Col
Palalis
Localizzazione:
Colline moreniche che Si estendono nella zona nord-orientale della provincia di
Pordenone, ai piedi delle Prealpi Carniche, tra il fiume Meduna e il torrente
Cosa.
Avvicinamento:
Lestans- Toppo-Solimbergo- stradina per il poligono di tiro- dopo l’ancona
Santa Fosca parcheggio su uno dei lati della carrareccia.
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
Provincia
di: PN
.
Dislivello:
192 m.
Dislivello
complessivo: 192 m.
Distanza percorsa in Km: 5,24
Quota minima partenza: 240 m.
Quota
massima raggiunta: 374 m.
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 2 ore
In:
coppia con Klimt
Tipologia
Escursione: escursionistica-naturalistica
Difficoltà:
escursionistiche
Tipologia sentiero o
cammino: carrareccia
Ferrata- no
Segnavia:
CAI
Fonti
d’acqua: nessuna
Impegno
fisico: basso
Preparazione
tecnica: bassa
Difficoltà
di orientamento: nessuna
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: barattolino
in vetro
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
Consigliati:
Periodo
consigliato: tutto l’anno
Da evitare da farsi
in:
Dedicata a: chi ama
l’ambiente selvatico
Condizioni del
sentiero: carrareccia in disuso
Percosso idoneo per
portare cane al seguito: si
Cartografici: IGM Friuli
– Tabacco
2) Bibliografici:
3) Internet:
Data dell’escursione: 02
dicembre 2025.
Data di pubblicazione
della relazione:
Il colle Palatis o
Palasis, una fuga vicino casa, alla ricerca di quel selvaggio che anima lo
spirito e dona ai sensi quel sapore di Libertà. Conosco bene i colli che da
Usago a Sequals creano un argine naturale, sicuramente sono l’ultima
testimonianza di quando gli immensi ghiacciai dominavano la pianura Friulana,
anche se non si è eruditi in geologia non è difficile immaginare le lingue
dell’infinito glaciale elemento che spingeva i detriti a valle, accumulandoli e
creando questi dolci declivi, che oggi grazie all’abbandono umano sono
selvatici e impenetrabili. Ci ho dormito per lunghe notti, alloggiavo presso
una forcella, e con ragazzi di diverse regioni d’Italia, ma il nostro sguardo
era catturato dal sole nascente a oriente, a mondi lontani, ignorando che
vivevamo per una settimana tra le braccia di Artemide. I bracconieri di notte
ci volevano far paura, ma erano loro a rischiare se entravano nel nostro
territorio, di certo sarebbero diventate le nostre prede. Il nostro cuore era
rapito dai voli mattutini dei rapaci, e i 365 scalini prima della vetta del
colle intonavano una litania, mentre i cinghiali e le volpi osservavano
incuriositi il nostro incedere. Dopo otto lustri rimpiango quelle settimane,
come questa che precede il Natale, a vivere in mezzo alla natura, disegnando e
sognando, amando e vivendo, e dopo che ritornai sul luogo come per magia
riascoltai quelle voci provenire dal passato, un tempo in cui si era giovani e
si fantasticavano più odalische giovani e ardenti che il silenzio di Artemide.
Oggi rieccomi su uno di questi colli, che è stato anche di recente generoso di
emozioni, stavolta parto da una remota Ancona che precede di pochi metri il bel
borgo di Solimbergo. Sono in compagnia del mio migliore amico, Klimt, lupo
nello spirito e buono come un fratello. Percorriamo l’agreste tratturo sino
alle pendici del colle e sorprendentemente scoviamo una remota carrareccia,
ampia abbastanza da far passare un trattore
che risale ripidamente il versante settentrionale del colle. Tra le orme sulla
fanghiglia scopro quelle di un lupo, le seguo e di seguito anche quelle di
camoscio, seguo entrambe e avverto la presenza del fratello carnivoro,
l’avverte e ne sente l’odore pure klimt, per questo salendo stiamo uniti,
temiamo il selvatico animale e allo stesso tempo lo amiamo. È meraviglioso
vagare nel fitto bosco, tra affioramenti rocciosi, secolari castagni e ciliegi.
In questo periodo il battuto è ricoperto di ricci di castagne e dalle stesse
zigrinate foglie, il rumore dei miei scarponi sulle secche foglie secche è la musica che accompagna il nostro incedere,
la meta non è distante, è lassù, e ringrazio la memoria da sessantenne che
dimentica e ritrova le emozioni. Non mi ricordavo più il percosso, anche perché
forse l’ho fatto da un altro sentiero; quindi, mi godo l’emozione come se fosse
la prima volta. Ultime svolte prima della vetta, che poi altro non è che due
macigni del periodo glaciale portati su e levigati dal tempo. Uno a destra e
l’altro alla sinistra del sentiero, entrambi coperti da una fitta boscaglia di
rovi, e le spine come armi difendono l’integrità del luogo, la memoria mi
spinge a destra, consiglio all’amico klimt di aspettarmi di sotto con lo zaino,
e proseguo con un bastoncino da trekking che adopero come bastone e come
machete per liberarmi dai terribili rovi. Qualcuno di essi mi ferisce,
sanguino alla mano, ma non mi arrendo,
risalgo un masso di primo grado e ne raggiungo l’inerbito vertice, fatta!
Guardo ai piedi, tra le fogli cadute riemerge come dai ricordi un piccolo
barattolino di vetro con un foglietto rosso all’interno, ero stato su un lustro
fa, e leggendo gli altri visitatori notavo il nulla, il secondo visitatore dopo
cinque anni sono sempre io, allora con me c’era la mia compagna e Magritte,
l’indimenticabile amico, una forte emozione mi rapisce e si ravvivano i ricordi
Adesso sono qui con Klimt, che mi guarda
incuriosito dal basso, lo tranquillizzo, e dopo aver aggiunto la nuova data sul
vetusto foglietto rosso, richiudo il barattolo, e lo adagio dove lo avevo
trovato, tra le rinsecchite foglie di quercia e ciliegio. Ridisceso dal masso
mi avvicino a Klimt, riprendo lo zaino e la via del ritorno, la grigia giornata
e il rischio di pioggia non mi consiglia di proseguire e mi ritengo
soddisfatto. Presso una zolla d’erba ai bordi del tratturo ci fermiamo per
pensare e fare merenda, e di seguito riprendiamo il ripido cammino, stavolta
tutto in discesa. Del lupo avvertiamo ancora la presenza, ma esso è clemente
con noi, ci ha riconosciuti e protetti. Certe sensazioni le si avvertono anche
se è difficile esporle. Raggiunta la base del colle ritorniamo indietro fino
all’auto, ammirando all’orizzonte il magnifico panorama dove il Raut è
l’incontrastabile signore.
Malfa.





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