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venerdì 19 settembre 2025

Monte Chiarandeit da Forchia di Meduno (PN)


Monte Chiarandeit da Forchia di Meduno (PN)

 

Note tecniche.

Localizzazione: Prealpi Carniche Sottogruppo Valcalda-Verzegnis- Ciaurlec.

 

Avvicinamento: Lestans-Meduno- presso il borgo prendere la rotabile con destinazione Campone- Lasciare l’auto in uno dei numerosi spiazzi presenti presso la Forchia di Meduno.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

Provincia di: Pordenone

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Dislivello: 500 m.

Dislivello complessivo: 500 m

Distanza percorsa in Km: 8, km

Quota minima partenza: 630 m.

Quota massima raggiunta: 1079 m.

Tempi di percorrenza escluse le soste: 5 ore

In: Coppia con Klimt

Tipologia Escursione: naturalistica

Difficoltà: escursionistica

Ferrata- valutazione difficoltà:

Segnavia: CAI locale- bolli arancioni e segni C.A.I

Fonti d’acqua: no

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: media

Attrezzature: no

Croce di vetta: no

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: si

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1) Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028

2) Bibliografici:

3) Internet:

2) Periodo consigliato: tutto l’anno.

3)

Percosso idoneo per portare cane al seguito: si

 

4) Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato

 

Consigliati:

Data: 06 settembre 2025

Malfa

 

Con l’escursione odierna completo il viaggio che mi ha portato in poche settimane ad ascendere prima il Monte Cereis e di seguito il Chiarandeit, le due piccole elevazioni poste sul fianco occidentale del Monte Ciaurlec/Valinis.

È stato un ritorno al passato, alle brevi escursioni di un tempo che erano la mia palestra prima di affrontare le più rinomate elevazioni, e confesso anche oggi, che nel piccolo spesso ho trovato grandi tesori che le grandi montagne non hanno. Il piacere del cammino è sempre lo stesso di sempre, con una maggior conoscenza della natura che mi circonda, dalla flora alla fauna. Per questa escursione l’appuntamento è lo stesso luogo, la Forchia di Meduno, ultimamente molto frequentata sia dai teutonici per via dell’attività di parapendio che si svolge sul monte Valinis, dai numerosi ciclisti che ascendono stoicamente da Meduno tramite i curvoni stradali  del monte. Presso un ampio slargo lascio l’auto, mi appronto, e assieme al frenetico Klimt iniziamo l’avventura. Stavolta ascendo il monte per la carrareccia che circumnaviga il monte, percorso che di solito utilizzo per la discesa, stavolta si inverte direzione. Appena cammino sopra l’appena citata arteria, sento dei colpi di fucile, sempre più roboanti e vicini, visto l’orario mi pare strano, sono appena le nove del mattino, e provengono da un avvallamento adiacente alla carrareccia, e confesso che sono molto fastidiosi e li trovo fuori luogo con l’ambiente. Mentre cammino urlo anche nella direzione degli spari, chiedo di farla finita, immagino che siano cacciatori che si esercitano, forse un poligono di tiro; infatti, poco più avanti trovo degli automezzi posteggiati su un lato della stradina e sul parabrezza serbano i vari permessi di accesso al luogo. Per fortuna vado avanti, e il cattivo rumore si fa sempre più lontano fino a svanire. Peccato questa mesta introduzione, mi sarebbe piaciuto ammirare nel cielo il volteggiare delle amiche poiane e udire il loro strido, sarà per un’altra volta. Dopo aver guadagnato quota uno squarcio nella vegetazione mostra le cime vicine e lontane, sono le Prealpi carniche, e tra esse ammiro con un sentimento di gioia e nostalgia le belle montagne che proteggono come un guscio la Val Tramontina, autentico gioiello friulano. Sosto seduto su un tronco messo di traverso ai margini della stradina, e mi  godo lo spettacolo. Tra i monti scorgo le inconfondibili moli del Monte Rest e del Monte Valcalda, un turbinio di ricordi che appaiono come cartoline sbiadite nella mia mente, il Maestro Vittorio Pradolin, Tino e Giorgio, Magritte, le nostre manutenzioni di sentiero e le mie solitarie. Klimt ha lo sguardo fisso all’orizzonte, chissà se legge il mio animo. Riprendo il cammino, la pendenza è moderata ma continua, il versante occidentale è un po' freddino ma all’orizzonte  dei luminosi raggi di sole annunciano il versante caldo e luminoso, quello meridionale. Raggiunto lo slargo sovrastante le Stalle di Cereis ( bel stavolo reso abitabile con confort) mi aspetta l’ultimo tratto prima di raggiungere la Stalla del Bianco, ampio prato con un piccolo stagno, immagine bucolica da acquerello. Dal luogo dovrei ascendere l’ultimo tratto del monte, scruto la mappa, il sentiero è tratteggiato in nero, ma nella realtà è poco intuitivo a causa dell’erbacce che coprono l’innesto della pesta. Qualcosa ricordo del passato, e con un po’ di fortuna e intuito trovo l’inizio sentiero che nei primi tratti come ho scritto è incerto a causa dei rovi e dell’invasiva vegetazione. Guadagnando quota la traccia viene fuori, ma ci vuole molta esperienza per capire ciò che è un sentiero da ciò che ci somiglia. La pendenza si è fatta molto ripida, specie nei primi cento metri di dislivello e in alcuni tratti di sprazzi di prato, dove diventa davvero erta, non mi ricordavo più dei passaggi e questo è una benevolenza. Poco prima della massima quota, c’è un alternarsi tra ripidi prati e piccola boscaglia, mi aiuto con  delle fettucce bianco-rosse che utilizzo come segnavia legandole ai rametti, li lascerò per i prossimi avventori. Ultimi metri ed ecco una gabbia di alberelli bassi, quasi cespugli che mi consigliano di aggirare tramite il ripido prato prima di raggiungere la massima elevazione, un ometto minimalista creato dal sottoscritto tempo fa, e oggi giacente tra le fronde, solitario, sormontato un semplice ramo secco, e alcuni sassi sparsi intorno.  Sgancio lo zaino, lo adagio per terra, e Klimt si accuccia accanto ad esso, nel frattempo provvedo a sistemare l’ometto, cercando intorno altri sassi, e di seguito a istallare un barattolo di vetro con un piccolo libretto dove i viandanti possono apportare il segno del loro passaggio. Foto di rito e mi sposto con Klimt e zaino fuori dalla selva, al cospetto del bel paesaggio che spazia dalla meravigliosa cresta del Raut, ai colli e borghi sottostanti che precedono la pianura, fino alla stessa pianura friulana. Una meraviglia, estraggo dallo zaino la borsa viveri, e adopero lo stesso come un comodo cuscino, per potermi sollazzare assieme al mio grande amico. Il momento è magico, disteso sul prato mi godo il meraviglioso paesaggio, una buona oretta trascorsa a consumare il rancio e asservare anche il minimo particolare, riempendo il cuore e lo spirito di emozioni. Klimt è stupendamente curioso, la sua testolina si muove in tutte le direzioni, alla ricerca di più odori possibili, di immagini da collezionare per poi poterle sognare, un autentico viaggio nel suo mondo, quando il miglior amico dell’uomo fu il lupo! Una gioia infinita condividere con Klimt il paradiso, la visione dalla vetta, ma anche per noi è giunta l’ora del rientro. Zaino in spalle e klimt al seguito, si rientra per lo stesso sentiero, ops, traccia dell’andata, finché giunti alla casera in basso, stavolta viriamo a sinistra, imboccando il sentiero segnato C.A.I nominato “Anello del Cereis “che ci riporta a inizio escursione. Questo bel sentiero, diretto, ha solo due punti dove prestare più attenzione, per il resto in breve tempo conduce alla Forchia, proprio a pochi metri dal monumento dedicato agli alpini. Una volta giunti in auto, ci approntiamo per il rientro, felicissimi , percorrendo i bei tornanti che conducono a Meduno, e di seguito nella valle friulana.

Malfa.






















































 

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