Monte Chiampon ( 1709 m.) e Deneal (1701 m.) dalla malga
Cuarnan
Note tecniche.
Localizzazione: Prealpi Giulie.
Avvicinamento: Lestans-Cornino-Majano-Osoppo-Gemona-seguire
le indicazioni per la Malga Cuarnan. Lasciare l’auto poco prima della malga
presso uno spiazzo.
Località di partenza: Spiazzo poco sotto la malga Cuarnan
Località di arrivo: Rivoli Bianchi
Dislivello: 800 m.
Dislivello
complessivo: 1000 m.
Distanza percorsa in Km: 14 chilometri.
Quota minima partenza: 967 m.
Quota massima raggiunta: 1709 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore massimo.
In: Coppia.
Tipologia Escursione:
Escursionista naturalista per sentieri a tratti selvaggi.
Difficoltà: Escursionisti Esperti.
Segnavia: CAI 713
Impegno fisico: Alto.
Preparazione tecnica: Media
Attrezzature: Si.
Croce di vetta: SI.
Ometto di vetta: Si.
Libro di vetta: Si.
Timbro di vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici: IGM Friuli-Venezia Giulia – Tabacco
020.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo consigliato: maggio-ottobre
Da evitare da farsi in: Condizioni di terreno umido o
ghiacciato.
Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.
Fonti d’acqua: No.
Consigliati:
Data: 13 giugno 2019.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
Se dalla pianura
friulana si scruta a nord-est un monte attrae la nostra attenzione, esso spicca
tra le catene montuose per mole e forma, e il suo nome è Chiampon. Cima alta
1709 metri, Tempo fa scoprii che ha una cima
gemella di 8 metri più bassa e prende nome di Deneal. Incuriosito da
quest’ultima elevazione, viaggio nel web alla ricerca di notizie, ma trovando
ben poco materiale di interesse.
Il Deneal rispetto al fratello maggiore (Chiampon) è molto
meno frequentato e più ardimentoso da raggiungere. Conosciuto sicuramente dagli
escursionisti locali, l’avvicinamento presenta alcuni passaggi alpinistici.
Roberto, il grande amico, da tempo sapeva di questo mio desiderio e gentilmente
si è offerto di farmi da compagno di ventura.
Si parte prestissimo, all’alba ci troviamo al Fungo( locale
con ampio parcheggio presso Gemona), lasciamo la prima auto presso la sella di Sant’Agnese
e con l’altra proseguiamo sino alla sella Foredor (quota1080 m.), punto di
partenza.
Nell’anno in corso sono già al terzo tentativo per il
Deneal, le prime due volte sono stato respinto per stanchezza improvvisa e
presenza di neve ghiacciata sul sentiero. Una volta giunti alla malga Cuarnan, ci
approntiamo per il cammino, nel frattempo sopraggiunge un‘auto con due giovani,
che in un batter d’occhio si preparano e volano per il Chiampon, intuiamo che
sicuramente realizzeranno L’alta Via di Gemona. Noi procediamo a passo lento
per il Chiampon, il cielo non è lindo, delle strane nubi adombrano la volta
celeste. Nel primo tratto di sentiero che
collega la sella Foredor alla cima del Chiampon sono presenti numerose targhe
con i nomi delle vittime decedute sul monte. Comincio ad associare la forma a M
del monte non solo alla parola “Montagna” ma anche “Morte”, Il Chiampon non va
sottovalutato e va affrontato con rispetto. Durante l’ascesa veniamo raggiunti
da un escursionista, con quest’ultimo Roberto commenta i vari incidenti
accaduti lungo il sentiero, alcuni di quelli morti li conosceva, insomma non si
presenta proprio come un’ascesa ilare. Anche la prima volta per me (nella
primavera del 2007) non fu proprio briosa, percorrendo le strade della
cittadina di Gemona, chiesi informazioni sulla via di accesso alla malga
Cuarnan a un simpatico signore, che gentilmente mi rispose (non proprio
incoraggiandomi) che proprio il giorno prima era morto un’escursionista sul
monte. Ancora oggi ricordo bene la prima ascesa, e l’adrenalina che provai passando
sul passo della signorina, per la discesa allora optai per il sentiero che
porta ai Rivoli Bianchi. Ritornando al racconto, raggiunto il cupolone
sommitale, ci concediamo pochi minuti per la sosta, ne approfittiamo per
indossare i guanti per proteggere le mani, ben sapendo che ora inizia la vera
avventura.
Il primo tratto che percorriamo è la cresta che collega le
due cime, fino a che la stessa si assottiglia e si fa esposta. Erroneamente tra
i mughi sul versante occidentale scorgiamo un varco ingannevole, questo ci
illude di poter aggirare l’ostacolo (la parete esposta), invece ci porta ad sfidare
un muro insormontabile di mughi. Dopo una serie di tentativi decliniamo
l’impresa, decidendo di scendere in basso e così ravanando ci apriamo un varco
tra i mughi.
Raggiunto il sentiero che porta alla casera Scric ( CAI 713),
lo percorriamo per un breve tratto, poi di nuovo illusi di aver visto un varco
tra i mughi miriamo ai lontani ghiaioni. Purtroppo, anche questa illusione annega
di nuovo nella marea dei mughi, l’impari lotta con il santo mugo ci sfinisce, ne
usciamo afflitti da questo oceano verde. La logica alternativa del percorrere l’affilata
cresta è di scendere dal Chiampon tramite il sentiero CAI, sino ai resti di un rupestre
recinto di sassi per poi proseguire a sinistra, sicuramente avremmo trovato un
varco tra i mughi, ma ahimè, tutto questo lo scopriremo solo al ritorno. Ora ci
ritroviamo alla base di un ghiaione, piroettiamo su dei enormi macigni
dirigendoci alla base della parete orientale del Deneal. Serpenti di ghia ci
guidano tra i verdi e bassi mughi, zizzagando con un percorso libero risaliamo
la china, finché raggiunto l’apice della penultima lingua di ghiaia, un varco
nella mugheta di destra ci permette di transitare sull’ultimo canale. Con l’ausilio
dei mughi ci caliamo nell’alveolo di sassi. Dovremmo fare una breve sosta per
riflettere sul proseguo, ma Roberto va a esplorare il vertice del canalino, mentre
io, incautamente, mi avventuro in una traccia che risale una ripida parete con
passaggi di secondo grado esposti. In pochi passaggi mi ritrovo su un‘affilata
cresta, esposta su entrambi i lati, cerco un varco tra i mughi, mi avvedo che è
un’impresa immane. Roberto nel frattempo conquista la cima e non vedendomi
sbucare dal basso s’inquieta, mi scorge dall’alto e con urlando una serie di “bip
e Dio bon “mi esorta a tornare indietro, seguendo la sua via di ascesa. Ripercorro
a ritroso il mio ardito passaggio, lascio lo zaino dentro un antro e salgo per
il percorso indicatomi da Roberto. L’ultimo tratto non è molto impegnativo, ci
sono passaggi di primo grado e più su una marcia ed esposta roccia. Con l’aiuto
dei mughi, (Roberto ha messo una corda), raggiungiamo il tratto che precede la
vetta, che è poco esposto e scalinato. Fatta! Deneal conquistato, ci
abbracciamo. Sul cocuzzolo verde
troviamo un corposo ometto, con annessa cassetta con libro di vetta. Ci
rilassiamo, scarichiamo la tensione accumulata, la volta sopra di noi è
variegata: a oriente è offuscata e adombra le vette circostanti, sopra di noi stranamente
è sgombra di nubi. Durante la meritata sosta abbiamo tempo per scherzare e
concederci alla contemplazione, per poi riprendere il cammino, stavolta per i
Rivoli Bianchi.
Il primo tratto della discesa è impegnativo, la roccia a cui
dovremmo appigliarci si stacca come burro dalla parete e questo rende infida la
discesa. Raggiunta la base del canalino proseguiamo per il lungo il ghiaione,
prima tra grossi blocchi, che man mano che ci abbassiamo di quota si fanno più
minuti. Decidiamo di innalzare una serie di ometti per rendere meno impegnativo
l’ascesa a chi verrà dopo di noi, e leghiamo alla vegetazione delle fettucce segnalatrici
finché sbuchiamo per la precaria traccia presso i ruderi del rupestre ovile.
Altri ometti costruiamo fino ad incrociare il sentiero CAI 713, che pochi metri
dopo sprofonda nel bosco. Ora le nostre fatiche dovrebbero essere allievate,
invece il bosco è lungo e noioso e nasconde qualche insidia. Un grosso masso
instabile mi cade addosso appena lo sfioro, per poco non mi frattura un arto.
Dopo un lungo cammino, raggiungiamo gli stavoli di casera Scric, il ricovero è
bello, anche se la segnaletica lascia a desiderare.
Dentro la simpatica recinzione troviamo dei tavoli ricavati
da tronchi d’albero, qui lasciamo gli zaini e apparecchiamo per il lauto
pranzo, tirando fuori dagli zaini gli alimenti, talmente lauti da poter saziare
un plotone di soldati.
Il momento ludico è accompagnato anche da una visita
all’interno dell’edificio, dove possiamo apprendere dalle foto ingiallite dal
tempo, la storia dei personaggi locali che hanno frequentato lo storico stavolo. Mi colpisce tra i volti un
tipo con un baffo particolare, che sa di un misto tra eremita, pastore e nomade,
leggo Cicuti, sarà un soprannome. Le belle immagini in bianconero o di colori
sbiaditi richiamano alla memoria il tempo che fu.
Finita la visita di cortesia all’ospitale casera,
riprendiamo gli zaini per il rientro. Proseguiamo sempre per il sentiero CAI
numerato 713. Dopo poche centinaia di metri raggiungiamo un prato dove brucano le
simpatiche mucche, una di esse sembra avercela con me, mi insegue e spinge sino
ai margini del bosco, Roberto se la ride nel gustarsi la spassosa scena.
Un lungo e tortuoso rientro ci attende nella fitta vegetazione,
il sentiero perde costantemente quota e il caldo non fa che aumentare la sete,
ponendo a serio rischio le nostre riserve idriche.
Dopo la lunghissima discesa raggiungiamo il bivio a ridosso
di un secco impluvio che procede la forca di Ledis. Non manca molto alla fine
della nostra avventura, stavolta attraversiamo un paesaggio roccioso e affascinante,
i dirupi rocciosi sono incantevoli, si cammina stando con il naso all’insù. La
sete si fa sentire ma un dolce e inaspettato suono ci rassicura, si sente non
lontano la sinfonia dello scorrere dell’acqua, in basso troveremo una fresca
fonte dove ci disseteremo. Poco prima del tratto finale che precede il poligono
militare, avvistiamo un simpaticissimo soldato di vedetta. Lo informiamo dei
nostri propositi, ed egli, gentilmente, ci fa passare, avvisando nel frattempo
del nostro passaggio l’altra vedetta a valle.
Roberto per risparmiarmi altri metri di dislivello, decide
di andare a riprendere la prima auto presso la sella di Sant’Agnese, io dovrei fermarmi
ad aspettarlo, ma procedo sino all’imbocco della statale. Una volta ricongiunti
si prosegue per i “Pioppi”, noto locale di ristoro posto alla periferia nord di
Gemona, per concederci l’unica, fresca, limpida, soave, rigenerante, meritata e
bionda birra ristoratrice. La giornata escursionistica volge alla fine, ma
durante la discesa dalla sella Foredor (con entrambe le auto), un enorme falco
che con il suo elegante e portentoso volo ci guida fino alla pianura. L’arrivo
in pianura suggella la nostra avventura, con una nuova storia da raccontare e
un’amicizia più vigorosa che mai.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
Nessun commento:
Posta un commento