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martedì 2 aprile 2019

Monte Chiampon dalla malga Cuarnan.

 
Monte Chiampon (1709 m.) dalla malga Cuarnan                               

Note tecniche.



Localizzazione: Prealpi Giulie.

Avvicinamento: Lestans-Cornino-Majano-Osoppo-Gemona-seguire le indicazioni per la Malga Cuarnan. Lasciare l’auto poco prima della malga presso uno spiazzo.

Località di Partenza: Spiazzo poco sotto la malga Cuarnan



Dislivello: 800 m.





 Dislivello complessivo: 800 m.





Distanza percorsa in Km: 7 chilometri.





Quota minima partenza: 967 m.



Quota massima raggiunta: 1709 m.



Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore massimo.

In: Solitaria.



 Tipologia Escursione: Escursionista naturalista.



Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionisti Esperti.

Segnavia: CAI 713

Impegno fisico: Medio.

Preparazione tecnica: Media

Attrezzature: Si.


Croce di vetta: SI.

Ometto di vetta: Si.

Libro di vetta: Si.

Timbro di vetta: No.

Riferimenti:

1)                  Cartografici: IGM Friuli Venezia Giulia – Tabacco 020.

2)                  Bibliografici:

3)                  Internet:

Periodo consigliato: maggio-ottobre

Da evitare da farsi in: Condizioni di terreno umido o ghiacciato.

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.

Fonti d’acqua: No.

Consigliati:

Data: 30 marzo 2019.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

 

Racconto:



C’è un principio basilare da seguire per gli spiriti liberi, il dettame è di non avere regole, quindi tutto va bene se fatto con uno spirito di libero non soggetto all’abitudine. Come scegliere la meta per un’uscita? Essa può essere selvaggia o frequentata, lontana o vicina, facile o difficile, la scelta dipende dalla congiuntura che si vive e da cosa ci chiede il cuore in quel medesimo istante.

La montagna che descriverò in questo racconto è il monte Chiampon, la salirò per la terza volta, l’ultima ascesa risale allo scorso ottobre, allora come oggi volli tentare il Deneal.

Il Deneal è l’elevazione posta all’estremità occidentale della lunghissima catena montuosa che sale poco sopra le sorgenti del Torre (M. Sochiplas) formando una lunga concatenazione di cime, da oriente a occidente. Oggi ho in mente di tastare per l’ennesima volta il Deneal, fisicamente sto bene e spiritualmente sono carico e ottimista. Partenza al mattino presto, alle ore 07:00 raggiungo la malga Cuarnan, dove mi separo dall’automezzo.

Un cielo terso e un sole radioso mi attendono fuori dall’abitacolo, sollecitandomi in breve a passare dallo stato inerte a quello frizzante. Indossati gli scarponi e preso lo zaino parto per la nuova avventura.

 Dalla sella Foredor, posso ammirare e studiare il percorso che mi attende, il ripido pendio erboso è un invito alla felicità, il sole nascente a oriente illumina e scalda il cuore. Il ritmo del passo è volutamente comodo, conosco bene il percorso, quindi mi concedo alla contemplazione di ogni singolo elemento della natura: fiore, albero, prato, roccia, ecc. ecc.

Disegno con lo sguardo tutte le forme che incontro, senza premura, ho tutto il giorno per me e questo fa che il cammino sia sereno. Farò sicuramente degli incontri, e questo non mi spiace. Per una volta non vado per sentieri selvaggi, non desidero che una predilezione diventi un’assuefazione, cosa c’è di più libero a questo mondo della contradizione stessa.

Mi ritrovo a ridosso del “Passo della Signorina”, ricordo bene la prima volta che affrontai questo breve tratto, mi fece una tale impressione, sia per le poco affidabili guide cartacee, e anche per la mia inadeguata esperienza.

Dal basso odo delle voci, deduco che non sono più solo, due coppie di escursionisti salgono su: la prima è composta da un gruppo di giovani e hanno un passo sostenuto, la seconda coppia, dall’andamento lento, è composta da un quarantenne e un trentenne, mi lascio superare da entrambe.

Avere qualcuno ai garretti mi crea uno stato d’ansia, preferisco essere da solo per un ampio raggio d’azione. Dopo l’ultima uscita sul monte Brusò, sono rimasto scottato dalla cattiva esperienza maturata, e questa escursione è un modo di fare pace  con il tipo di esperienza che io amo. Non vado in montagna per competere con nessuno, nemmeno con me stesso, per auto valutarmi impiego altri metodi, con più di cinquantacinque anni di età, so bene chi sono, quanto valgo e cosa posso pretendere da me. Sicuramente non mi metto in competizione con i giovani, che hanno più fisico e tecnica, da saggio diverrei una marionetta che si fa pilotare dall’ottusità. Ritengo che un certo tipo di competizione sia un atteggiamento valido per chi è insoddisfatto, io cerco la meditazione, la serenità, la gioia di vivere, sì, cerco e trovo il sole.

Superato il Passo della Signorina, mi aspetta il tratto più impegnativo, un ripido costone erboso, in pochi passaggi mi aiuto con le mani, per poi salire fino a sbucare alla base dell’erboso cupolone sommitale. Dai ripidi prati dorati vedo scendere una figura, un giovane dal sorriso luminoso, con al seguito un sacco al pelo, ha sicuramente passato la notte all’addiaccio. Mi fermo a conversare, mi riconosce, ci scambiamo un saluto di augurio e proseguiamo il cammino per le nostre strade. Giunto in vetta, ritrovo le due coppie che mi hanno superato in precedenza, ognuna divisa dall’altra da uno curioso silenzio che provvedo subito a rompere.

Saluto i presenti e mi compiaccio che il fiocco color passione sia ancora appeso alla croce che sovrasta il monte, ad esso è ancora legato un brandello della bandana; legai il tutto al sacro simbolo lo scorso ottobre, e da allora i fenomeni atmosferici hanno parzialmente modificato il colore e la forma, così resistendo fino al mio ritorno.

Dopo pochi minuti, le due coppie, quasi in simultanea, abbandonano la vetta per seguire il sentiero dell’andata, lasciandomi la magia della solitaria quiete. Ne approfitto per fare foto e studiarmi il Deneal, che a primo acchito non mi è benevolo.

Nel frattempo arriva un’amazzone, giovanissima, a stento riesco a credere che sia ventenne, ha un aspetto asciutto e dinamico. La giovane dopo alcuni minuti di permanenza in vetta, rompe il silenzio chiedendomi la provenienza, rispondo con gentilezza che sono palermitano, sorride, sorrido anch’io. Instaurando una piacevole conversazione commentiamo le cime circostanti, constato che malgrado la giovane età ne ha fatta di strada, e per questo mi complimento.

La ragazza, dopo aver firmato il libro di vetta abbandona la cima, così mi ritrovo per la seconda volta nella beatitudine della solitudine. Ma questo stato di benessere dura poco, nel frattempo arriva un giovane, anch’egli mi riconosce, confesso che questa piccola notorietà mi fa enormemente piacere. Instauro con il ragazzo una piacevole conversazione, scherziamo, ci facciamo anche un selfie con il proverbiale saluto con le dita a V.

Confido al giovane amico delle mie intenzioni di azzardare il Deneal. Mi appronto, saluto e procedo a occidente per il crinale seguendo un evidente traccia. Dopo pochi metri valuto il tutto, la cresta è insidiosa, dovrei calzare i ramponi da erba, se accidentalmente dovessi scivolare a meridione mi ritrovo direttamente cadavere all’ospedale di Gemona, già predisposto per la cremazione.

Valuto se scendere dentro il catino (ricoperto di neve) che sottostà a settentrione alle due cime. Dall’alto scorgo una traccia, ma la neve è ghiacciata e i ramponi che ho al seguito non sono idonei per tale condizione.

Senza indugiare abbandono l’impresa, e la rimando a data da destinarsi, la montagna è lì, e fino a prova contraria si muove solo di pochi millimetri all’anno.

Ritorno alla vetta del Chiampon, il ragazzo che avevo incontrato in precedenza tergiversa, forse vorrebbe rientrare con me, ma ho voglia di stare solo, spiego le motivazioni per cui ho rinunciato al Deneal e che mi tratterrò ancora un po’.

Le nostre strade stavolta si dividono definitivamente, mentre lui si appresta a rientrare, io mi sposto a oriente, raggiungendo il punto più alto dell’escursione, di solo dieci metri più alto della quota della croce.

Pianto i bastoncini telescopici a terra e osservo il proseguo verso oriente, dove posso ammirare la bella cresta della nota “Alta Via di Gemona”. Avrei voglia di proseguire, ma non mi sono organizzato in tal senso, perciò desisto.

Rientro alla croce, nel frattempo sono sopraggiunti altri escursionisti e una coppia mi colpisce in particolare per la stravaganza. Lei, un avvenente signora, ha il piede destro ignudo, e sfoggia sia un bel tatuaggio sulla caviglia che le unghie tinte di un rosso sensuale, simile a quello della struttura dove penzola la campana. Il compagno di ventura (grossolano dall’aspetto) le fa da contorno, ed entrambi sono intenti a farsi una serie di selfie con lo smartphone. La coppia è dichiaratamente minimalista, non ha zaini al seguito, lei mi pare che porti solo una camelback.  Sorrido, la montagna per fortuna è di tutti, e quindi da spirito libero mi gusto la diversità della gente che la frequenta. Una volta sazio di Chiampon decido di rientrare a valle, sempre con un passo lento e lo sguardo a caccia di emozioni.

Durante la discesa mi fermo più volte a dare precedenza a chi sale, e spesso instauro conversazioni. l’ultimo incontro avviene con degli spiriti liberi conosciuti virtualmente sul noto social network e mai visti di persona, tra loro riconosco Chiara, un’affascinante escursionista. Sono quasi giunto al punto di partenza, mi fermo presso la Sella Foredor per fluire della seconda colazione, per poi ripartire e raggiungere l’auto.

Una volta pronto, rientro nel mondo civile con lo spirito traboccante di serenità. In questa breve avventura non ho avuto particolari problemi al ginocchio, sono decisamente in ripresa, e soprattutto ho fatto pace con me stesso.

Durante il viaggio di ritorno, pochi chilometri prima di giungere all’abitazione, precisamente sulla strada provinciale che attraversa Valeriano, incontro un personaggio bizzarro, un vero spirito libero. L’affascinante figura ha lo sguardo dolce, cammina a piedi e con al seguito tre somarelli, lo saluto con la mano, ricambia gioiosamente con la mano protesa in avanti e tenendo l’indice e il medio tesi come una V.

Rifletto, in qualsiasi parte del mondo possiamo recarci, tra spiriti liberi ci si riconosce a pelle.

Sì, siamo noi, diversi, di quelli che non incontri mai. Persi, andati, spiritati, fottuti, con l'anima in fiamme, ma crediamo nella “Montagna”, nell’amicizia e nella libertà.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.






























































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