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giovedì 5 marzo 2020

Monte Strabut da Tolmezzo.

 Montagna: Monte Strabut da Tolmezzo

Note tecniche.

Localizzazione: Alpi Carniche

Avvicinamento: Lestans, Pinzano, Cornino, Interneppo, Tolmezzo- Dentro il capoluogo carnico seguire le indicazioni per la Torre Picotta, ampio parcheggio poco sotto i prati deli ruderi del castello.

Dislivello: 830 metri.

Dislivello complessivo: 830 metri.

Distanza percorsa in Km: 8 chilometri.

Quota minima partenza: 320 metri.

Quota massima raggiunta: 1104 metri.

Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore.

In: Solitaria.

Tipologia Escursione: naturalistica paesaggistica. 

Difficoltà: Escursionistiche, a parte brevi tratti resi infidi per fogliame e ripidezza del terreno.

Segnavia: CAI 459
Impegno fisico: medio.

Preparazione tecnica: medio bassa.

Attrezzature: nessuna.

Croce di vetta: NO.

Ometto di vetta: no.

Libro di vetta: no.

Timbro di vetta: no.

Riferimenti:

1)          Cartografici: IGM Sicilia – Tabacco 013.
2) Bibliografici:
3) Internet:

2)          Periodo consigliato: tutto l’anno.

3)          Da evitare da farsi in: Condizioni di sentiero ghiacciato o umido.
Condizioni del sentiero: ben battuto e segnato.

Fonti d’acqua: no.

Consigliati:

Data: 28 febbraio 2020

Il “Forestiero Nomade”
Malfa

 Il monte Strabut è la montagna che non ti aspetti. Da più di tre lustri frequento le belle sommità che cingono il capoluogo carnico: dalla più nota e frequentata, ovvero l’Amariana, a quelle circostanti che riservano gradite sorprese, ma lo Strabut, confesso e ne sono pentito, lo avevo in precedenza e a torto sempre ignorato.
Comparo il mio atteggiamento avuto in passato allo spirito presuntuoso dei novelli, consideravo facile lo Strabut e alla portata di tutti, questo modo di pensare per fortuna con l’età va scemando.
Le recenti vicissitudini mi portano a scoprire rilievi apparentemente facili e che possano prestarsi da palestra per la ripresa fisica. Arrivo a Tolmezzo a metà mattinata e ho dei seri problemi a trovare il punto di partenza, che successivamente apprendo trattasi dell’ampio parcheggio urbano posto poco sotto la località dominata dalla torre “La Picotta”.  Anche in questa avventura ho scelto come compagno il fedele Magritte, una volta approntati, si parte.
A occidente del parcheggio una graziosa stradina si incunea dentro le ultime abitazioni, poco dopo mi ritrovo in un ampio prato che accoglie i ruderi di quello che fu una volta un castello.   I segni Caì li individuo dipinti sulle cortecce degli arbusti e cercando con più attenzione li distinguo anche ai margini del prato. Poco dopo la stradina asfaltata un segno biancorosso indica l’inizio del cammino silvano, a sinistra sale la carrareccia che porta alla torre Picotta, la percorrerò in discesa al rientro.
Il primo tratto di sentiero è caratterizzato dalla presenza di giovani e avvenenti signore in compagnia di prole e cani, come inizio non c’è male, è sicuramente un inno alla bellezza e un ottimo auspicio per il seguito.
La traccia marcata e segnata taglia in diagonale le pendici sud-orientali dello Strabut, essa attraversa la vegetazione tipica dei rilievi esposti al sole tra cui l’assolata pineta. Il tragitto non dovrebbe essere faticoso, per il sottoscritto trattasi della prima uscita annuale di un certo rilievo. Osservando la morfologia del terreno e leggendo la mappa cerco di intuire come si svilupperà l’andamento del percorso, dal basso scorgo gli alti bastioni sommitali, che mi appaiono impraticabili a livello escursionistico. L’arcano viene subito svelato, dopo un tratto quasi pianeggiante, il sentiero, con una serie di stretti tornanti, si inerpica dentro un canalone fino a raggiungere una spalla erbosa ed esposta sul versante orientale. Superato l’ostacolo effettuo una breve pausa, godendomi la fioritura delle primule che adornano il bel versante. Consumo una barretta energetica per recuperare energia e briosamente riprendo il cammino.
Supero un paio di passaggi articolati, percorro un adrenalinico tratto aereo, in controtendenza rispetto all’andamento di quello precedente, intuisco che esso mira al vertice del monte. Un cartello Cai mi indica che a destra si prosegue fino a incontrare la carrareccia, io seguo le indicazioni a sinistra, la direttissima per la cima.  Adesso la traccia non è ripida, intuisco che guadagno quota, finché finalmente dalla vegetazione sbucano le antenne dei ripetitori televisivi. Fatta anche stavolta, ho raggiunto la cima dopo circa 830 metri di dislivello.
Il sentiero sbuca da dietro le strutture dei ripetitori, incrociando la carrareccia di servizio, non è un bel vedere quello a cui vado incontro, anzi direi proprio un obbrobrio per l’agglomerato di tralicci e parabole, è fa anche freddo a causa dell’esposizione alle correnti d’aria.
Mi copro velocemente e cerco un angolo aprico e riparato dal vento. Stavolta si pranza, abbisogno di calore e delle calorie del cibo. Dalla posizione del punto di sosta adocchio la cresta dell’Amariana e la valle tolmezzina. Effettuata la pausa, riprendo il cammino, dalla cima tralascio un sentiero non Cai, quindi mi oriento nella sicura forestale che scende a settentrione. La carrareccia di accesso non appare percorsa di recente, essa perde rapidamente quota rivelando il paesaggio innevato a nord.
L’inconfondibile re Sernio sovrasta le cime secondarie, entrambe innevate sono uno splendido scenario. Dopo il lungo tratto in discesa incrocio un paio di cartelli Cai, quello a destra è il sentiero che porta al cartello incontrato in precedenza in salita. Proseguo, dopo alcune centinaia di metri altre indicazioni Cai, stavolta svolto a sinistra della carrareccia, quest’ultima traccia con indicazioni Cai porta alla mulattiera che dal versante occidentale raggiunge il punto di partenza e completa l’anello. Il percorso, trovandosi sul versante occidentale è ampliamente rivestito di foglie e in alcuni tratti è infido. A volte la traccia ingannevolmente risale per poi ridiscendere vertiginosamente con una serie di stretti tornanti. Nulla da rilevare durante il cammino sul lungo sentiero, sennò il prestare attenzione agli eventuali scivoloni. Presso la caratteristica località “La Picotta”, tralascio il sentiero principale e percorro la cresta che porta alla torre omonima.
Durante l’ultimo tratto di cammino incontro due simpatiche ragazze carniche, toste e belle, una vera forza della natura, instauro una breve e simpatica conversazione per poi riprendere il cammino.
Presso la torre Picotta incrocio altri escursionisti, salgo l’esterna gradinata metallica dell’edificio che mi porta al tetto, da dove mi godo il panorama a 360 gradi. Dalla torre il percorso in discesa è gradinato, il centro abitato di Tolmezzo è vicino, dopo una serie di tornanti sono a ridosso dei prati che ospitano i ruderi del castello.  Il prato è frequentato dai tolmezzini e i loro fidi, ho tempo di dedicarmi ad altre conversazioni con i nativi prima di porre fine all’escursione. Mentre il sole si appresta a discendere, raggiungo l’auto e mi appronto per il rientro. Durante il percorso in superstrada ho modo di ammirare la mole che ho appena scalato; una montagna che sorprendentemente si è rivelata selvaggia e solitaria, esattamente quello che desideravo in questo distinto periodo della mia esistenza.
Il forestiero Nomade.
Malfa.














































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