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lunedì 2 marzo 2020

Cima Pala da Cornino

Montagna: Cima Pala da Somp Cornino
Note tecniche.

Localizzazione: Prealpi Carniche

Avvicinamento: Lestans- Pinzano-Somp Cornino-Trovato spiazzo con cartelli CAI, si lascia l’auto.

Dislivello: 700 metri.

Dislivello complessivo: 730 metri.

Distanza percorsa in Km: 10 chilometri.

Quota minima partenza: 180 m.

Quota massima raggiunta: 901 metri.

Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore

In: Solitaria.

Tipologia Escursione: Naturalistica

Difficoltà: Escursionistica.

Segnavia: CAI 817

Impegno fisico: medio basso.

Preparazione tecnica: bassa.

Attrezzature: nessuna.

Croce di vetta: no.

Ometto di vetta: si, eretto dal sottoscritto.

Libro di vetta: no.

Timbro di vetta: no.

Riferimenti:

1)          Cartografici: IGM Sicilia – Tabacco 020.
2) Bibliografici:
3) Internet:

2)          Periodo consigliato: tutto l’anno.

3)          Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero: ben segnato e marcato.

Fonti d’acqua: fontanelle

Consigliati:

Data: giovedì 20 febbraio 2020.


Il “Forestiero Nomade”
Malfa

Per solennizzare la duecentesima prima cima di Magritte ho deciso di continuare l’escursione precedentemente effettuata sul monte Pedroc.  Il punto di partenza è identico, si inizia il cammino dalla periferia di Somp Cornino, l’ampio spiazzo posto difronte una villetta. Tutto il primo tratto di sentiero è un richiamo alla precedente avventura, la comoda mulattiera mi porta in alto sino agli stavoli di Ledrania, da quest’ultimi proseguo sino allo stavolo di Clapons, dove abbandono la strada di campagna che continua a serpeggiare per l’altopiano del Monte Prat.
Lo stavolo Clapons è un crocevia, da esso dipartono più sentieri, decido di percorrere quello che porta alla località Slagut (nome preso da una tabella esplicativa). L’escursione nasce sotto i migliori auspici, mi godo questa bellissima giornata all’insegna del sole, la penultima che precede un periodo grigio e uggioso, quindi le gambe sono tonificate e incitate dal clima primaverile.
Percorro la carrareccia, osservando il mio incedere: non claudico e non mi pare vero, dopo la recente operazione all’arto è un’autentica rinascita, mi basta pensare a questo per essere felice, come quando diciassette anni smisi di fumare, iniziando anche allora una nuova vita a cui di seguito ho dato il nome di Montagna.
Percorro questa via vetusta evitando le deviazioni per la cima Pedroc, nessun cartello CAI, c’è solo da camminare a settentrione e di tanto in tanto osservare a sinistra i rilievi, perché è quella la direzione dove scorgerò la meta.
Di queste alture ho vaghi ricordi e che affiorano dall’oblio, penso di essere stato in questo luogo undici anni fa, quindi vale la pena per rivivere il tutto e poi si tratta di una buona propedeutica.
Un sentiero accidentato a sinistra del tracciato attira la mia attenzione, l’elevazione che adocchio penso che sia quella della cima Pala. Percorro la traccia, fiducioso che sia quella giusta e dopo un centinaio di metri sfioro i ruderi degli stavoli di Cima Pala.  Con meticolosa attenzione mi addentro tra le rovine, attratto da un architrave e una antica porta, esse persistono a testimonianza di un passato che non rivivrà.
Rientrato sul sentiero, percorro pochi metri e poco dopo gli stavoli mi trovo in un’ansa prativa dominata da un gigantesco faggio. È meravigliosa la sua apertura di rami verso il cielo, come se volesse toccarlo, mi fermo ad ammirarlo, girandogli intorno. Oltre il maestoso albero la traccia si perde, proseguo di istinto verso crinale, dove supero alcuni perimetri segnati da ciottoli.
Alcuni cumuli di sassi a forma di capanna richiamano la mia attenzione ma non trovo nessuna apertura, mi chiedo in origine quale sia stata la loro funzione.
Ora mi ritrovo nei pressi della cima, in assenza di ometto o simbolo religioso cerco il dorso con la quota più alta. Ecco, l’ho trovato, ma è in mezzo alle ramaglie, mi sposto di un paio di metri a occidente presso un masso, dove con religioso fare erigo un piccolo ometto sormontato da una croce realizzata con due rami secchi e legati tra essi con nastro segnalatore biancorosso. Con l’amico peloso decidiamo di fare sosta e merenda, ce la siamo meritata, ma visto che il punto dove abbiamo eretto l’ometto è umido e spruzzato di neve, ci spostiamo di poco, su un masso bianco, isolato e assolato.
La sosta è breve, ma basta per deliziarci, durante la consumazione del rancio ci distraiamo con il volo dei grifoni, osservarli è un vero toccasana per l’anima. Finita la pausa, decidiamo di rientrare alla base, per il medesimo percorso dell’andata. Dovrebbe essere cosa facile, ma poco dopo gli stavoli di cima Pala, mi accorgo di aver smarrito Magritte. Sul momento mi prende il panico, ma l’angoscia dura solo una frazione di secondo, dopo aziono il GPS e con continui richiami vocali ripercorro il cammino a ritroso, cercando tra i colori bruni il rosso vivo del suo guinzaglio. Conoscendo Magritte, sarà rimasto fermo e immobile aspettando il mio ritorno, difatti lo trovo agganciato per il guinzaglio a un ramo secco e a pochi metri dalla cima. Naturalmente, felicissimo per il ritrovamento del fido, me lo abbraccio e bacio e da come scodinzola il piacere è reciproco e intenso. Scampato il pericolo rientro per lo stesso percorso dell’andata e senza ulteriori sorprese, ovviamente di tanto in tanto guardo se il guinzaglio e l’amico sono ancora agganciati al sottoscritto.  Rifare l’escursione dopo un decennio è stato amabile. Il mio eroico Magritte ha messo il sigillo 200 sulle cime conquistate, l’escursione poteva finire in tragedia, ma l’episodio dello smarrimento di Magritte ha aggiunto emotività alla conquista.
Il Forestiero Nomade.

Malfa 




























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