, effettivamente ho constatato e fotografato
tante fioriture, ma soprattutto è il regno del silenzio. Rilevo in lontananza
degli escursionisti venire giù dalla “non ancora visibile elevazione” monte
Girella (q 1814 m.). Mi godo la montagna mettendo qualcosa nello stomaco e poi
zaino in spalle si rientra. Nel primo tratto di discesa taglio per la pista
sciistica, trovandomi in poco tempo nella località “Le tre Caciare”.
“ (…le caciare
sono piccole costruzioni in pietra a forma di igloo. Sono caratteristiche di
questa zona e si ritrovano, anche se in forma diversa, sulla Majella (capanne a
tholos). La pastorizia è stata per secoli la principale attività di questa zona
e le “caciare” sono state utilizzate come ricovero temporaneo dai pastori che
d’estate abitavano questa montagna. Ne esistono più di cinquanta dislocate in
tutta la zona, da San Vito a San Marco, sono costruite con le pietre raccolte
in loco e sistemate “a secco” con l’inconfondibile aspetto di un igloo con le
pietre disposte a cerchi concentrici, senza malta o altro aggregante. La
tecnica costruttiva non è per nulla banale basti pensare che il diametro della
parte “abitabile” è la metà del diametro complessivo, questo vuol dire che lo
spessore delle “mura” è notevole. La caciara, proprio per le sue ridotte
dimensioni non può rappresentare un ricovero stabile, probabilmente il suo nome
deriva dal fatto che i pastori ci lavoravano il formaggio (il cacio)…)
Da… Le caciare, capanne di pietra con copertura a
tholos della montagna dei Fiori.
Carlo Cappelli
“
Mi diletto a immortalarne dall’esterno le forme, entro
in una di esse, sono emozionato, questa escursione mi dona attimo per attimo sensazioni
indescrivibili. Davanti a me noto un escursionista in discesa, cerco di
seguirne il percorso, dietro la struttura del rifugio trovo una traccia che
scende ripidamente a valle, ripercorrendo il tratto di una pista di sci
dismessa. Nei pressi dei ruderi di una caciara effettuo una sosta, per poi
riprendere per evidente sentiero segnato anche con ometti, finché in breve
tempo raggiungo il villaggio di San Giacomo.
Presso un cartello esplicativo del Parco del Gran
Sasso incontro l’escursionista di cui ho seguito le tracce (Paolo), egli si
mostra da subito gentile, offrendomi un passaggio in auto fino ad Ascoli. Non
rifiuto, scoprirò lungo il tragitto che il nuovo amico gestisce a pochi metri
dal mio alloggio una palestra di roccia, dove calorosamente mi ha invitato. Sono
arrivato da un giorno in questa magica terra, ed essa mi fa sognare,
elargendomi bellezza e ospitalità. Arrivati in città ringrazio l’amico piceno,
sperando in un prossimo incontro sui monti, magari nelle nostre dolomiti. Così
rientro in sede, felice ed entusiasta con una cima conquistata e una nuova storia
da raccontare.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
Note
tecniche.
Localizzazione:
Monti della Laga-Appennino Abruzzese.
Avvicinamento:
Ascoli Piceno.
Località di
Partenza: Ascoli Piceno periferia occidentale.
Dislivello: 1600
m.
Dislivello complessivo: 1600
Distanza
percorsa in Km: 30
Quota minima
partenza: 126 m.
Quota
massima raggiunta: 1676 m.
Tempi di
percorrenza escluse le soste: 7 ore
In: Solitaria
Tipologia Escursione: Storico-Escursionista.
Difficoltà: E.E.
Segnavia: CAI
Impegno
fisico: Impegnativo per il dislivello
Preparazione
tecnica: Media.
Attrezzature:
No.
Croce di
vetta: No.
Ometto di
vetta: Si.
Libro di
vetta: No.
Timbro di
vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici:
Mappa CAI locale.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo
consigliato: Tutto l’anno.
Da evitare
da farsi in:
Condizioni
del sentiero: Selvaggio.
Fonti
d’acqua: Fontanella presso San Giacomo.
Consigliati:
Data: 21
aprile 2018.
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa
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