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martedì 12 maggio 2020

Monte Fara - ieri e oggi ; agosto 2006-maggio 2020



Monte Fara - ieri e oggi ; agosto 2006-maggio 2020


Note tecniche.

Localizzazione: Prealpi - Prealpi Venete - Gruppo Col Nudo Cavallo

Avvicinamento: Maniago -Maniago Libera direzione ponte di Ravedis- Un centinaio di metri prima del ponte che sovrasta la diga si trova uno spiazzo per auto, il punto di partenza (cartello CAI) a pochi metri sul versante opposto della statale.

Dislivello: 1008 m.

Dislivello complessivo: 1008 m.

Distanza percorsa in Km: 12 chilometri.

Quota minima partenza: 360 m.

Quota massima raggiunta: 1342 m.

Tempi di percorrenza escluse le soste: 4, 5 ore.

In: Solitaria

Tipologia Escursione: Paesaggistica

Difficoltà: Escursionistica.

Segnavia: CAI 967; 983;

Impegno fisico: medio

Preparazione tecnica: media

Attrezzature: no

Croce di vetta: si

Ometto di vetta: si

Libro di vetta: si

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028.
2) Bibliografici:
3) Internet:

Periodo consigliato: tutto l’anno

Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero:

Fonti d’acqua: no

Consigliati:

Data: 13 agosto 2006; 04 maggio 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa





Il monte Fara è il bel rilievo dalla forma di pandoro che domina e protegge la frazione di Montereale Valcellina. Nei miei ricordi serba un posto particolare, essendo stata tempo fa una delle prime elevazioni con cui inizia il mio vissuto escursionistico. La mia prima conquista del monte risale all’anno 2006, allora effettuai la partenza dal versante nord, precisamente dalla frazione di Bosplans, presso Andreis.
Stavolta come versante di partenza ho scelto quello meridionale, presso il ponte di Ravedis. L’inizio del sentiero è materializzato da un cartello CAI, posto ai margini della statale che collega Maniago a Montereale Val Cellino. L’escursione non presenta peculiari difficoltà di orientamento; la prima parte del cammino si sviluppa tramite il sentiero 897, esso, ben marcato, risale le pendici del Monte Jouf, costeggiando l’iniziale forra, sino alla Forcella della Croce.
Lungo il tragitto effettuo una sosta per visitare la chiesetta di San Antonio, luogo di culto di cui le origini si perdono nel tempo. Lo storico sentiero è lastricato a sassi e usurato dal tempo, esso, con pendenza costante, si addentra nel fitto bosco, assumendo le chiare fattezze di un’antica e importante arteria di accesso e scambio commerciale tra la popolazione montana e quella della pianura. Una tangibile testimonianza sono i numerosi segni incisi dalle slitte sugli antichi sassi del tracciato. Una volta raggiunta la Forcella della Croce mi trovo davanti a un crocevia, seguo le indicazioni per il monte Fara tramite il sentiero segnato 883.
Il percorso sin da subito è ripido e a volte ha un andamento tortuoso, e spesso alterna passaggi in cresta con altri all’interno del fitto bosco. Le brevi uscite sulla cresta danno respiro all’escursione, per poi rientrare all’interno dell’ombrosa macchia. L’ultimo passaggio dentro la faggeta porta alla quota più alta del monte, materializzata da una rudimentale croce costruita con rami avvizziti. La croce ufficiale di vetta si trova in fondo all’erboso prato sommitale. Posta a metà tra le due croci sventola una bandiera tricolore con su tinto il nome del monte e un enorme cuore rosso. Raggiunta la croce in metallo, scorgo alla base e tra i sassi un contenitore cilindrico sempre in metallo con libro di vetta, ben chiuso e sigillato e per questo motivo non mi sono ingegnato ad aprirlo. Effettuo una breve sosta per recuperare energie, mangio qualcosa mentre volgo lo sguardo all’estesa pianura friulana. Dopo la breve sosta rientro per il medesimo sentiero d’andata, che grazie alla sua ripidezza in breve mi riporta al punto di partenza.
Tirando le somme, l’escursione si è rivelata remunerativa, non difficile tecnicamente e poco faticosa malgrado i mesi di inoperatività.
Concludo la relazione, con la piena soddisfazione provata dopo l’inoperatività dovuta alla “Pandemia”. L’escursione sul monte Fara è stata una sincera rinascita, un toccasana per il corpo e lo spirito.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.




Beatitudine
"Color di perla quasi informa, quale
conviene a donna aver, non fuor misura".
Non è, Dante, tua donna che in figura
della rorida Sera a noi discende?

Non è non è dal ciel Beatrice
discesa in terra a noi
bagnata il viso di pianto d'amore?
Ella col lacrimar degli occhi suoi
tocca tutte le spiche
a una a una e cangia lor colore.
Stanno come persone
inginocchiate elle dinanzi a lei,
a capo chino, umíli; e par si bei
ciascuna del martiro che l'attende.

Vince il silenzio i movimenti umani.
Nell'aerea chiostra
dei poggi l'Arno pallido s'inciela.
Ascosa la Città di sé non mostra
se non due steli alzati,
torre d'imperio e torre di preghiera,
a noi dolce com'era
al cittadin suo prima dell'esiglio
quand'ei tenendo nella mano un giglio
chinava il viso tra le rosse bende.

Color di perla per ovunque spazia
e il ciel tanto è vicino
che ogni pensier vi nasce come un'ala.
La terra sciolta s'è nell'infinito
sorriso che la sazia,
e da noi lentamente s'allontana
mentre l'Angelo chiama
e dice: "Sire, nel mondo si vede
meraviglia nell'atto, che procede
da un'anima, che fin quassù risplende".
Gabriele D’Annunzio.



























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