Anello del monte Vualt dalla Val Alba.
Note tecniche.
Localizzazione: Dolomiti – Alpi Carniche Orientali: Gruppo
Zuc della Bor.
Avvicinamento: Tolmezzo- Moggio Udinese-Val Apua- Seguire la
forestale per la Val Alba- Rifugio Vualt- Posteggiare presso spiazzo con
indicazioni CAI, quota
Punto di Partenza
Dislivello:
Dislivello complessivo:
Distanza percorsa in Km: 16 km.
Quota minima partenza: 1055m.
Quota massima raggiunta: 1725 m.
In: Solitaria.
Tipologia:
Naturalistica.
Difficoltà: Escursionistica.
Segnavia: CAI 422-425
Tempo percorrenza totale: 6 ore.
Fonti d’acqua: Torrente Riu di Val; Casera Vualt.
Attrezzature: Nessuna.
Cartografia consigliata. Tabacco 018.
Periodo consigliato: Primavera-Autunno.
Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.
Data: 16 ottobre 2016.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa.
Relazione.
Finalmente
arriva un fine settimana all’insegna del bel tempo, la domenica promette bene,
anzi divinamente bene. Approfitto del meteo favorevole preparando l’escursione
avente il punto di partenza lo spiazzo posto a metri 1055 di quota nella valle
di Alba; così ritrovo la bellissima
località montana, circondata dal gruppo di cime dominate dallo Zuc della Bor. L’ambiente
è severo, non ha nulla da invidiare alle Dolomiti.
Per il giorno
dell’escursione la sveglia è prevista in piena notte, ma a causa di un inizio
di raffreddore che mi tiene sveglio anticipo la partenza, recandomi anzitempo
presso la località. La notte è illuminata da una luna piena, per strada
incrocio chi rientra dai locali notturni: loro vanno a dormire e per me è solo
l’inizio. Mi sento un pipistrello, che girovaga nella lunga notte. Arrivo nello
spiazzo della località di partenza, la luna illumina le creste dei monti, odo
il silenzio, prendo dal portabagagli una coperta che tengo come emergenza e mi
avvolgo in essa, lasciandomi coccolare dal tepore emanato dal mio corpo. Gli
occhi si socchiudono, odo il canto della civetta, che con la sua litania mi
accompagna nel mondo onirico, così raggiungo in breve Morfeo. La luna illumina
il mio volto, togliendogli gli anni e rendendolo più giovane, piacevole, quasi
etereo, cullando con la sua fredda luce i sogni del ragazzo che non volle
crescere. Ricordo poco di quello che ho
sognato, ho visto la montagna, immaginandola come una donna che accoglie i suoi
amanti tra le fronde, catturando la loro anima, come Circe con Odisseo. Il
risveglio è dolce, sbadiglio, stiracchiandomi. Esco fuori dall’abitacolo, l’aria
è fresca, sopportabile, ancora assonnato apro il portabagagli, indosso gli
scarponi. Zaino in spalle e sogni al seguito, sono pronto per la nuova
avventura. Conosco bene il tratto inziale della strada forestale, per un paio
di chilometri con pendenza sostenuta si spinge in direzione nord, fino a
raggiungere il prato dominato dalla casera Vualt (quota 1168). Questo breve
tratto l’ho percorso in compagnia di una coppia di genitori, anch’essi diretti
a casera Vualt per recupere il loro pargolo (scout). Raggiunta quest’ultima,
vengo invitato a colazione dalle “giovani marmotte”, ringrazio rifiutando cortesemente
l’invito. Nell’osservare l’edificio visto i precedenti ho
una gradevole sorpresa, la struttura è in perfetto ordine e pulitissima, i giovanotti
sanno come va trattata la montagna e il suo mondo. Riprendo il cammino seguendo
l’evidente sentiero numerato 425 che parte alla sinistra della casera in direzione
sud-ovest. Quest’ultimo con dolce pendenza guadagna quota, lambendo i bastioni
meridionali del monte Vualt fino a raggiungere l’omonima forcella (quota 1282
m). Spettacolo! La visione va sulla Val
Apua, dominata dalla sua Regina, ovvero la bellissima “Grauzaria”, questa
visione da sola merita tutte le fatiche fin qui affrontate, ma so che sono
appena all’inizio. La mulattiera ben marcata comincia a perdere quota tagliando
in diagonale, percorrendo sotto le placche rocciose il versante occidentale del
monte Vualt. In breve raggiungo il letto di un torrente Riu di Val (ometti). Lo
guado. Pochi metri dopo la traccia si biforca: Il sentiero 425 prosegue a
sinistra perdendo quota verso il bel borgo di Dordolla, io proseguo a destra, seguendo
la traccia tratteggiata in nero sulla mappa, essa risale il canalone a sinistra.
Un cartello con indicazione per il monte Forchiadice e la forcella superiore e
una serie di bolli blu mi confermano che sono sulla traccia giusta. Il sentiero
è sin da subito erto, risale tra i pini silvestri, fiancheggiando l’impluvio
fino a raggiungere la diradata faggeta sotto la cresta. La piccola valle viene baciata
dal sole nascente, nel frattempo incontro degli escursionisti solitari. Nel
breve scambio verbale mi informano che presso la casera Forchiettis si svolge una
castagnata. Li ringrazio della nuova e proseguo per tornanti poco sotto la
forcella che congiunge il monte Forchiadice con il monte Vualt, innestandosi
sul sentiero 422. La mulattiera ben marcata risale a fil di cresta gli ultimi
metri, sono rapito dalla bellezza del paesaggio. Splendore! La Grauzaria e il
Sernio dominano l’ambiente, sono spettacolari, scatto tante foto a raffica. Ogni
nuvola, ogni raggio di sole cambia il tutto, come non amare la montagna, se con
così poco ti rende felice. Sento delle voci, l’aerea mulattiera si appresta a
passare davanti ad una casera, c’è una festa animata da tantissimi
escursionisti, da tempo non vedevo in quota tanta gente, mi sembra di essere a una
sagra paesana. Il mio spirito solitario cerca di passare tra di loro inosservato,
non l’avessi mai pensato, vengo fermato da un amico, il gestore mi invita per
una pasta asciutta, ringrazio fissando lo sguardo alla meta vicina. Una labile
traccia mi porta tra i mughi a raggiungere la vetta, noto delle presenze umane
in cima, ma presto abbandonano. Ci incrociamo poco sotto: tre donne e un uomo,
simpatici! Raggiungo la cima e me la godo in perfetta solitudine. Comincio a
sentire freddo, mi copro, evidentemente l’influenza sta facendo il suo corso.
Ammiro le cime circostanti, con il passare del tempo sempre più familiari,
consumo il pasto, riprendo energie e mi avvio al rientro cedendo la solitudine
della vetta ad altri escursionisti. Poco prima della casera dove si festeggia la
castagnata mi defilo, coperto dai mughi, che personalmente ho sempre definito
per svariati motivi “santi”. Salvo! Ho evitato la massa, mi giro indietro e il
mio sguardo è catturato da due presenze apparentemente opposte, direi che sto
sognando se non avessi registrato le loro forme nella macchina fotografica. Un
vecchio e una bimba. Mi viene in mente la canzone di Francesco Guccini” il
vecchio e il bambino”, la fantasia vola. Il vecchio, sicuramente avrà visto
quel paesaggio sin da quando era bimbo, accompagnato dal suo papà. Osserva la
Grauzaria con una sensazione di “ultima volta”. Leggo tanto amore nel suo
sguardo, amore per la vita che volge al termine, che ha vissuto intensamente e
che mai e poi mai vorrebbe lasciare. Le nuvole
avvolgono le bianche rupi della Regina di Moggio, un giorno come per magia
rapiranno il suo spirito accompagnandolo nel mondo dei sogni. Alla sua destra poco
più in là una bambina, anch’essa solitaria, gioca con i sassi costruendo un
ometto, un ometto tutto nuovo. Il futuro è davanti a lei, sorride ad essi, ai
suoi giocattoli, freddi, tondi e luminosi, li chiama per nome. Il suo volto esprime
gioia per un futuro ancora da scrivere, dentro me mi dico:<<La vita è
bella caro Beppe, e va vissuta attimo per attimo.>> Riprendo il cammino,
ho il cuore colmo di emozioni, in una frazione di tempo ho incontrato due
spiriti liberi, due bimbi, due vecchi, due saggi, ho incontrato lei, la
montagna, l’essenza della vita. Riprendo il cammino, la bella mulattiera
scavata nel fianco del monte perde quota, attraversando il versante nei suo
aspetti più pittoreschi. Mi lascio catturare dai colori caldi e luminosi
dell’autunno, ammirando la vegetazione. Presso una panca ricavata da un tronco
d’albero effettuo una breve sosta, poggio lo zaino a terra e mi siedo. I raggi
solari mi accarezzano, mi invitano a lasciarmi andare, abbandonandomi al
piacere, è solo un breve momento, ma ha una forza rigeneratrice. Riprendo il
cammino, la mulattiera di guerra perdendo quota attraversa il prato dominato
dal possente rudere dell’ospedale da campo costruito durante il primo conflitto
mondiale. Le pareti occidentali del Chiavals dominano la valle e l’escursione
volge al termine. La mulattiera raggiunta la forestale prosegue a meridione fino
a pervenire presso la casera Vualt e successivamente il posto auto, che ritrovo
affollato di mezzi e di escursionisti. Rientro a casa, percorrendo sotto questo
sole autunnale la bellissima pianura Friulana, inebriato dalle recenti emozioni.
Il vostro
“Forestiero Nomade”.
Malfa.
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