Monte Buttignan (1074 m.) da Staligial.
Note tecniche.
Localizzazione: Dolomiti destra Tagliamento- Prealpi
Carniche-
Avvicinamento: Lestans-Toppo-Meduno- Lago di Redona-seguire
indicazioni per Chievolis- Indicazioni per Selva- Bivio per Chiarsuela-
proseguire per il borgo di Staligial, lasciare l’auto nello spiazzo adiacente
la vecchia scuola.
Località di Partenza: Spiazzo adiacente la vecchia scuola.
Dislivello: 500 m.
Dislivello
complessivo: 500 m.
Distanza percorsa in Km: 4chilometri.
Quota minima partenza: 650 m.
Quota massima raggiunta: 1074 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 2,15 ore
In: Coppia
Tipologia Escursione:
Selvaggio
Difficoltà: Escursionisti Esperti
Segnavia: Bolli rossi
Impegno fisico: Basso.
Preparazione tecnica: Media-alta.
Attrezzature: No.
Croce di vetta: Si.
Ometto di vetta: No.
Libro di vetta: Si.
Timbro di vetta: No
Riferimenti:
1) Cartografici:
IGM Friuli-Venezia Giulia - Tabacco.028
2) Bibliografici:
3) Internet:
Periodo consigliato: Tutto l’anno.
Da evitare da farsi in: Condizioni di terreno bagnato o
ghiacciato.
Condizioni del sentiero: In via di ripristino, parecchi
schianti presenti, ma non ostacolano il sentiero.
Fonti d’acqua: Nessuna.
Consigliati: Ramponi da erba.
Data: 07 aprile 2019.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
La primavera si svela al viandante e l’invita in uno dei
suoi gioielli più preziosi, il monte Buttignan.
Da tempo sento il richiamo di questo bel rilievo, avverto che
ha bisogno dei miei sguardi, passi e della passione. Il motivo principale di
questa nuova visita è una missione, cioè di rimettere in sesto la croce. Non so
spiegare l’esatta motivazione che mi porta a fare questa operazione, sono agnostico e certamente non legato ai
simboli religiosi, ma ho percepito la montagna e il suo bisogno di essere
curata dalle mie mani; potrei scrivere coccolata per paragonare il sentimento a
quello di cui hanno spesso bisogno gli umani.
Nella precedente escursione legai al simbolo religioso un
nastro rosso e una bandana nera, spero di ritrovare quest’ultima, per
rindossarla, mi attrae l’idea che essa nel frattempo sia stata esposta ai
fenomeni atmosferici che equiparo agli eventi della vita, sicuramente ora avrà
un suo vissuto.
L’escursione di sé non è proibitiva, quindi mi avvalgo della
compagnia della mia signora e del fido Magritte, quest’ultimo rientra dopo un
lungo periodo d’inattività.
Il Buttignan è una gran bella montagna, dalle dimensioni
piccole e con poco dislivello, ma in compenso racchiude nel suo scrigno un vortice
di emozioni. Considero la bella elevazione come un compendio di esperienze per
chi vuol conoscere la montagna; morfologicamente è affascinante, e dal basso
appare inespugnabile.
Il sentiero d’accesso parte dal caratteristico borgo di
Staligial, che consiglio vivamente di visitare a fine escursione. Per chi proviene
dalla Val Tramontina consiglio di lasciare l’automezzo presso i locali dell’ex scuola
elementare (spiazzo adiacente) dopodiché si prosegue verso il borgo, imboccando
subito a destra un sentierino che porta presso una sella munita di una panca
ricavata da un tronco (pulpito panoramico), esattamente alla base del tratto malagevole(ghiaie).
Qui effettuiamo la prima sosta (consigliata per fare foto
panoramiche), dall’alto si ammirano le smeraldine acque del lago di Selva.
Per il monte si prosegue a destra, una labile traccia porta
alla base di un saltino friabile, nulla di difficile, in un balzo si è su e si
prosegue per un sentiero che taglia in orizzontale un tratto ripido ed esposto,
fino a confluire dentro il bosco di conifere.
Raggiunto un rustico cartello (con su inciso e tinto il nome
del monte), la traccia si biforca, seguiamo la diramazione a sinistra che con
ripidi e stretti tornantini si inerpica fino alla crestina. Si prosegue per la marcata
traccia, la vegetazione che in alcuni tratti ostruiva il passaggio è stata
rimossa dal laborioso lavoro dei volontari, lo testimoniano gli svariati tagli che
rendono libero il passo.
Districandosi dentro la pineta si raggiunge in breve un
ampio tratto in orizzontale che sfiora la base costone roccioso del monte. Un’area
esposta ci introduce al canale che divide la cima dall’ante-cima, lo risaliamo,
avendo la facoltà di scegliere se arrampicarci sulle facili rocce o spostarci leggermente
a destra per seguire nel ripido prato le tracce di camoscio. Dei bolli rossi
sono la nostra guida, al vertice del canalone una serie di ometti ci consiglia
vivamente di svoltare a sinistra, e noi ubbidiamo senza indugi.
Altri due ometti ci guidano sulla breve rampa, per poi seguire
il ripido pendio erboso che conduce all’aereo sentiero, tratto molto esposto ma
non difficile.
Percorriamo la via con tanta emozione, ben coscienti che i
piccoli passi ci aiutano nella sicurezza, finché raggiungiamo il pulpito
panoramico che precede il ripido tratto finale. Osservando verso l’alto la
croce non è in vista, intuisco cosa sia accaduto, cambiamo direzione di marcia,
stavolta da occidente a oriente, e aiutati da una miriade di ometti (spuntati
come funghi) ci dirigiamo alla meta
Gli ultimi metri sono emozionantissimi, il giallo ocra
dell’erba contrasta e si abbina con le pennellate d’azzurro della volta celeste,
passo dopo passo e ometto dopo ometto ci godiamo il tutto.
Una pietra dalle strane forme attrae la nostra attenzione,
somiglia più ad una scultura d’arte moderna.
Da lontano alcune nubi minacciose ci consigliano di
raggiungere velocemente la cima e di non dilungarci troppo nella meditazione.
Finalmente ci siamo, presso un enorme masso e sul manto erboso giace la croce,
dormiente come una principessa da fiaba, la rialzo, essa è congiunta per un
lembo di metallo al piedistallo, ma non sta in piedi da sola, allora mi viene
un’idea. Stacco il corpo metallico
dell’emblema dal masso cementato e l’adagio alla vicina roccia, naturalmente
aiutato nelle operazioni da Giovanna. Dopodiché, ispirandomi al forzuto Ercole,
alzo due enormi pietre e le adagio sulla parte inferiore della stessa croce, creando
un solido incastro naturale. La croce sicuramente ora è ben fissata, mi auguro
che coloro che visiteranno il sito dopo di me, contribuiranno a rendere ancora
più stabile l’opera.
Ben contento della buona azione, mi rammarico solamente di
non aver ritrovato la bandana, non penso che sia volata via, spero che qualcuno
l’abbia presa come ricordo, il gesto non mi dispiacerebbe.
Dal libro di vetta deduco che dopo la mia visita sono stati registrati
solo sei passaggi, e in quattro mesi non sono tanti.
Firmiamo il libro di vetta, ammiriamo il paesaggio e
consumiamo una barretta energetica. Lo scorcio panoramico è magnifico, lo scrivo
con veemenza,questa montagna merita, è davvero un autentico gioiellino, quando verrete
su vaglierete di persona.
Le nuvole nere si avvicinano minacciosamente, quindi
affrettiamo il rientro, la discesa è meno complessa del previsto e in breve passando
per bosco ci ritroviamo al pulpito panoramico con panca. Ci avviamo verso il borgo
di Staligial seguendo l’arcaico sentiero(troi). Delle voci allegre e festanti provengono
dalle prime abitazioni, una in particolare mi colpisce, una risata femminile e anche
molto sovrabbondante, che può apparire triviale se confrontata con la sacralità
del contesto, ma che enuncia che la vita è bella, non è solo fatta per gli
asceti, e soprattutto continua.
L’aria è inebriata dall’effluvio della carne alla brace,
vecchio rito pagano che non svanisce con il tempo. Entriamo nel borgo come forestieri,
cercando di afferrare con lo sguardo la miriade di impressioni che ci offre il
magico luogo.
Il passo è felpato, di chi vuol rubare suggestioni, il cuore
dischiuso per accogliere le emozioni, vaghiamo nel passato di una terra ospitale
che chiamo madre adottiva. Ogni sguardo è
un fotogramma, siamo rapiti da cotanta semplicità, nella nostra fantasia si rianima
il tutto e cattura i nostri sogni, mentre mi pare di udire come in un sogno le
voci dei bimbi monelli che giocano a rincorrersi.
Visito quel che rimane di una stalla e immagino i bovi
dormienti, esco e ammiro l’originaria chiave appesa al chiodo come cento anni
fa.
Usciti dal borgo siamo già all’auto, ma non mi esimo di
entrare nella remota scuola elementare. L’istruzione è la più grande conquista
del popolo umile, una scuola per tutti, questo sì che è un vero simbolo di
libertà.
Entro con pudore nelle stanze che ospitavano le classi, sono
solo due, come due sono i bagni e un solo ripostiglio. Mi soffermo nella classe
esposta a meridione. Un’ampia a finestra si apre sui monti, abbasso l’obiettivo
della fotocamera, all’altezza in cui una volta cominciava lo sguardo dei bimbi.
Fantastico, sicuramente alcuni alunni, annoiati dalla lezione di aritmetica, sbirciavano
fuori, aspettando che scoccasse l’ora in cui suonava la campanella di fine
lezione, per rincorrersi all’impazzata fuori dall’edificio.
Queste sensazioni le avverto nell’etere, una volta fuori
dall’edificio svaniscono, lasciandomi in bocca quel sapore di dolce-amaro del
passato che è volato via.
Con calma rientriamo a valle, certi e lieti di aver vissuto
un sogno chiamato Buttignan.
Il forestiero Nomade.
Malfa.
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