Montagna: Cima Pala da Somp Cornino
Note tecniche.
Localizzazione: Prealpi Carniche
Avvicinamento: Lestans- Pinzano-Somp Cornino-Trovato spiazzo con
cartelli CAI, si lascia l’auto.
Dislivello: 700 metri.
Dislivello complessivo: 730 metri.
Distanza percorsa in Km: 10 chilometri.
Quota minima partenza: 180 m.
Quota massima raggiunta: 901 metri.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore
In: Solitaria.
Tipologia Escursione: Naturalistica
Difficoltà: Escursionistica.
Segnavia: CAI 817
Impegno fisico: medio basso.
Preparazione tecnica: bassa.
Attrezzature: nessuna.
Croce di vetta: no.
Ometto di vetta: si,
eretto dal sottoscritto.
Libro di vetta: no.
Timbro di vetta: no.
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Sicilia – Tabacco 020.
2) Bibliografici:
3) Internet:
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato: tutto l’anno.
3)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero: ben segnato e marcato.
Fonti d’acqua: fontanelle
Consigliati:
Data: giovedì 20
febbraio 2020.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Malfa
Per solennizzare la
duecentesima prima cima di Magritte ho deciso di continuare l’escursione
precedentemente effettuata sul monte Pedroc.
Il punto di partenza è identico, si inizia il cammino dalla periferia di
Somp Cornino, l’ampio spiazzo posto difronte una villetta. Tutto il primo
tratto di sentiero è un richiamo alla precedente avventura, la comoda
mulattiera mi porta in alto sino agli stavoli di Ledrania, da quest’ultimi proseguo
sino allo stavolo di Clapons, dove abbandono la strada di campagna che continua
a serpeggiare per l’altopiano del Monte Prat.
Lo stavolo Clapons è
un crocevia, da esso dipartono più sentieri, decido di percorrere quello che
porta alla località Slagut (nome preso da una tabella esplicativa). L’escursione
nasce sotto i migliori auspici, mi godo questa bellissima giornata all’insegna
del sole, la penultima che precede un periodo grigio e uggioso, quindi le gambe
sono tonificate e incitate dal clima primaverile.
Percorro la
carrareccia, osservando il mio incedere: non claudico e non mi pare vero, dopo la
recente operazione all’arto è un’autentica rinascita, mi basta pensare a questo
per essere felice, come quando diciassette anni smisi di fumare, iniziando anche
allora una nuova vita a cui di seguito ho dato il nome di Montagna.
Percorro questa via vetusta
evitando le deviazioni per la cima Pedroc, nessun cartello CAI, c’è solo da
camminare a settentrione e di tanto in tanto osservare a sinistra i rilievi, perché
è quella la direzione dove scorgerò la meta.
Di queste alture ho vaghi
ricordi e che affiorano dall’oblio, penso di essere stato in questo luogo undici
anni fa, quindi vale la pena per rivivere il tutto e poi si tratta di una buona
propedeutica.
Un sentiero
accidentato a sinistra del tracciato attira la mia attenzione, l’elevazione che
adocchio penso che sia quella della cima Pala. Percorro la traccia, fiducioso
che sia quella giusta e dopo un centinaio di metri sfioro i ruderi degli
stavoli di Cima Pala. Con meticolosa attenzione
mi addentro tra le rovine, attratto da un architrave e una antica porta, esse persistono
a testimonianza di un passato che non rivivrà.
Rientrato sul sentiero,
percorro pochi metri e poco dopo gli stavoli mi trovo in un’ansa prativa dominata
da un gigantesco faggio. È meravigliosa la sua apertura di rami verso il cielo,
come se volesse toccarlo, mi fermo ad ammirarlo, girandogli intorno. Oltre il
maestoso albero la traccia si perde, proseguo di istinto verso crinale, dove
supero alcuni perimetri segnati da ciottoli.
Alcuni cumuli di sassi
a forma di capanna richiamano la mia attenzione ma non trovo nessuna apertura,
mi chiedo in origine quale sia stata la loro funzione.
Ora mi ritrovo nei
pressi della cima, in assenza di ometto o simbolo religioso cerco il dorso con la
quota più alta. Ecco, l’ho trovato, ma è in mezzo alle ramaglie, mi sposto di un
paio di metri a occidente presso un masso, dove con religioso fare erigo un
piccolo ometto sormontato da una croce realizzata con due rami secchi e legati
tra essi con nastro segnalatore biancorosso. Con l’amico peloso decidiamo di
fare sosta e merenda, ce la siamo meritata, ma visto che il punto dove abbiamo
eretto l’ometto è umido e spruzzato di neve, ci spostiamo di poco, su un masso
bianco, isolato e assolato.
La sosta è breve, ma
basta per deliziarci, durante la consumazione del rancio ci distraiamo con il
volo dei grifoni, osservarli è un vero toccasana per l’anima. Finita la pausa,
decidiamo di rientrare alla base, per il medesimo percorso dell’andata.
Dovrebbe essere cosa facile, ma poco dopo gli stavoli di cima Pala, mi accorgo
di aver smarrito Magritte. Sul momento mi prende il panico, ma l’angoscia dura
solo una frazione di secondo, dopo aziono il GPS e con continui richiami vocali
ripercorro il cammino a ritroso, cercando tra i colori bruni il rosso vivo del
suo guinzaglio. Conoscendo Magritte, sarà rimasto fermo e immobile aspettando
il mio ritorno, difatti lo trovo agganciato per il guinzaglio a un ramo secco e
a pochi metri dalla cima. Naturalmente, felicissimo per il ritrovamento del
fido, me lo abbraccio e bacio e da come scodinzola il piacere è reciproco e
intenso. Scampato il pericolo rientro per lo stesso percorso dell’andata e
senza ulteriori sorprese, ovviamente di tanto in tanto guardo se il guinzaglio
e l’amico sono ancora agganciati al sottoscritto. Rifare l’escursione dopo un decennio è stato amabile.
Il mio eroico Magritte ha messo il sigillo 200 sulle cime conquistate, l’escursione
poteva finire in tragedia, ma l’episodio dello smarrimento di Magritte ha
aggiunto emotività alla conquista.
Il Forestiero Nomade.
Malfa
Nessun commento:
Posta un commento