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lunedì 3 ottobre 2016

Cuel Mauron 1814 m.

 
Cuel Mauron 1814 m.

Note tecniche.

Localizzazione: Alpi Orientali - Alpi Carniche - Gruppo Sernio Grauzaria

Avvicinamento: Tolmezzo-Illegio- Rotabile per Pra di Lunge

Punto di Partenza: Pra di Lunge (Spiazzo con cartello CAI) Quota 918 m.

Dislivello complessivo: 880 m.

Dislivello: 886m.

Distanza percorsa in Km: 9,5 km.

Quota minima partenza:918 m.

Quota massima raggiunta: 1814 m.

Tempo percorrenza: 2,45 h in salita; 1,15 h in discesa.

Difficoltà: E.E.

Segnavia: CAI 412.

Fonti d’acqua: Nessuna.

Attrezzature: Nessuna.

Cartografia consigliata. Tabacco 013

Periodo consigliato: dalla primavera all’autunno.

Condizioni del sentiero: Ben marcato e segnato.

Condizioni Meteo: Nuvoloso.

Data: 01 ottobre 2016.

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.

 
Relazione.

 

Cuel Mauron 1814 metri, da Illegio.

Escursione che inizia con il meteo incerto, come spesso capita in Friuli, così mi organizzo per un’altra avventura. Quest’anno ho solo voglia di fare montagne mai fatte, non importa quanto siano alte, difficoltose o altro, ho solo voglia di nuovo. Forse è dovuto a quell’insaziabile desiderio di conquista, di sapere, che mi infiamma lo spirito quotidianamente. Questo fine settimana ho in mente due mete: Il piano A consiste in una cima impegnativa, alta sui 2600 metri con tratti di arrampicata; il piano B in una cima che non ho potuto conquistare in primavera a causa della neve “Cuel Mauron di metri 1814, presso Illegio”. Arriva il sabato mattina, le due sveglie a unisono mi stanano dal letto. La notte ha piovuto, ho sentivo nel dormiveglia le gocce che sbattevano sulle finestre. Mi alzo, scruto il cielo, c’è un silenzio assordante, il buio è impenetrabile, non riesco a capire se è nuvolo. Mi preparo la colazione, sono carico. Vestitomi da Forestiero Nomade, presto sono in auto con l’armamentario. Strada facendo ripercorro i soliti borghi illuminati dai lampioni, procedo lungo la strada napoleonica che mi porta dopo aver superato il lago dei tre comuni a ridosso di Tolmezzo. Qui accosto l’auto lungo il ponte sul tagliamento, esco, do un’occhiata al cielo, intuisco che le nuvole sono basse, quindi rinuncio al piano A, optando per il Cuel Mauron. Da Tolmezzo seguo le indicazioni per Illegio, percorrendo la rotonda con il cacciabombardiere che mai decolla. La rotabile percorre le pendici occidentali dell’Amariana e risale fino alla valletta di Prat de Lat. Delle luci in lontananza mi avvisano che il dormiente Illegio è vicino, lo supero prendendo la biforcazione a sinistra, addentrandomi con l’auto negli stretti vicoli del piccolo borgo, tra archi e chiesa. Poco dopo il paese, accosto il mezzo presso uno spiazzo, è troppo buio per proseguire, spengo il motore dell’auto, applico la sicura ai finestrini e dopo aver abbassato il sedile del conducente mi abbandono a un breve sonno, riprendendo il viaggio con Morfeo da dove lo avevo interrotto. Dopo una mezzoretta la prima luce filtra la nebbia, svegliandomi dal dolce e breve sonno. Osservo gli abeti, mi desto, metto in moto l’auto, nel frattempo sopraggiungono dei mezzi adibiti a lavori stradali, li seguo. La rotabile risale la valle fluviale. Guido cautamente, attento alle numerose sconnessioni del manto stradale, seguendo gli automezzi giungo nel pittoresco prato di Pra di Lunge. Finito l’asfalto pochi metri di sterrato prima di fermarmi sulla destra presso un piccolo spiazzo con cartello CAI (quota 918 metri), dove sosto lauto e mi appronto per l’escursione.

 La temperatura è mite, le nuvole sono basse. Pazienza, tanto non torno indietro” Cuel di Mauron ho in mente e Cuel di Mauron sarà”. Conosco bene il sentiero CAI 412 che mi porta in cima, la tabella mi dà come indicazioni due ore e trenta per raggiungere il Palavierte, penso di mantenermi su questi tempi. Parto subito per il tratto iniziale, una carrareccia, sicuramente adibita dai boscaioli per il trasporto della legna, essa taglia in diagonale il versante occidentale del Palavierte, direzione da nord a sud-est. Il sentiero si snoda dentro una bellissima faggeta, non è ripido e questo allevia la fatica. Lungo la salita la mia attenzione viene catturata da una solitaria salamandra, la saluto e la seguo nel suo flemmatico passo, sicuramente alla ricerca di un umido rifugio. La lunga diagonale nel bosco mi porta sulla dorsale che scende dal Palavierte, materializzata da un vecchio rudere di una capanna (Cuel di Fur) quota 1196 m. Dalla dorsale il sentiero svolta a oriente. Radi pini silvestri fanno la loro comparsa. La dolce pendenza mi porta a risalire il costone fino ad esplorare un magico luogo popolato da enormi massi. Rimango incantato, ho l’impressione che gli alberi assumano forme antropomorfe e si muovano nello spazio, alcuni di loro sembrano vecchi cavalieri che vigilano sui segreti del bosco. Sono ancora una volta immerso in una fiaba, è duro proseguire, mi libero mal volentieri dall’incantesimo seguendo il sentiero che mi accompagna sul versante orientale. Di fronte a me si apre un’altra splendida visione (oggi più che mai sono sognatore), le cuspidi gotiche del Masselle Grande, velate dalle nuvole che coprono completamente il Cuel Mauron. Alberi scheletriti mi avvertono che la valle è incantata e che presto udirò la voce della grande signora. La vegetazione cambia per via della diversa esposizione, il sentiero per un breve tratto risale tra aceri, abeti e pino mughi, fino a raggiungere un’ombrosa faggeta. Con una serie di piccole svolte guadagno la base delle pendici orientali del Palavierte, portandomi allo scoperto sotto le pareti rocciose attraverso un mugheto. Un cartello posto al bivio mi indica due direzioni: a sinistra per il vicino Palavierte, mi fermo a contemplare, volgo lo sguardo a trecentosessanta gradi. Una mano gelida mi sfiora le membra, è lei, la grande signora, e con la sua dolce e calda voce mi sussurra: <<Buongiorno Spirito Libero, sei venuto a trovarmi malgrado oggi io non sia tanto compiacente, ammiro la tua perseveranza e per tanto amore mostratomi ti svelerò il mio volto.>> La mano che mi accarezza da gelida diventa calda, un raggio di sole sfiora la mia schiena, le nubi improvvisamente spariscono mostrandomi la cima da raggiungere. I giochi di luce sulle rocce creano un’immagine onirica, tale da intravedere in esse il suo volto. Proseguo a destra per il Cuel Mauron, districandomi dentro il fitto mugheto. In breve raggiungo la forcella che collega le due cime. A settentrione solo nebbia, come se l’affilata forcella fosse il confine tra giorno e notte,  vita e morte. Nella fitta mugheta è impossibile perdersi, sei obbligato a seguire l’unica traccia. Superando un canalone risalgo l’erto pendio che mi porta sull’esposta cresta del Cuel Mauron, con cautela guadagno la base rocciosa di una paretina, lascio un bastoncino a terra, arrampicandomi per il breve tratto con passaggi elementari (6 metri di I grado inferiore). Ho quasi raggiunto la cima, ancora alcuni passaggi tra roccette e balze erbose ed avvisto la piccola croce in metallo posta su un cumulo di sassi. Sgancio lo zaino, lo posto accanto alla croce e proseguo lungo la cresta con l’ausilio dell’altro bastoncino da trekking che inspiegabilmente mi sono portato al seguito. Passeggio più che esplorare, come se stessi deambulando per le vie di Parigi. Me ne rendo conto da solo, cammino con irriverenza, quasi comico, visitando le elevazioni più vicine. Scorgo un sasso incastrato in modo surreale, ricordo di averlo visto sul web. Ritorno indietro sui miei passi, riguadagno la cima, lasciandomi incantare dal gioco delle nuvole che velano le cime circostanti a loro piacimento. È meraviglioso tutto quello che mi circonda, fa freddino, mi ero già coperto in salita dopo la gelida carezza. Mi rannicchio presso lo zaino, continuando ad ammirare questo oceano bianco di umidità e roccia. Salire in vetta con questo meteo è folle, è da lupi, da lupi solitari. Ricordo di avere al seguito in una tasca dello zaino un libro di Herman Hess, Il lupo della Steppa. Lo prendo, ne leggo un capitolo, mentre intorno un vento gelido gioca a spettinarmi. Consumo un frutto, osservo in lontananza i minacciosi cumulo-nembi che mi consigliano di affrettare il rientro. Ripreso lo zaino, scendo dalla vetta, prima superando con attenzione la paretina e la successiva cresta. La discesa verso il punto di partenza è dolce e breve. Non sono affaticato, anzi, mi sento carico. Tutto intorno è luminoso, come se fosse ritornata la primavera, è una chimera, una dolce illusione che raccolgo come un dono prezioso, dentro il mio cuore.

Il vostro Forestiero Nomade.

Malfa.




























































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