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venerdì 4 novembre 2016

Monte Crostis dalla Val Alba.

 
                                                               Monte Crostis da Val Alba.                                                                                

 Note tecniche.

Localizzazione: Alpi Carniche-Gruppo Zuc della Bor

Avvicinamento: San DANIELE-Gemona-Moggio Udinese- Rotabile per Val APUA-Pradis-Borghi di Drentus-Virgulins-Imboccare forestale per Val Alba- Parcheggio presso spiazzo con Indicazioni CAI, Quota 1016.

Punto di Partenza: Parcheggio presso spiazzo con Indicazioni CAI, Quota 1016.

Dislivello: 900 m.

Dislivello complessivo: 1224 m.

Distanza percorsa in Km: 14 km.

Quota minima partenza: 1016 m.

Quota massima raggiunta: 1894

In: Solitaria.

 Tipologia Escursione. Selvaggio

Difficoltà: Escursionisti Esperti.

Segnavia: CAI 450.

Tempo percorrenza totale: 6,5 Ore.

Fonti d’acqua: In basso presso i ruscelli.

Attrezzature: Nessuna.

Cartografia consigliata. Tab 18.

Periodo consigliato: maggio-ottobre-

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato.

Data: 27 ottobre 2016.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa.

 
Relazione.

Quest’anno ho raggiunto un obbiettivo che mi ero prefisso, quello di andare in montagna tutte le settimane per tutte le quattro stagioni. Capisco che non sono obiettivi di primaria importanza e che nella vita ci sono cose più importanti, alla fine quello che conta è che ci sia la salute. Appunto, perché quest’ultima appena citata mi ha supportato. Conoscere la “Montagna” per un neofita come me non è semplice, ho cercato di osservarla da diversi punti di vista, come il giorno e la notte e il cambiare delle stagioni. Altra meta che mi sono prefissato e di conquistare per un anno solo cime nuove, anche questo obbiettivo è stato centrato, quindi come quando si raggiunge uno scopo si azzera tutto e si ricomincia da capo. Monte Crostis è la montagna giusta per un nuovo ciclo, sento di dover essere meno appariscente e cercare nelle profondità del mio inconscio, e il Crostis si presta a questa ricerca. La montagna non la si nota da Moggio per via delle altre cime molto pompose, come il possente Pisimoni, il regale, alpinistico e inviolabile Zuc del Bor e l’assolato Chiavals. Questi tre monti sono riconoscibili a occhio nudo anche da notevole distanza, chi passa per la Pontebbana, difficilmente rimane insensibile al loro fascino. La prima volta che li vidi rimasi stregato, nessun gruppo di montagne mi aveva fatto questo effetto, ne venni magneticamente attratto. Giovedì approfittando della bella giornata decido di andare a scoprire questo misterioso monte, con il nome gemello al “CrostIs dalla cresta morbida” sito presso Ravascletto. Stranamente non sono impaziente di andare, la sveglia suona, la spengo con un desiderio di continuare a dormire, ma poi mi desto di soprassalto esclamando: << Mazzo! Devo andare in montagna.>> Svogliatamente e tracollante come uno zombie mi avvio verso la cucina, accendo l’interruttore della macchinetta del caffè e apro la porta che dà sulla terrazza. Saluto gli amici quadrupedi, che mi attendono con tovagliolo al collo, pronti per la prima colazione. Sfamati cane e gatti, mi preparo la botta di energia.  Lo zaino è già pronto dalla sera precedente. Mi lavo, uno sguardo vanitoso allo specchio e mi avvio alla vestizione, dopo un’ora sono pronto. Come ascendente nel segno zodiacale devo avere il bradipo. Armamentario in auto e Magritte alias “Ringhio” al seguito si parte. Stavolta ho poco da poetizzare sulla notte, il cielo non è nero, ma di un blu Parigi tendente al cobalto. Lo spicchio di Luna, lassù nell’infinito sta per spegnersi con tutto il firmamento. Procedo per le strade di San Daniele e Gemona come il laborioso popolo friulano, nell’aria si sente l’odore di caffè e dalle autoradio viene fuori la voce di qualche DJ. Provo a immaginare una trasmissione radio stile Robin Williams in “Good Morning Vietnam”, e sulle note di Smells Like Teen Spirit  dei Nirvana, penso: << Buongiorno popolo, ancora a letto? Non volete andare a lavorare? Bene, scappate, fuggite lontano, oggi è un bel giorno per conquistare la montagna, per conquistare un amore.>> E così fantasticando arrivo nei pressi di Moggio. Che spettacolo! Albeggia. Il cielo è azzurro a tinte di rosa che contrasta con il profilo dei monti. Arresto l’auto in una sosta improvvisata, incantato scendo da essa. Il sublime mi accoglie e rapisce. Ripresomi dall’emozione supero la piccola cittadina di Moggio e mi inoltro nella val Apua, sicuro di rivedere lei, la regina, “la Grazuaria”. Un raggio solare la incendia la sua cresta, è “Arte” allo stato puro, malgrado ci sia qualche idiota che non ha compreso che la natura è “ARTE”. Seguendo le indicazioni per la Val Alba raggiungo la forestale che mi porta in breve al piccolo spiazzo, poco sotto la casera di Vualt. Con calma mi appronto per l’avventura, tenendo lo sguardo fisso sulle verticali pareti dell’Alta Via Moggese. Zaino in spalle, sogni e Magritte al seguito si parte. Essendo la stagione quasi invernale e non temendo vipere lascio Magritte libero dal guinzaglio. Il fido amico diventa la felicità a quattro zampe, si scatena, è divertente vederlo correre tra le foglie secche, come un motoscafo, così rompendo con il fracasso il silenzio della faggeta. Il primo tratto di sentiero è rilassante, supero gli enormi massi alla mia sinistra fino ad incontrare il cartello del parco che mi invita a virare a destra per raggiungere il Crostis, guado il quasi prosciugato Rio Alba per risalire sul versante opposto il bosco di faggi misti a pini. La pendenza è moderata, l’andamento rilassante, nessuna fatica, questo mi aiuta a fantasticare. Superato un impluvio copioso d’acqua e sbarrato da tronchi d’albero, comincia il tratto più faticoso dell’escursione. Il sentiero tramite piccole balze risale l’erto pendio tra faggi antropomorfi, larici, e pino mugo. La pendenza è sostenuta, fino ad arrivare ad un intaglio, prima fermata della via crucis. Superato il varco mi aspetta una discesa nel versante opposto per poi riguadagnare quota, con sentiero scavato nella roccia nella parte terminale, altro varco da superare (seconda fermata via crucis), stavolta mi attende il sole.  I suoi raggi frontali mi accecano la visione, raggiunto il vertice do un’occhiata sul versante opposto esposto a sud. Stupendo! Mi aspetta un bosco quasi pianeggiante, dominato dai ruderi della casera Crostis, ancora affascinante, è in bella mostra nel suo prato. Tutto intorno è un’esplosione di colori, distante ma imperiosa regna la Grauzaria, accattivante, indossa una preziosa coperta autunnale. Il sentiero riperde quota, per poi riguadagnarla mirando all’inerbita cresta (terza fermata via crucis).  Raggiungo un cartello con indicazioni: a destra si va per la vicina forcella Vidus, il sentiero a sinistra procede per la lontana forcella di Fonderiis. Decido di fare l’anello in senso antiorario, così raggiungo in venti minuti la piccola forcella di Vidus che si innesta sull’alta Via di Moggio. Lo sguardo vola lontano, dal Pisimoni alla pianura Friulana. Una traccia ben marcata tra i mughi percorre la cresta che in alcuni tratti è molto esposta e affilata. La mia meta è a sinistra, quindi volgo le spalle al Pisimoni e procedo, seguendo la via tra i mughi. Supero una cengia esposta a oriente, per poi passare sempre tra i mughi sul versante occidentale, dove spiccano come fantasmi scheletri di larici. Il paesaggio è stupendo, cerco di rimanere concentrato, la voglia di lasciarmi andare è forte. Ora la traccia risale un tratto inerbito tra le rocce, fino a dominare dall’alto i pinnacoli di roccia, da dove posso ammirare il dirupato versante orientale.  La marcata traccia mi porta a risalire un canalino tra le rocce, non vedo la cima, e ogni elevazione di quota sembra quella finale, ma poi si rivela fatua, come se aprissi una matrioska. Dal vertice raggiunto proseguo tra mughi e balze erbose sempre a nord fino a raggiungere il tratto più delicato, un esile sentiero sull’affilata cresta esposta su entrambi i versanti, con cautela supero l’ostacolo, rivelandosi meno ostico di come appare. Scendo pochi metri e finalmente avvisto la vetta. L’ammiro sul versante occidentale dove appare morbida, coperta da mughi. Il sentiero che la solca è bene visibile, lo percorro con gioia sapendo che le fatiche volgono al termine. Raggiunta la piccola cima pavimentata a ghiaie, rimango positivamente sorpreso che il vertice non è materializzato da nessun tipo di oggetti artificiali, ma solo ed esclusivamente da un semplice ometto. Mi guardo intorno per assicurami che sia la vera cima, il Crostis; la piramide a nord è il Zuc del Bor, il panettone a sud è il Pisimoni, quindi questa è l’elevazione intermedia più alta, allora, missione compiuta! Sorrido, penso a qualche amico che ha la fissa delle croci, e sarebbe pronto a colonizzarla. Rido e penso. <<Caro Crostis, spiegami come ti sei salvato dall’atroce usanza, quella di avere una croce, una madonnina e un libro di vetta, ma non è che sei diverso dagli altri? Anticonformista? Non è un gioco arrivare quassù da te. Non sarai mica un spirito ribelle? Uno che dice e fa quello che pensa, uno di quelli che parla e discute su argomenti che tutti fanno, ma abilmente nascondono. Beh! Scusa la curiosità. Sei anticonformista, libero, e vuoi pure la croce? Magari la medaglia al valore. Scusami ancora, ma se hai scelto la libertà, questo è il prezzo che devi pagare per non avere nessun marchio! Ringrazia che hai due sassi, a pensarci bene forse te li hanno tirati.>> Ridendo termino la riflessione, amando ancora di più questa cima ribelle, bella, ospitale, accogliente. Fatte le foto di rito, con il fido amico ci spostiamo un metro in basso nel manto erboso, per ripararci dalle raffiche di vento. Apro lo zaino e tiro fuori le cibarie, per Magritte questa sì che è religione, e lui in questi casi è fedele e osservante. La temperatura corporea a causa della posizione statica diminuisce, mi copro con tutto quello che ho, consumando il pasto e smarrendo lo sguardo sulle meravigliose montagne. La neve è scomparsa da tutte le cime, la Grauzaria domina tutto e tutti, il Zuc del Bor è bello come una piramide egizia. Le altre sono lontane ma le osservo tutte. L’Amariana sorride, il Coglians si concede l’ultimo sole prima di indossare nei mesi a venire la mise invernale. Che gioia, per tutto, per il cuore, la mente, il fisico. Magritte mi osserva con lo sguardo da saggio.

Il tempo scorre velocemente, è giunto il momento di abbandonare la cima ribelle, proseguendo a nord. Mi chiedo quali pericoli mi aspettino prima di raggiungere il cartello del bivio in basso. Rimango sorpreso per la facilità del sentiero, dopo pochi metri supero un tratto dirupato e mi ritrovo ad un bivio. L’alta via prosegue a Nord, e il mio sentiero con un’inversione di rotta si abbassa prima a sud e poi a occidente ripercorrendo i resti di una vecchia mulattiera di guerra scavata nella mugheta. Sono avvolto dentro la mia giacca a vento, il foulard in cashmere afghano mi fascia il collo. In sintesi viaggio al calduccio, e se non bastasse, l’inerbita mulattiera sembra un tappeto morbido da camera, quasi quasi mi tolgo gli scarponi per non rovinarlo. Che strana sensazione, come se fossi dentro un letto, coperto da un caldo piumone, e fuori tutto intorno proiettano sul maxi schermo lo spettacolo più bello del mondo. Ho le lacrime agli occhi, mi ritrovo dentro una scatola di colori. Mi identifico in quei bambini che dentro una cartoleria possono scegliere solo ed esclusivamente una scatola di pastelli tra mille. Non credevo che la felicità si mostrasse in queste sembianze  dandomi queste emozioni.  I colori ci sono tutti, i verdi smeraldi dei mughi e degli abeti, il giallo oro dei larici, i bruni delle foglie rinsecchite dei faggi, il rosso carminio dei sorbi degli uccellatori, l’azzurro del cielo, il viola delle cime lontane, il bianco delle rocce, il grigio di alcune cortecce. Che grande artista è la Signora Natura, adopera i primari e i complementari come nessun altro. Nessuna tinta è fuori posto, sto vivendo un sogno. Un artista scrisse che l’autunno è la primavera dell’inverno. Io penso che l’autunno sia la stagione degli esseri umani intorno al cinquantesimo anno di età.  Possediamo tutti i colori, ma non sono più vivaci come quando eravamo giovani. Ora sono più caldi, saturi, l’esperienza ha trasformato la felicità in sapienza. E ben sapendo che presto verrà l’inverno, indossiamo ogni giorno gli abiti più belli, illudendoci di vivere una seconda giovinezza, finché l’ultima foglia non cadrà. Con questi pensieri autunnali raggiungo i vecchi ruderi della Casera Crostis, è diroccata, ma conserva l’anima, una sorta di sacralità. Entro dentro l’edificio, Magritte ha paura, o forse avverte strane presenze, abbandono il rudere rientrando per il sentiero dell’andata. Ho gli occhi pieni di colori, solo il su e giù del sentiero è fastidioso, mitigato dalla bellezza del bosco. Così raggiungo il posto auto, prima che le luci del giorno si abbassino, per incontrare un nuovo amore, l’eterno che coraggiosamente si svela. La vita.

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.

 




































































































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