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venerdì 15 maggio 2020

Monte Rossa e monte Taiet da Forno.

  
Monte Taiet e Monte Rossa da Forno (Ed era il 4 maggio). -

Note tecniche.

Localizzazione: Prealpi carniche

Avvicinamento: Lestans- Tavesio-Clauzetto-Seguire le indicazioni per Pierlungo, poco sotto la frazione Forno lasciare l'auto p prima della omonima selletta (m 605, presso un comodo parcheggio accanto il monumento a Giacomo Missana).

Dislivello: 830 m.

Dislivello complessivo: 830 m.

Distanza percorsa in Km: 10

Quota minima partenza: 605 m.

Quota massima raggiunta: 1369 m.

Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore

In: Coppia

Tipologia Escursione: escursionistica

Difficoltà: escursionisti esperti

Segnavia: CAI 820.
Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: bassa

Attrezzature: no

Croce di vetta: si

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: si

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

1)          Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028.
2) Bibliografici:
3) Internet:

2)          Periodo consigliato: aprile-ottobre

3)          Da evitare da farsi in: Condizione di sentiero umido o in presenza di ghiaccio
Condizioni del sentiero: ben marcato e segnato

Fonti d’acqua: no

Consigliati: ramponcini da erba in caso di bagnato

Data: 05 maggio 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa
  
Avevo due paure
La prima era quella di uccidere
La seconda era quella di morire
Avevo diciassette anni
Poi venne la notte del silenzio
In quel buio si scambiarono le vite
Incollati alle barricate alcuni di noi morivano d’attesa
Incollati alle barricate alcuni di noi vivevano d’attesa
Poi spuntò l’alba
Ed era il 25 Aprile
Giuseppe Colzani



Esordisco con questa relazione sul monte Taiet e il monte Rossa con un’intensa poesia di Giuseppe Colzani, ispirata al “25 Aprile”, il giorno della Liberazione per il nostro paese.
In questo 2020 per noi italiani il giorno della liberazione è stato il 4 maggio, il giorno in cui potevamo finalmente uscire dal territorio comunale, breve e opprimente come un lager.

Per questa escursione Giovanna e io abbiamo scelto il 5 maggio e la meta preferita è stata la dorsale del monte Rossa e Taiet, lontana pochi chilometri da casa.
Alle prime ore del mattino perveniamo nella località di Forno, testimone degli ultimi scontri armati tra l’Esercito Regio e quello austroungarico durante la Grande Guerra.
 I colli prativi ci ricevono e guidano al punto di partenza, presso uno spiazzo con adiacente il monumento a Giacomo Missana (trucidato dai nazifascisti un anno prima della Liberazione). La giornata è fresca e il cielo terso, ed è infinitamente divino e liberatorio indossare lo zaino e avviarsi per la meta.
Risaliamo il costone del Cuel di For segnato CAI 820, che sin dai primi metri si svela ripido, per poi assumere una minore pendenza. Il percorso si snoda tra i due versanti e a volte sembra di rasentare la cresta, finché si sposta nel versante nord-occidentale. Le fronde della vegetazione spesso celano la visuale, ma si cammina con brio e passo lesto. Spesso ci fermiamo per fotografare o erigere ometti, la giornata promette bene e oggi la signora fretta non viaggia con noi.
Conseguita per pochi metri la cresta presso la località Forchiazza (1052 m.), iniziamo il tratto più faticoso dell’escursione: dopo un malfido traverso risaliamo il ripido canalone, che grazie alle scarse piogge è meno insidioso di come si appare. Al culmine del canalone percorriamo una piccola crestina per poi comparire a ridosso degli erbosi e morbidi colli sommitali (1225 m).
Un sentiero tra i ciuffi d’erba ci conduce a un piccolo belvedere, breve sosta per poi riprendere il cammino e addentrarci nel vallone interno che tanto ricorda le località d’alto alpeggio.
Adesso il sentiero assume le fattezze di una remota strada campestre, in fondo al vallone intravediamo la Malga Lovet, ora adibita a riparo per i viandanti. Effettuiamo una breve visita di cortesia nei locali. Leggendo dal libro dei visitatori apprendiamo che il 25 aprile alcuni eroici irriducibili hanno visitato i locali, per omaggiare tutti coloro che 75 anni prima, trovavano in questo edificio rifugio contro gli oppressori nazifascisti.
Un paio di fiocchi tricolore legati alle cerniere delle porte sono testimoni dell’eterna riconoscenza che il popolo italiano deve agli sventurati partigiani.
Lasciata la malga, proseguiamo a oriente, alla ricerca di un sentiero che ci guida sulle due cime.
Avvertendo che la cresta è vicina e in vista, risaliamo il pendio boschivo fino a raggiungerla, la prima vetta del Taiet è toccata, dal pulpito panoramico sempre ad oriente avvistiamo una croce e la vetta del Monte Rossa, la nostra prossima meta.
Stavolta percorriamo la cresta tramite una labile traccia simile a quella creata dai cacciatori. Dopo molteplici sali scendi, raggiungiamo la croce e con essa la vetta del monte Rossa. Sganciamo gli zaini con un gesto liberatorio e ci abbracciamo, missione compiuta. Fa freddino per via di alcune nuvole che spesso oscurano il sole e le normali correnti di quota. Ci copriamo e dopo aver firmato il libro di vetta si passa al momento ludico, ovvero riprendere le energie con un lauto pranzo a sacco.
La sosta è breve, continua a fare freddo, scendiamo in libera, abbassandoci velocemente di quota, Giovanna si mostra più lesta di me, i miei scarponi anche se leggeri non hanno una suola molto efficiente sul ripido versante coperto di fogliame.
Raggiunta la carrareccia possiamo ammirare i ruderi della Malga di Rossa, per poi riprendere il cammino a ritroso. La traccia ufficiale per la vetta parte pochi metri dopo, un cartello esplicativo indica il punto di attacco del sentiero; utile per chi non volesse come noi andare in vetta a ruota libera.
Il rientro è accompagnato dalla solare atmosfera e dall’intenso azzurro del cielo, il passo è dolce e lieve, non abbiamo premura, dedicando il tempo all’ammirazione del paesaggio. Raggiunto il parcheggio una grande soddisfazione si legge nei nostri volti, il nostro 5 maggio è stato davvero il giorno della liberazione, della rinascita, liberi dalle recenti costrizioni che non immaginavamo di dover subire.

Concludo la relazione che anche noi avevamo due paure:
La prima era quella di non uscire più di casa
La seconda era quella di morire e di non vedere più la natura
Avevamo un’età matura
Poi venne la notte del silenzio
In quel buio si scambiarono le vite
Incollati alle tv alcuni di noi morivano d’attesa
Incollati alle tv alcuni di noi vivevano d’attesa
Poi spuntò l’alba
Ed era il 4 maggio.

Il Forestiero Nomade.
Malfa.






























































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