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martedì 11 giugno 2019

Anello dei Falcons e monte Slenza Ovest dalla val di Gleris


Anello dei Falcons e monte Slenza Ovest dalla val di Gleris (anello completo con un solo automezzo)                            

Note tecniche.



Localizzazione: Alpi Carniche centrali.

Avvicinamento: Pontebba, carreggiabile per la Val Aupa. Poco prima del borgo di Aupa, girare a sinistra percorrendo la forestale che si inoltra nella Val Gleris. Presso un cartello CAI con indicazioni lasciare l’auto in un ampio spazio adibito alla sosta.

Località di Partenza: Presso un cartello CAI con indicazioni lasciare l’auto in un ampio spazio adibito alla sosta.





Dislivello: 700 m.





 Dislivello complessivo: 1000 m.





Distanza percorsa in Km: 16 chilometri.





Quota minima partenza: 812 m.



Quota massima raggiunta: 1693 m.



Tempi di percorrenza escluse le soste: 6 ore.

In: Solitaria



 Tipologia Escursione: Selvaggia-escursionistica.



Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionisti esperti.

Segnavia CAI  429.

Impegno fisico: Alto.

Preparazione tecnica: media.

Attrezzature: No.


Croce di vetta: Si, creata una dal sottoscritto.

Ometto di vetta: Si.

Libro di vetta: Si sullo Slenza.

Timbro di vetta: No.

Riferimenti:

Cartografici: IGM Friuli-Venezia Giulia – Tabacco 018.

Bibliografici:

Internet:

Periodo consigliato: giugno -ottobre

Da evitare da farsi in: Con meteo ostile o in presenza di ghiaccio o terreno umido.

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato, tranne lo Slenza che necessita di perizia tra i mughi.

Fonti d’acqua: Nessuna.

Consigliati:

Data: 09 giugno 2019

Il “Forestiero Nomade”

Malfa


Racconto:



Per questa nuova avventura ho riletto la mia precedente relazione ambientata nella valle di Gleris, ricopiando parte dell’introduzione. Allora la mia meta era la cima Valeri, stavolta percorrerò la lunga cresta, dai Falcons sino alla Cima Slenza Ovest. Di seguito riscrivo le emozioni che ho riprovato nel tragitto di avvicinamento.

…raggiunta la cittadina di Pontebba, seguo le indicazioni per la Val Aupa, percorrendo la stretta e panoramica rotabile. Giunto nei pressi di Studena Alta, mi fermo ad ammirare il bellissimo borgo sottostante, dipinto sui verdi pascoli dominati dalle lontane cime del Malvuerich e Creta di Pricot.  Sentimenti di felicità, misti a nostalgia si impossessano del mio stato d’animo. Io, che sono nato sul mare, provo malinconia per un mondo non vissuto. Io, che sono stato bagnato e unto dalla salsedine e ho respirato lo smog della città, mi commuovo nel sentire il profumo dell’erba, e ascoltare il suono dei campanacci appesi ai collari delle mucche. Me ne sto accanto al camino, a montare il latte dentro la pentola, mentre sotto di essa arde il fuoco.  Aspettando gli ordini del vecchio malgaro, per poi vagare libero nei prati, respirando quella sensazione di libertà. Riprendo il viaggio per la meta, inebriato, fino a raggiungere il successivo borgo di Frattis. Pochi metri dopo, proprio sotto il borgo di Aupa, un carreggiabile si dirama alla sinistra della rotabile, proseguendo per la bellissima Val Gleris. Mi fermo un attimo ad ammirare le Crete di Gleris, che si innalzano al cielo come pinnacoli. È impossibile resistere all’incantesimo. Se chiedete ad un bimbo di disegnare le montagne, in qualsiasi parte del mondo, egli le illustrerà come una serie di punte, poste in fondo ad una valle di abeti. Credetemi, tutti i bambini del mondo, inconsciamente disegnano la “Valle di Gleris”, e io, oggi, sono ritornato bimbo e ho ritrovato il mio disegno dell’infanzia perduta, riconoscendolo tra mille, e in esso vado a perdermi. La carrozzabile raggiunge il fondo valle, lascio l’auto presso un ampio parcheggio, preceduto da un cartello con indicazioni CAI. È un abbandono, perché essa, l’auto, in questo contesto è fuori luogo…

Dopo aver riletto il racconto, ho nutrito gli stessi sentimenti d’allora, la Val di Gleris è magica, solitaria, per spiriti liberi, e oggi ho di nuovo bisogno di dare sfogo al mio istinto primario, ovvero quello di errare per i monti.

Dopo aver sostato l’automezzo mi preparo, la solitudine ha il colore grigio delle prime ore del mattino, un silenzio da brivido pervade l’atmosfera, cerco invano calore accarezzando con lo sguardo le guglie delle sette picche baciate dal sole nascente.

Per la meta odierna seguo le indicazioni poste sui cartelli CAI. Guado l’ampio, secco e ghiaioso letto del Rio Gravon di Gleris, un paio di paletti con segni e radi ometti mi guidano fino alla sponda opposta. A tratti è anche divertente il passaggio, soprattutto quando saltello sui macigni.

Mi fermo a osservare per intuire lo svolgimento del cammino per la cresta e la risposta è eloquente: devo risalire il canalone che si chiude come un imbuto rovesciato, percorrendo la traccia segnata con evidenti bolli rossi che spiccano tra i mughi e le rocce perlacee e umide del mattino.

Procedo con un passo leggero che mi guida nell’ascesa. Le rade chiazze bianche di neve ricordano l’inverno che fu, mentre la luce mi attrae alla Forcella Alta di Ponte di Muro, dove una guglia dolomitica è di guardia. Mi fermo poco sotto l’intaglio ad ammirare le pareti orientali della Cima Est di Gleris e  tra esse mi si svela un intaglio di una forma che a me piace assai, vedo l’azzurro oltre i petali di roccia. 

Sono preso dal panismo, tutto è natura e poesia, e con una intensa emozione giungo alla sella, dove la traccia si biforca: a destra per la forcella di Pecora, e a sinistra per i Falcons.

 Sono rapito dal fascino delle pareti settentrionali del Zuc dal Bor, un’altra incantevole cartolina mi rapisce lo spirito. Basterebbe solo questa visione per proferire che l’escursione è stata magnifica, ma sono appena all’inizio della magica e misteriosa avventura. 

Procedo a sinistra per il detritico sentiero sfiorando un gendarme di pietra, e sceso di alcuni metri, percorro un’esile ed esposta cengia, l’adrenalina galvanizza l’anima.

Il traverso mi porta sopra una fitta mugheta, il sentiero scende rapidamente, fino a trovarmi in una posizione dove a oriente posso ammirare il dirupato e lunare versante che precede i Falcons.

La calata tra i mughi continua, tralascio di salire sulla creta di ponte di Muro, mi preoccupa di più la rapida perdita di quota visto che dovrei risalirla al ritorno. Attraverso alcuni repentini balzi e mi porto sulla labile traccia che taglia a mezza costa il versante orientale, fino a raggiungere una faggeta. Pochi metri dopo, in una aperta radura, sono al cospetto dei miseri ruderi di quello che resta della casera Ponte di Muro, mi attrae in particolare una cucina in muratura di chiara fattura militare.

Dei cartelli CAI sono posti al centro del crocevia, seguo le indicazioni per Pontebba, e continuo il viaggio tramite una mulattiera che si districa tra gli edifici bellici  risalenti al primo conflitto mondiale.

Seguo il sentiero che si perde tra la vegetazione per poi ritrovarlo poco sotto uno scosceso tratto che risalgo con stretti tornanti. Raggiugo per cresta la prima meta odierna, la vetta dei Falcons. Trovo sull’elevazione solo uno sparuto ometto e un paio di legni( rami secchi di mugo) per terra che sembrano dirmi: <<Beppo, uniscici, sposaci in una croce latina e crea un simbolo per chi ha fede nel dio dei poverelli.>> Ed è quello che realizzo, estraggo dalle tasche il filo di spago e lego i due rametti assieme a una fettuccia bianca-rossa, collocando il manufatto tra i sassi dell’ometto, mentre altri ne cerco e ne pongo per rendere più stabile la piccola croce lignea. Da agnostico ho trovato saggio e benevolo creare qualcosa per chi ha fede in questo simbolo, mi auguro che coloro che professano questa religione avranno lo stesso rispetto per quelli che non credono.

La visione dalla cima è a dir poco fantastica, da essa ammiro gran parte delle catene montuose del Friuli e della Carnia, lo spettacolo a cui assisto è semplicemente sensazionale, commovente, e non sono ancora finite le sorprese.

Dalla cresta osservo il proseguo dell’escursione, la cima del monte Slenza Ovest non appare tanto lontana, anzi sembra invitarmi, e ho ancora tantissime ore di luce a mia disposizione. Abbandonata la cima dei Falcons procedo a settentrione, il sentiero che segue è dolce, solo alcuni sali scendi per un cammino che si mantiene aereo.

Giunto presso un bivio, noto che la traccia principale scende a destra della cresta, sicuramente porta in basso, seguendo il percorso del sentiero CAI 429. Io, fidandomi del mio istinto, proseguo per la cresta e dopo pochi metri scorgo una fettuccia legata ad un ramo, ci sono! vado con emozione sullo Slenza ovest.



Il primo tratto è intuitivo, mi faccio largo tra i mughi e a volte mi dispero. Poi scorgo qualcosa che sa di passaggio e dei rami tagliati ne sono la prova, senza remore mi incanalo in questa via. Alcune fettucce in plastica lasciate da chi è passato in precedenza mi guidano nell’aggirare alcuni ostacoli. Raggiunta l’ante-cima percorro una cengetta fino a raggiungere la cima, dove un corposo ometto con annesso barattolo e libro di vetta mi annunciano che le mie fatiche sono finite.

Dalla cima dello Slenza la visuale si apre a 360 gradi, soprattutto sulle vicine montagne di confine tra cui troneggia il monte Cavallo da Pontebba. Finalmente posso concedermi una meritata pausa, me la prendo comoda, sistemo i materiali e filmo il paesaggio e poi dedicarmi a saziare l’appetito. Il libro di vetta consiste in un modesto barattolo di vetro con all’interno un paio di matite e un blocco note. Il primo visitatore è un certo P. C. ha impiantato il libro nell’ottobre del 2016, l’altro visitatore è asceso sempre di ottobre ma nel 2017, non ha molti frequentatori questa cima.  Mi godo la quiete, sono galvanizzato e sto divinamente bene.  Nel contemplare la bellezza che mi circonda mi prendo tutto il tempo che voglio, concedendomi anche poche parole della poesia del mitico Gabriele Dannunzio, tratte da “Meriggio” che bisbiglio a occhi chiusi, per amplificarne la poetica.

il monte è la mia fronte,
la selva è la mia pube,
la nube è il mio sudore.
E io sono nel fiore
della stiancia, nella scaglia
della pina, nella bacca,
del ginepro: io son nel fuco,
nella paglia marina,
in ogni cosa esigua,
in ogni cosa immane,
nella sabbia contigua,
nelle vette lontane.
Ardo, riluco.
E non ho più nome.
E l'alpi e l'isole e i golfi
e i capi e i fari e i boschi
e le foci ch'io nomai
non han più l'usato nome
che suona in labbra umane.
Non ho più nome nè sorte
tra gli uomini; ma il mio nome
è Meriggio. In tutto io vivo
tacito come la Morte.
E la mia vita è divina.

Gabriele Dannunzio



Finito il momento d’estasi e di poesia, riprendo lo zainoe mi cingo con esso per proseguire il cammino. A metà cresta dello Slenza, sul versante meridionale e tra i mughi scorgo un canalino che scende in basso, non è tanto ripido, e da spericolato che sono mi calo giù, quasi forse un gioco, uno scivolo. La fortuna anche stavolta mi è amica, sembra proprio che qualcuno sia passato da questo secco impluvio. Così seguendo il sinuoso alveolo del canale raggiungo i prati in basso sino a ritrovare il sentiero 429, ma l’avventura non è giunta a termine.

Pochi passi nel prato tra le due Slenze, il paesaggio è bucolico, da far fantasticare anche a chi nei sogni non crede e non cede. Seguendo il sentiero CAI, mi sposto a settentrione, ma pochi metri dopo i primi schianti mi figurano un ritorno non proprio riposante. Rapito da uno insolito intuito, decido di tagliare per boschi mirando in basso, tenendomi a destra del crinale del monte e del Rio della Croce. Ad un tratto non riesco ad andare avanti, mi sono smarrito e pentito della scelta: a destra ho delle esposte e infide pareti, di sotto solo dirupi, mi sposto a sinistra, anche perché tornare indietro è improbabile.

Mi fermo, guardo in basso nella selva, e scorgendo i tratti meno ripidi li seguo, zizzagando da destra a sinistra e viceversa, e cercando nel terreno tracce di passaggio di selvatici animali.

A volte scorgo qualche traccia, per fortuna so leggere la montagna e mi fido del mio istinto selvaggio, esso mi guida con sicurezza, come se in un’altra vita fossi stato un lupo, eh si, sono convinto di esserlo stato.

Ultima indecisione, ma scorgo alla mia destra una traccia, guado il rio ed eccomi percorrere un meno ripido terreno dentro il bosco. Stavolta odo anche il rumore di un arnese che un umano adopera poco lontano, e tra i verticali tronchi d’abete mi dirigo verso il suono, finché scorgo una carrareccia, un‘auto con una ragazza all’interno, e poco più là un uomo a liberare con un decespugliatore il tratturo dall’erbaccia. Ho sete, non lo nego, ho esaurito le scorte, mi avvicino e chiedo sfacciatamente dell’acqua e delle informazioni. Il ragazzo mi invita alla sua baita che dista solo cento metri.  Dissetandomi con l’acqua carnica e del fresco tè di pesca, instauro una veloce e affettuosa conversazione. Il generoso ragazzo conosce l’ospitalità, manifestando al viandante come ci si deve comportare, confermando l’animo munifico del grande popolo carnico.

Dopo essermi congedato, riprendo il cammino verso l’interno della valle di Gleris, e visto che mi trovo all’imbocco della stessa, dovrò camminare meno di un ‘ora. Purtroppo al causa del claudicare son lento, ma non è un problema, lo spirito è al massimo, oggi di più non avrei osato sperare. Poco prima dell’auto scorgo un camper, e da esso escono fuori due strane figure. L’uomo è pelato e dal volto bruciato dal sole, la donna dall’aspetto teutonico si muove con sensualità e dal volto somiglia ad un’attrice famosa, l’allegro pensiero vola ad una poesia di Guido Gozzano “Il rimorso”. Scambio alcune impressioni con l’uomo, poi mi avvio all’auto che dista solo pochi metri. Missione compiuta! È stata dura, ma ce l’ho fatta. Mi riprendo con calma dalla fatica, mi cambio gli abiti sudici di sudore.  Dopo essermi ripreso dalla fatica mi avvio lemme lemme per la strada del ritorno. Ripasso per il camper, l’uomo sta disteso sull’amaca mentre la compagna ignuda cattura il sole che sa di roccia, la dolce visione si sposa ai versi del cantore dell’amore.

Esco dalla valle disegnata dal bimbo con una dolce sensazione e una sicurezza “la vita è bella è va vissuta”, e chi non osa non gode.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.





































































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