Monte Chiampon (1709 m.) dalla malga Cuarnan
Note tecniche.
Localizzazione: Prealpi Giulie.
Avvicinamento: Lestans-Cornino-Majano-Osoppo-Gemona-seguire
le indicazioni per la Malga Cuarnan. Lasciare l’auto poco prima della malga
presso uno spiazzo.
Località di Partenza: Spiazzo poco sotto la malga Cuarnan
Dislivello: 800 m.
Dislivello
complessivo: 800 m.
Distanza percorsa in Km: 7 chilometri.
Quota minima partenza: 967 m.
Quota massima raggiunta: 1709 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore massimo.
In: Solitaria.
Tipologia Escursione:
Escursionista naturalista.
Difficoltà: Escursionisti Esperti.
Segnavia: CAI 713
Impegno fisico: Medio.
Preparazione tecnica: Media
Attrezzature: Si.
Croce di vetta: SI.
Ometto di vetta: Si.
Libro di vetta: Si.
Timbro di vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici: IGM Friuli Venezia Giulia – Tabacco
020.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo consigliato: maggio-ottobre
Da evitare da farsi in: Condizioni di terreno umido o
ghiacciato.
Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.
Fonti d’acqua: No.
Consigliati:
Data: 30 marzo 2019.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
C’è un principio basilare da seguire per gli spiriti liberi,
il dettame è di non avere regole, quindi tutto va bene se fatto con uno spirito
di libero non soggetto all’abitudine. Come scegliere la meta per un’uscita? Essa
può essere selvaggia o frequentata, lontana o vicina, facile o difficile, la
scelta dipende dalla congiuntura che si vive e da cosa ci chiede il cuore in
quel medesimo istante.
La montagna che descriverò in questo racconto è il monte
Chiampon, la salirò per la terza volta, l’ultima ascesa risale allo scorso ottobre,
allora come oggi volli tentare il Deneal.
Il Deneal è l’elevazione posta all’estremità occidentale
della lunghissima catena montuosa che sale poco sopra le sorgenti del Torre (M.
Sochiplas) formando una lunga concatenazione di cime, da oriente a occidente.
Oggi ho in mente di tastare per l’ennesima volta il Deneal, fisicamente sto
bene e spiritualmente sono carico e ottimista. Partenza al mattino presto, alle
ore 07:00 raggiungo la malga Cuarnan, dove mi separo dall’automezzo.
Un cielo terso e un sole radioso mi attendono fuori
dall’abitacolo, sollecitandomi in breve a passare dallo stato inerte a quello
frizzante. Indossati gli scarponi e preso lo zaino parto per la nuova avventura.
Dalla sella Foredor,
posso ammirare e studiare il percorso che mi attende, il ripido pendio erboso è
un invito alla felicità, il sole nascente a oriente illumina e scalda il cuore.
Il ritmo del passo è volutamente comodo, conosco bene il percorso, quindi mi
concedo alla contemplazione di ogni singolo elemento della natura: fiore,
albero, prato, roccia, ecc. ecc.
Disegno con lo sguardo tutte le forme che incontro, senza
premura, ho tutto il giorno per me e questo fa che il cammino sia sereno. Farò
sicuramente degli incontri, e questo non mi spiace. Per una volta non vado per sentieri
selvaggi, non desidero che una predilezione diventi un’assuefazione, cosa c’è
di più libero a questo mondo della contradizione stessa.
Mi ritrovo a ridosso del “Passo della Signorina”, ricordo bene
la prima volta che affrontai questo breve tratto, mi fece una tale impressione,
sia per le poco affidabili guide cartacee, e anche per la mia inadeguata esperienza.
Dal basso odo delle voci, deduco che non sono più solo, due
coppie di escursionisti salgono su: la prima è composta da un gruppo di giovani
e hanno un passo sostenuto, la seconda coppia, dall’andamento lento, è composta
da un quarantenne e un trentenne, mi lascio superare da entrambe.
Avere qualcuno ai garretti mi crea uno stato d’ansia,
preferisco essere da solo per un ampio raggio d’azione. Dopo l’ultima uscita
sul monte Brusò, sono rimasto scottato dalla cattiva esperienza maturata, e
questa escursione è un modo di fare pace
con il tipo di esperienza che io amo. Non vado in montagna per competere
con nessuno, nemmeno con me stesso, per auto valutarmi impiego altri metodi, con
più di cinquantacinque anni di età, so bene chi sono, quanto valgo e cosa posso
pretendere da me. Sicuramente non mi metto in competizione con i giovani, che
hanno più fisico e tecnica, da saggio diverrei una marionetta che si fa pilotare
dall’ottusità. Ritengo che un certo tipo di competizione sia un atteggiamento
valido per chi è insoddisfatto, io cerco la meditazione, la serenità, la gioia
di vivere, sì, cerco e trovo il sole.
Superato il Passo della Signorina, mi aspetta il tratto più
impegnativo, un ripido costone erboso, in pochi passaggi mi aiuto con le mani,
per poi salire fino a sbucare alla base dell’erboso cupolone sommitale. Dai
ripidi prati dorati vedo scendere una figura, un giovane dal sorriso luminoso,
con al seguito un sacco al pelo, ha sicuramente passato la notte all’addiaccio.
Mi fermo a conversare, mi riconosce, ci scambiamo un saluto di augurio e
proseguiamo il cammino per le nostre strade. Giunto in vetta, ritrovo le due
coppie che mi hanno superato in precedenza, ognuna divisa dall’altra da uno curioso
silenzio che provvedo subito a rompere.
Saluto i presenti e mi compiaccio che il fiocco color passione
sia ancora appeso alla croce che sovrasta il monte, ad esso è ancora legato un
brandello della bandana; legai il tutto al sacro simbolo lo scorso ottobre, e
da allora i fenomeni atmosferici hanno parzialmente modificato il colore e la
forma, così resistendo fino al mio ritorno.
Dopo pochi minuti, le due coppie, quasi in simultanea,
abbandonano la vetta per seguire il sentiero dell’andata, lasciandomi la magia
della solitaria quiete. Ne approfitto per fare foto e studiarmi il Deneal, che a
primo acchito non mi è benevolo.
Nel frattempo arriva un’amazzone, giovanissima, a stento
riesco a credere che sia ventenne, ha un aspetto asciutto e dinamico. La
giovane dopo alcuni minuti di permanenza in vetta, rompe il silenzio
chiedendomi la provenienza, rispondo con gentilezza che sono palermitano,
sorride, sorrido anch’io. Instaurando una piacevole conversazione commentiamo le
cime circostanti, constato che malgrado la giovane età ne ha fatta di strada, e
per questo mi complimento.
La ragazza, dopo aver firmato il libro di vetta abbandona la
cima, così mi ritrovo per la seconda volta nella beatitudine della solitudine.
Ma questo stato di benessere dura poco, nel frattempo arriva un giovane, anch’egli
mi riconosce, confesso che questa piccola notorietà mi fa enormemente piacere. Instauro
con il ragazzo una piacevole conversazione, scherziamo, ci facciamo anche un
selfie con il proverbiale saluto con le dita a V.
Confido al giovane amico delle mie intenzioni di azzardare il
Deneal. Mi appronto, saluto e procedo a occidente per il crinale seguendo un
evidente traccia. Dopo pochi metri valuto il tutto, la cresta è insidiosa,
dovrei calzare i ramponi da erba, se accidentalmente dovessi scivolare a
meridione mi ritrovo direttamente cadavere all’ospedale di Gemona, già predisposto
per la cremazione.
Valuto se scendere dentro il catino (ricoperto di neve) che sottostà
a settentrione alle due cime. Dall’alto scorgo una traccia, ma la neve è
ghiacciata e i ramponi che ho al seguito non sono idonei per tale condizione.
Senza indugiare abbandono l’impresa, e la rimando a data da
destinarsi, la montagna è lì, e fino a prova contraria si muove solo di pochi
millimetri all’anno.
Ritorno alla vetta del Chiampon, il ragazzo che avevo incontrato
in precedenza tergiversa, forse vorrebbe rientrare con me, ma ho voglia di
stare solo, spiego le motivazioni per cui ho rinunciato al Deneal e che mi
tratterrò ancora un po’.
Le nostre strade stavolta si dividono definitivamente,
mentre lui si appresta a rientrare, io mi sposto a oriente, raggiungendo il
punto più alto dell’escursione, di solo dieci metri più alto della quota della
croce.
Pianto i bastoncini telescopici a terra e osservo il
proseguo verso oriente, dove posso ammirare la bella cresta della nota “Alta Via
di Gemona”. Avrei voglia di proseguire, ma non mi sono organizzato in tal
senso, perciò desisto.
Rientro alla croce, nel frattempo sono sopraggiunti altri
escursionisti e una coppia mi colpisce in particolare per la stravaganza. Lei,
un avvenente signora, ha il piede destro ignudo, e sfoggia sia un bel tatuaggio
sulla caviglia che le unghie tinte di un rosso sensuale, simile a quello della
struttura dove penzola la campana. Il compagno di ventura (grossolano
dall’aspetto) le fa da contorno, ed entrambi sono intenti a farsi una serie di
selfie con lo smartphone. La coppia è dichiaratamente minimalista, non ha zaini
al seguito, lei mi pare che porti solo una camelback. Sorrido, la montagna per fortuna è di tutti, e
quindi da spirito libero mi gusto la diversità della gente che la frequenta. Una
volta sazio di Chiampon decido di rientrare a valle, sempre con un passo lento
e lo sguardo a caccia di emozioni.
Durante la discesa mi fermo più volte a dare precedenza a
chi sale, e spesso instauro conversazioni. l’ultimo incontro avviene con degli spiriti
liberi conosciuti virtualmente sul noto social network e mai visti di persona,
tra loro riconosco Chiara, un’affascinante escursionista. Sono quasi giunto al
punto di partenza, mi fermo presso la Sella Foredor per fluire della seconda
colazione, per poi ripartire e raggiungere l’auto.
Una volta pronto, rientro nel mondo civile con lo spirito traboccante
di serenità. In questa breve avventura non ho avuto particolari problemi al
ginocchio, sono decisamente in ripresa, e soprattutto ho fatto pace con me
stesso.
Durante il viaggio di ritorno, pochi chilometri prima di
giungere all’abitazione, precisamente sulla strada provinciale che attraversa
Valeriano, incontro un personaggio bizzarro, un vero spirito libero. L’affascinante
figura ha lo sguardo dolce, cammina a piedi e con al seguito tre somarelli, lo
saluto con la mano, ricambia gioiosamente con la mano protesa in avanti e tenendo
l’indice e il medio tesi come una V.
Rifletto, in qualsiasi parte del mondo possiamo recarci, tra
spiriti liberi ci si riconosce a pelle.
Sì, siamo noi, diversi, di quelli che non incontri mai.
Persi, andati, spiritati, fottuti, con l'anima in fiamme, ma crediamo nella
“Montagna”, nell’amicizia e nella libertà.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
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