Powered By Blogger

lunedì 15 aprile 2019

Monte Buttignan

 
Monte Buttignan (1074 m.) da Staligial.                               

Note tecniche.



Localizzazione: Dolomiti destra Tagliamento- Prealpi Carniche-



Avvicinamento: Lestans-Toppo-Meduno- Lago di Redona-seguire indicazioni per Chievolis- Indicazioni per Selva- Bivio per Chiarsuela- proseguire per il borgo di Staligial, lasciare l’auto nello spiazzo adiacente la vecchia scuola.

Località di Partenza: Spiazzo adiacente la vecchia scuola.



Dislivello: 500 m.





 Dislivello complessivo: 500 m.





Distanza percorsa in Km: 4chilometri.





Quota minima partenza: 650 m.



Quota massima raggiunta: 1074 m.



Tempi di percorrenza escluse le soste: 2,15 ore

In: Coppia



 Tipologia Escursione: Selvaggio



Difficoltà: Escursionisti Esperti

Segnavia: Bolli rossi

Impegno fisico: Basso.

Preparazione tecnica: Media-alta.

Attrezzature: No.



Croce di vetta: Si.

Ometto di vetta: No.

Libro di vetta: Si.

Timbro di vetta: No

Riferimenti:

1)         Cartografici: IGM Friuli-Venezia Giulia - Tabacco.028

2)         Bibliografici:

3)         Internet:

Periodo consigliato: Tutto l’anno.

Da evitare da farsi in: Condizioni di terreno bagnato o ghiacciato.

Condizioni del sentiero: In via di ripristino, parecchi schianti presenti, ma non ostacolano il sentiero.

Fonti d’acqua: Nessuna.

Consigliati: Ramponi da erba.

Data: 07 aprile 2019.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

 
Racconto:

La primavera si svela al viandante e l’invita in uno dei suoi gioielli più preziosi, il monte Buttignan.

Da tempo sento il richiamo di questo bel rilievo, avverto che ha bisogno dei miei sguardi, passi e della passione. Il motivo principale di questa nuova visita è una missione, cioè di rimettere in sesto la croce. Non so spiegare l’esatta motivazione che mi porta a fare questa operazione,  sono agnostico e certamente non legato ai simboli religiosi, ma ho percepito la montagna e il suo bisogno di essere curata dalle mie mani; potrei scrivere coccolata per paragonare il sentimento a quello di cui hanno spesso bisogno gli umani.

Nella precedente escursione legai al simbolo religioso un nastro rosso e una bandana nera, spero di ritrovare quest’ultima, per rindossarla, mi attrae l’idea che essa nel frattempo sia stata esposta ai fenomeni atmosferici che equiparo agli eventi della vita, sicuramente ora avrà un suo vissuto.

L’escursione di sé non è proibitiva, quindi mi avvalgo della compagnia della mia signora e del fido Magritte, quest’ultimo rientra dopo un lungo periodo d’inattività.

Il Buttignan è una gran bella montagna, dalle dimensioni piccole e con poco dislivello, ma in compenso racchiude nel suo scrigno un vortice di emozioni. Considero la bella elevazione come un compendio di esperienze per chi vuol conoscere la montagna; morfologicamente è affascinante, e dal basso appare inespugnabile.

Il sentiero d’accesso parte dal caratteristico borgo di Staligial, che consiglio vivamente di visitare a fine escursione. Per chi proviene dalla Val Tramontina consiglio di lasciare l’automezzo presso i locali dell’ex scuola elementare (spiazzo adiacente) dopodiché si prosegue verso il borgo, imboccando subito a destra un sentierino che porta presso una sella munita di una panca ricavata da un tronco (pulpito panoramico), esattamente alla base del tratto malagevole(ghiaie).

Qui effettuiamo la prima sosta (consigliata per fare foto panoramiche), dall’alto si ammirano le smeraldine acque del lago di Selva.

Per il monte si prosegue a destra, una labile traccia porta alla base di un saltino friabile, nulla di difficile, in un balzo si è su e si prosegue per un sentiero che taglia in orizzontale un tratto ripido ed esposto, fino a confluire dentro il bosco di conifere.

Raggiunto un rustico cartello (con su inciso e tinto il nome del monte), la traccia si biforca, seguiamo la diramazione a sinistra che con ripidi e stretti tornantini si inerpica fino alla crestina. Si prosegue per la marcata traccia, la vegetazione che in alcuni tratti ostruiva il passaggio è stata rimossa dal laborioso lavoro dei volontari, lo testimoniano gli svariati tagli che rendono libero il passo.

Districandosi dentro la pineta si raggiunge in breve un ampio tratto in orizzontale che sfiora la base costone roccioso del monte. Un’area esposta ci introduce al canale che divide la cima dall’ante-cima, lo risaliamo, avendo la facoltà di scegliere se arrampicarci sulle facili rocce o spostarci leggermente a destra per seguire nel ripido prato le tracce di camoscio. Dei bolli rossi sono la nostra guida, al vertice del canalone una serie di ometti ci consiglia vivamente di svoltare a sinistra, e noi ubbidiamo senza indugi.

Altri due ometti ci guidano sulla breve rampa, per poi seguire il ripido pendio erboso che conduce all’aereo sentiero, tratto molto esposto ma non difficile.

Percorriamo la via con tanta emozione, ben coscienti che i piccoli passi ci aiutano nella sicurezza, finché raggiungiamo il pulpito panoramico che precede il ripido tratto finale. Osservando verso l’alto la croce non è in vista, intuisco cosa sia accaduto, cambiamo direzione di marcia, stavolta da occidente a oriente, e aiutati da una miriade di ometti (spuntati come funghi) ci dirigiamo alla meta

Gli ultimi metri sono emozionantissimi, il giallo ocra dell’erba contrasta e si abbina con le pennellate d’azzurro della volta celeste, passo dopo passo e ometto dopo ometto ci godiamo il tutto.

Una pietra dalle strane forme attrae la nostra attenzione, somiglia più ad una scultura d’arte moderna.

Da lontano alcune nubi minacciose ci consigliano di raggiungere velocemente la cima e di non dilungarci troppo nella meditazione. Finalmente ci siamo, presso un enorme masso e sul manto erboso giace la croce, dormiente come una principessa da fiaba, la rialzo, essa è congiunta per un lembo di metallo al piedistallo, ma non sta in piedi da sola, allora mi viene un’idea.         Stacco il corpo metallico dell’emblema dal masso cementato e l’adagio alla vicina roccia, naturalmente aiutato nelle operazioni da Giovanna. Dopodiché, ispirandomi al forzuto Ercole, alzo due enormi pietre e le adagio sulla parte inferiore della stessa croce, creando un solido incastro naturale. La croce sicuramente ora è ben fissata, mi auguro che coloro che visiteranno il sito dopo di me, contribuiranno a rendere ancora più stabile l’opera.

Ben contento della buona azione, mi rammarico solamente di non aver ritrovato la bandana, non penso che sia volata via, spero che qualcuno l’abbia presa come ricordo, il gesto non mi dispiacerebbe.

Dal libro di vetta deduco che dopo la mia visita sono stati registrati solo sei passaggi, e in quattro mesi non sono tanti.

Firmiamo il libro di vetta, ammiriamo il paesaggio e consumiamo una barretta energetica. Lo scorcio panoramico è magnifico, lo scrivo con veemenza,questa montagna merita, è davvero un autentico gioiellino, quando verrete su vaglierete di persona.

Le nuvole nere si avvicinano minacciosamente, quindi affrettiamo il rientro, la discesa è meno complessa del previsto e in breve passando per bosco ci ritroviamo al pulpito panoramico con panca. Ci avviamo verso il borgo di Staligial seguendo l’arcaico sentiero(troi). Delle voci allegre e festanti provengono dalle prime abitazioni, una in particolare mi colpisce, una risata femminile e anche molto sovrabbondante, che può apparire triviale se confrontata con la sacralità del contesto, ma che enuncia che la vita è bella, non è solo fatta per gli asceti, e soprattutto continua.

L’aria è inebriata dall’effluvio della carne alla brace, vecchio rito pagano che non svanisce con il tempo. Entriamo nel borgo come forestieri, cercando di afferrare con lo sguardo la miriade di impressioni che ci offre il magico luogo.

Il passo è felpato, di chi vuol rubare suggestioni, il cuore dischiuso per accogliere le emozioni, vaghiamo nel passato di una terra ospitale che chiamo madre adottiva.  Ogni sguardo è un fotogramma, siamo rapiti da cotanta semplicità, nella nostra fantasia si rianima il tutto e cattura i nostri sogni, mentre mi pare di udire come in un sogno le voci dei bimbi monelli che giocano a rincorrersi.

Visito quel che rimane di una stalla e immagino i bovi dormienti, esco e ammiro l’originaria chiave appesa al chiodo come cento anni fa.

Usciti dal borgo siamo già all’auto, ma non mi esimo di entrare nella remota scuola elementare. L’istruzione è la più grande conquista del popolo umile, una scuola per tutti, questo sì che è un vero simbolo di libertà.

Entro con pudore nelle stanze che ospitavano le classi, sono solo due, come due sono i bagni e un solo ripostiglio. Mi soffermo nella classe esposta a meridione. Un’ampia a finestra si apre sui monti, abbasso l’obiettivo della fotocamera, all’altezza in cui una volta cominciava lo sguardo dei bimbi. Fantastico, sicuramente alcuni alunni, annoiati dalla lezione di aritmetica, sbirciavano fuori, aspettando che scoccasse l’ora in cui suonava la campanella di fine lezione, per rincorrersi all’impazzata fuori dall’edificio.

Queste sensazioni le avverto nell’etere, una volta fuori dall’edificio svaniscono, lasciandomi in bocca quel sapore di dolce-amaro del passato che è volato via.

Con calma rientriamo a valle, certi e lieti di aver vissuto un sogno chiamato Buttignan.

Il forestiero Nomade.

Malfa.

































































































Nessun commento:

Posta un commento