Col di Luna
da Pradis (Cuel da la Luna (1422 m) Tramonti
di Sopra.
Note
tecniche.
Localizzazione:
Dolomiti destra Tagliamento- Prealpi Carniche-
·
Latitudine: 46° 17' 28"
(46,2911°) nord
·
Longitudine: 12° 44' 45"
(12,7458°) est
·
Altitudine: 1422
metri (4665 piedi)
Avvicinamento:
Località di Partenza: Borgo Pradis presso Tramonti di
Sopra.
Dislivello: 1019
m.
Dislivello complessivo: 1019 m.
Distanza
percorsa in Km: 14 chilometri.
Quota minima
partenza: Pradis 403 m.
Quota
massima raggiunta: 1422 m.
Tempi di
percorrenza escluse le soste: 7 ore per via delle difficoltà tecniche.
In: Solitaria.
Tipologia Escursione: Selvaggia.
Difficoltà: Escursionisti esperti con altissimmo senso di
orientamento e dimistichezza con ambienti selvaggi.
Segnavia:
CAI fino alla carrareccia, poi nessun segno, e solo sparuti ometti in alto.
Impegno
fisico: Alto.
Preparazione
tecnica: Alta.
Attrezzature:
Nessuno.
Croce di
vetta: No.
Ometto di
vetta: Si.
Libro di
vetta: Si.
Timbro di
vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli Venezia Giulia – Tabacco 028.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo
consigliato: Tutto l’anno.
Da evitare
da farsi con: Ghiaccio o terreno umido.
Condizioni
del sentiero: Inesistente dopo la carrareccia.
Fonti d’acqua: Nessuna.
Consigliati:
Ramponi da erba.
Data: 12
gennaio 2019
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
Il Col di Luna, selvaggia montagna, la notai per la prima volta
durante l’escursione che effettuai insieme all’amico Roberto presso le dirimpettaie
cime che dominano il borgo di Palcoda. Ci colpì da subito la sua forma a cono
rovesciato, un vulcano che si estende verso il cielo. Dell’asperità ne ignoravo
il nome, a casa ne studiai la topografia, scoprendo il nome il “Col di Luna”:
<Magico!> Esclamai, e così fatte le dovute ricerche l’ho inserito nella
lista dei monti da farsi. Nel gennaio dell’anno precedente osai andare su, ma
trovando eccessivo ghiaccio, optai per il vicino e sorprendente monte Crepa.
Come spesso amava citare “Fra Cristofaro“ ai novelli
avventurieri:<< la cima sa da fare!>>,
Ed eccomi al 12 gennaio del corrente mese, io e il fedele
Magritte, compagno di mille avventure, decolliamo per la Val Tramontina.
In questo periodo post festivo si respira aria natalizia, i
borghi sono ancora addobbati a festa. La valle nelle prime ore del mattino è grigia
e fredda, mi inoltro con l’auto fino a raggiungere Tramonti di Sopra. Procedendo
a memoria, percorro la stradina con le indicazioni per Pradis. Superato il
torrente Meduna e per stretti tornanti raggiungo la piccolissima frazione (403
m.).
Arresto la marcia con il ruotato poco prima di una asta in
metallo, che sbarra l’accesso al monte, spengo, scendo dal mezzo e mi appronto
per l’escursione. Conosco la strada forestale che conduce al monte, essa è ombrosa,
mi avvio non avendo nulla da descrivere che il tedioso percorso tra i ruderi
delle remote stalle.
Durante l’ascesa, mi soffermo spesso ad ammirare le vicine
montagne, tra cui spicca e ammiro la bellissima mole del Roppa Buffon, lungo la
sua dorsale a settentrione, spicca la visibile la rocciosa aquila che precede
il monte Frascola. I ricordi volano a ritroso all’estate trascorsa e alle solitarie
escursioni nella zona.
Raggiunto un tornante (posto a quota 895 m.), abbandono la
rotabile per iniziare il tratto più impegnativo.
Dalla curva del tornante mi porto sul ripido pendio inerbito e seguito
dall’istinto lo risalgo tra le zolle d’erba la lunga e ripida dorsale, la
sensazione che avverto è quella di camminare sulla schiena di un gigante
dormiente.
Non ci sono né tracce e ne segni, seguo una linea immaginaria
che porta su, fin non so dove, ma porta lassù. La forza di volontà è sospinta
dall’istinto, Magritte mi segue fiducioso, insieme ne abbiamo viste e fatte di
cotte e di crude.
Lungo il ripido crinale mi mantengo a filo tra i due versanti,
metro dopo metro guadagno quota e non oso guardare in alto, la meta è ancora
lontana e il percorso tortuoso.
Sono lupo e vago come esso, intraprendo i passaggi migliori,
cercando nei fili d’erba le zolle dove procedere sicuro. Le sofferenti cortecce
dei faggi sembrano sculture, ne fotografo alcune, la saggia montagna mi
accompagna nella fatica, donandomi ciò che le è più caro.
Risalire il crinale non è particolarmente difficile, a volte ho
l’impressione di scorgere tracce di camoscio o segni di passaggio di bipedi. La
vista a meridione domina i laghi della val tramontina e a settentrione la folta
foresta copre la visione, mentre a oriente spiccano per bellezza il Rest e il
massiccio del Valcalda.
Salgo senza patemi, stranamente visto il periodo post
influenzale sono in forma, è la seconda uscita dall’inizio dell’anno, Magritte
con il suo silenzio mi fa compagnia.
Presso quota 1272 metri,
una lieve traccia mi suggerisce di abbandonare la cresta, accompagnandomi in un
ampio terreno meno scosceso, mi ritrovo a districarmi tra le dune con affioramenti
rocciosi e popolate dalle forme bizzarre dei faggi antropomorfi.
L’ambiente è incantato e spettrale, avanzo, sempre guidato dal
fiuto di lupo, supero i dorsi che mi guidano alle quote maggiori, mentre ai
lati scoscesi osservo gli inquietanti canali che come imbuti scorrono dentro gli
orrendi inghiottitoi.
Non devo assolutamente perdere l’orientamento, la magia mi
accompagna lungo la china, fino a sbucare nel prato sommitale che ospita i
ruderi di una malga. Rimango sorpreso di come osavano salire in alto i malgari
della valle. Sospinto dall’euforia di essere vicino alla meta, risalgo gli
ultimi metri fino alla cresta, ed ecco tanta luce, mi dirigo verso il piccolo ometto
di sassi sormontato da una targa in legno con su inciso il nome del monte.
Fatta! Missione compiuta.
La quota più alta è occupata dalla fitta boscaglia di faggi,
mentre la panoramica vetta consiglia la visione verso la valle, dominando il
versante sud-occidentale e le vicine catene montuose.
La prima elevazione che attira l’attenzione è la dorsale del
Raut, e poi dietro di essa le altre. L’isolata cima ha un qualcosa di magico, e
la semplicità che la contraddistingue la rende unica e particolare, un masso
vicino l’ometto fa da piedistallo per le foto di rito.
Tra i sassi dell’ometto scopro un barattolo con il relativo
libro di vetta, appongo dentro il contenitore il simbolo del gruppo spiriti
liberi, e dopo una decina di minuti mi preparo al ritorno.
Non è agevole il rientro a ritroso, malgrado sia munito di GPS,
preferisco avvalermi del fiuto del fido Magritte, che mi guida rapidamente
fuori dal labirinto.
Raggiunta la cresta, posso concedermi il meritato riposo con una
ricreativa sosta per recuperare le energie. Riprese le forze, stavolta indosso
i ramponi da erba, per rendere meno problematica la discesa, e infatti senza
intoppi procedo con prudenza, non voglio arrivare tardi all’auto.
Raggiunta la carrareccia, inizio a ritroso il lungo cammino,
nulla di particolare da scrivere, vagando mi diletto a immaginare che al
rientro a valle berrò qualcosa di caldo, benché tenga nello zaino un termos con
la calda tisana, ma non ho nessuna voglia di fermarmi, aprire lo zaino, ecc.
ecc. Anche perché il freddo comincia a farsi sentire e sempre più pungente.
Una volta disceso nella località di Pradis, mi complimento con
il mio compagno di viaggio, mi libero degli scarponi, apprestandomi per il
rientro a valle.
Tramonti di Sopra sembra spopolato, cerco invano l’amico Gianni,
non lo trovo, malgrado tutto ho il piacere di fare conoscenza con il suo suo
gattone siamese, ripreso il cammino rientro a valle.
Qualcuno lassù, non pago di avermi fatto sognare mi offre un gradito
dono, un tramonto infuocato, bello e romantico, che mi accompagna fino all’uscio
dell’abitazione. Stanco ma pago, finisco così la giornata, con una cima
conquistata e una nuova storia da raccontare.
Il forestiero Nomade.
Malfa.
Bravissimo Giuseppe, quando torni da quelle parti fai un fischio
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