Monte Stol (1673 m.) da Sedlo (Slovenia).
Racconto.
Lo straordinario perdurare della neve sui rilievi dei monti
nel primo mese primaverile complica i miei propositi di escursione. Mi ritrovo
continuamente a studiare le mappe per scovare delle mete che possano rispondere
ai miei desideri. Anche per quest’ultima uscita ho preparato un itinerario che
puntualmente viene sconvolto dagli eventi. Mentre ero per i campi per la giornaliera
passeggiatina di Magritte ho scrutato il paesaggio all’orizzonte, incuriosito
da alcune catene montuose, tra cui spicca la lunga dorsale (direzione est-ovest)
che inizia nella Alta Val Torre e termina a Kobarid (Caporetto).
La catena montuosa appare sgombra da neve a meridione,
questa visione mi convince a cambiare i precedenti piani escursionistici a favore
di quest’ultima.
Lo Stol, la cima più alta della catena montuosa, da tempo mi
stuzzica e la bella giornata di sole che si prospetta non fa che aumentare i
propositi di conquista. Durante i preparativi della virgilia chiedo all’amico Fabrizio
se vuol farmi compagnia, anche Magritte farà parte della compagine.
Il mattino seguente parto di buon’ora alla volta di Cividale,
durante il tragitto sono illuminato dal magnifico cielo terso, osservo
l’orizzonte dove nasce il Dio sole, l’infuocata sfera rossa tinge di colori
caldi il paesaggio donando alla pianura un’aurea magica. I monti giuliani hanno
delle sfumature acquerello, mi avvicino a essi colmo di emozioni, ogni nuova
meta mi da trepidazioni, soprattutto lo Stol, sono ben cosciente che dalla sua
sommità potrò ammirare un paesaggio dalla singolare magnificenza.
L’appuntamento con Fabrizio è fissato presso il Ponte San
Quirino, dove arrivo in anticipo per potermi concedere attimi di contemplazione.
Passeggiando con Magritte ammiro dal ponte che sovrasta la forra l’azzurro
Natisone, che conduce le acque gelide nel cuore della cittadina longobarda di
Cividale.
L’aria mattutina è frizzantina, nel frattempo sopraggiunge
l’amico e si parte a razzo per la meta. Durante il tragitto stradale abbiamo
tempo di commentare e fantasticare su quello che ci aspetta.
Superato il valico di Stupizza si entra in Slovenia, per
entrambi è la prima volta che si sale sullo Stol, siamo elettrizzati. Al bivio
della località Staro Selo invertiamo la direzione di marcia dirigendoci a Kred
e successivamente al borgo di Siedlo, dove lasciamo l’auto in uno spiazzo che
precede la chiesetta (q.505 m.).
Ci siamo! Nel frattempo che ci prepariamo valutiamo quali
materiali portare al seguito. Dal basso la cresta appare innevata solo in alta
quota, quindi da disciplinati e maturi escursionisti portiamo al seguito sia i
ramponi che le ciaspole, calzando già alla partenza le ghette. Pronti! Chiuso
il mezzo e con il fedelissimo Magritte al seguito, si parte, direzione Stol.
Dal piccolo borgo, attraversata la strada principale,
un’indicazione ci invita a risalire una carrareccia che nel primo tratto è
asfaltata, in seguito diverrà sterrata.
Procediamo, camminando all’ombra della vegetazione dello
sparuto bosco (carpini neri e pini). Una serie di brevi tornanti porta ad un
bivio segnato con cartelli (q. 680 m.) che a piedi permette di raggiungere
Breginj in un’ora.
Procediamo per la strada militare costruita durante la
Grande Guerra, che dal paese di Sedlo risale il versante sud del monte Stol, il
cartello indica che ci vorranno 3, 30 ore per raggiungere la meta. Con l’amico
e l’inossidabile Magritte si procede per la lunghissima carrozzabile, che dopo
più di un secolo è ancora in ottime condizioni. La strada militare durante il
conflitto bellico collegava la pianura con il crinale dello Stol. Il generalissimo Cadorna osò definire il monte
un inespugnabile baluardo, per poi essere smentito la notte del 24 ottobre del 1917
dalle truppe tedesche (jager) guidate dal tenente Rommel. I soldati teutonici in poche ore conquistarono
lo Stol e le vicine vette tra cui il Matajur, dando così origine alla rocambolesca
disfatta di Caporetto
Oggi per fortuna non si odono più tuonare i cannoni e l’aria
non è satura di gas; camminiamo in pace in un territorio che per la sua
bellezza dovrebbe appartenere all’umanità. Con l’amico iniziamo una lunghissima
conversazione, più intensa e profonda di un colloquio con uno strizza cervelli,
priva di inutili preamboli. I prati color oro e il cielo azzurro ci aiutano in
questa catarsi, metro dopo metro e con l’aumentare della quota scaviamo dentro
il nostro inconscio, concordando che stiamo vivendo un viaggio contemplativo.
La prima neve la incontriamo dentro il perimetro della carrareccia, essa è molle
e fastidiosa, decidiamo di percorrere il margine del tratturo, rialzato spesso
anche di un metro, come se percorressimo un‘infinita e affilata crestina.
La strada da percorrere è sin troppo lunga, non permette di
tagliare per via della ripidezza, siamo alla continua ricerca di una
scorciatoia che per buona sorte troviamo più in alto.
Dopo quasi tre ore di cammino siamo in cresta, intorno a noi
volteggia un falco che viene imitato da una serie di omini su parapendii; ci
divertiamo a salutare gli epigoni di Icaro e loro rispondono divertiti. Prima
di proseguire per la vetta ci fermiamo sull’ultimo tornante ad ammirare il
monte Nero(Krn) dalle forme inconfondibili.
Un cartello con freccia ci indica che manca solo un’ora alla
meta, ottimistico, non tenendo conto della neve. Ci portiamo al di là della recinzione,
affacciandoci sui prati di cresta. La bellezza del luogo inebria di energia lo spirito
libero che alberga in noi. Entrambi, come per un tacito accordo procediamo in
solitaria con i nostri silenzi, l’estendersi dello spazio aumenta l’appagamento
mistico. Dopo aver superato un’ampia conca, saliamo zizzagando il pendio
innevato sino alla sommità, così pervenendo sul filo di cresta; lo percorriamo
da est a ovest, ricalcando le impronte di chi ci ha preceduto.
Siamo stanchi, abbiamo effettuato 1100 metri di dislivello
con un numero considerevole di chilometri, la meta è lì davanti a noi, spesso
ci fermiamo a fotografare per rifiatare.
La temperatura estiva non aiuta ad alleviare la fatica, cerchiamo
forza nella bellezza dell’ambiente che appare lunare. L’omino solitario che
avanza nel bianco ha un aspetto onirico, in questa immagine è racchiusa la
storia dell’uomo che osa sfidare il non conosciuto per raggiungere
un’aspirazione da dove poter dominare il mondo e allo stesso tempo compararsi
con Dio.
Magritte è in mezzo a noi fa la spola, anch’esso sicuramente
è rapito dal sentimento mistico.
Per gli ultimi metri Fabrizio calza le ciaspole, io sono così
stanco che preferisco riempire le buche degli scarponi di chi mi ha preceduto.
Mancano pochi metri alla cima, materializzata da una centralina e una antenna
con molteplici ripetitori, peccato! La presenza della struttura artificiale
rovina quello che poteva essere la ciliegina sulla torta.
Ultimi metri ed eccomi, Fabrizio effettua la sosta e la
siesta, Magritte mi aspetta, sgancio lo zaino e giro intorno all’edificio: sul
versante nord la neve è dura e compatta, a occidente immacolata, e nessuno ha
osato percorrere l’affilato crinale.
Dei cartelli con segnaletica avvisano che si poteva sognare,
se non c’era neve in abbondanza avremmo proseguito per la meravigliosa cresta.
Ammiro l’imperioso massiccio del Canin totalmente avvolto dallo splendore
bianco. Sono eccitato, non sento il morso della fame, assimilo una banana per
reintegrare il potassio e sfamo l’amico Magritte che si è ben meritato la lauta
razione. Il tempo è volato via inesorabilmente, è meglio apprestarsi al rientro
procedendo a ritroso per il sentiero dell’andata. Pochi metri dopo la cima
incontriamo Diana, una simpatica, energica e solitaria ragazza dallo spirito vitale
e contagioso. Riconosce Magritte. <<Ma io questo cagnetto lo
conosco!>> Magritte, si scrolla la neve di dosso, dandosi delle arie. Scopro
che l’ardita fanciulla fa parte del nostro gruppo “La montagna per spiriti
liberi”. Dalle cime che ha conquistato
in solitaria e soprattutto in assetto invernale ci viene spontaneo chinare il
capo per un convinto <<Chapeau!!>>.
Come ragazzini ci divertiamo a immortalare il momento, per
poi dividerci, ognuno per la propria strada. Volgiamo indietro un ultimo
sguardo alla solitaria amazzone (che procede per la cima dello Stol) e
riprendiamo il cammino. Giunti presso l’inizio della lunga carrareccia che ci
riporta a valle decidiamo di tagliare dove fosse possibile il ripido pendio,
sfruttando dapprima il sentiero percorso all’andata e poi coraggiosamente districarci
come camosci per l’inerbita conca.
Durante una sosta approfitto per riempire la bottiglia d’acqua
fresca che sgorga dallo scioglimento della neve, spostando dei sassi creo una
conca dove poter raccogliere meglio il sacro liquido. Rifletto, non esiste
acqua più pura di quella presa all’origine, essa per ogni escursionista rappresenta il bene
supremo.
Il catino erboso che percorriamo in discesa è notevolmente ripido,
guadagniamo minuti preziosi per il rientro. Negli ultimi tornanti siamo lenti e
affaticati, dentro gli scarponi i piedi doloranti supplicano pietà, sognando un
rigenerante pediluvio.
La vista dell’auto è un’autentica liberazione, con le ultime
energie e i muscoli indolenziti procediamo al riposizionamento dei materiali e
alla successiva partenza. Mentre abbandoniamo la valle slovena ammiriamo il
monte Stol ancora illuminato dalla luce dorata del tramonto. Torniamo in patria
con la soddisfazione di una meta raggiunta e una nuova storia da raccontare.
Il “Forestiero Nomade”.
Malfa.
Note tecniche.
Localizzazione Prealpi Giulie -
Avvicinamento: Udine- Cividale-
San Pietro al Natisone- Stupizza- Confine di Stato- Robis- Alla
rotonda prendere la 3ª uscita per Staro selo/ e proseguire fino a Sedlo –
Sostare in uno dei spiazzi intorno al borgo.
Località di Partenza: Sedlo
Dislivello: 1200 m.
Dislivello
complessivo: 1200 m.
Distanza percorsa in Km: 20,3.
Quota minima partenza: 500 m.
Quota massima raggiunta: 1673 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: Sette.
In: Coppia
Tipologia Escursione:
Storico-Escursionistica.
Difficoltà:
Escursionistiche in condizioni normali.
Segnavia: Sloveni, bolli bianco -rossi.
Impegno fisico: Notevole.
Preparazione tecnica: Base.
Attrezzature: No.
Croce di vetta: No.
Ometto di vetta: No.
Libro di vetta: No.
Timbro di vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici: Tab 041.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo consigliato: Tutto l’anno.
Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero: Ben Battuto.
Fonti d’acqua: No.
Consigliati:
Data: 07 aprile 2018.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
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