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lunedì 26 ottobre 2015

Monte Musi Ovest 1866 m. Dalla vallle del Torre.


Monte Musi Ovest 1866 m. dalla valle del Torre.

Note tecniche.

Localizzazione: Prealpi Giulie

Avvicinamento: Tarcento-Valle del Torre-Due chilometri dopo il ristorantre alle Sorgenti, prestare attenzione ad un piccolo spiazzo sulla sinistra, cartello CAI sentiero 737 con indicazioni per il monte Musi (quota 691)

Punto di Partenza: Spiazzo sulla statale quota 691

Tempi di marcia escludendo le soste: 6 ore

Dislivello complessivo in salita: 1200 m.

Distanza percorsa in Km: 12,5 Km.

Quota minima partenza: 691m.

Quota massima raggiunta: 1866 m.

Condizioni Meteo: Eccellenti

Segnavia: CAI sent. 737.

Fonti d’acqua: Ultima fonte  presso il Rio Zalodra.

Difficoltà: Escursionistico per esperti con tratto attrezzato.

Attrezzature : Si, anche se parzialmente rifatte sono logore.

Cartografia consigliata. Tabacco n. 026

Data: Sabato 24 ottobre 2015

Condizioni del sentiero: Ben marcato e ben tracciato.

Periodo consigliato: Da maggio a novembre.


Il vostro “ Forestiero Nomade".
Malfa.


La cima Musi Ovest è di12 metri più bassa della cima gemella sita a est, ma molto più impegnativa.
Da molto tempo l’ho messa in programma, e approfittando delle giornate primaverili mi appresto alla conquista. La meta si presta alla meditazione, un viaggio nel selvaggio ambiente ideale per filosofare. Finalmente arriva il sabato mattina, lo zaino è pronto da una settimana, mi sveglio presto in stile estivo, con viaggio notturno tra le cittadine friulane fino arrivare nella valle del Torre avvolta ancora dalle tenebre.
La bruma emanata dalle acque del torrente crea una atmosfera magica. Dal punto di partenza dove sosto l’auto intravedo un firmamento magicamente stellato.  Abbasso il sedile e mi dono un breve sonnellino, punto la sveglia scrutando le stelle e mi avvio per la breve visita di cortesia a Morfeo.
Alle prime carezze dell’aurora mi sveglio, indosso gli scarponi da montagna, lo zaino in spalle e parto.
Guado il secco letto del torrente Meo e seguo la pista forestale sino alla casera Tanatcason (In ristrutturazione), la supero inoltrandomi nel bosco di pini e ginestre.
Guado il rio Tapotamof, il sentiero con piccole svolte risale un costone, guadagnando rapidamente quota fino ad attraversare quasi orizzontalmente il fianco occidentale del monte Tamor.
Supero con cautela per l’esposizione di alcuni passaggi, un cavo messo come passamano in un tratto dirupato mi è di grande aiuto. In breve, raggiungo l’ombrosa gola del Rio Zalodra e subito dopo il costone a occidente che riprende a essere erto.
Dopo una serie di svolte il sentiero si addentra e inerpica in un vallone dove il proseguo è difficoltoso a causa della pendenza e di alcuni piccoli salti. Ammiro le guglie rocciose che nella mia fantasia assumono forme antropomorfe. Mi lascio andare, catturato dalla bellezza dei colori autunnali. Raggiunta la piccola sella volgo un primo sguardo sulla cima dei Musi e all’affascinante catena montuosa.
Il sentiero scende per alcuni metri inoltrandosi in un bosco di faggi per poi risalire fino a sbucare fuori tra i mughi, ultimi metri e guadagno la cresta.
La traccia si biforca: a destra per la cima dei Musi, a sinistra per il piccolo bivacco del Brollo che raggiungo!
Posto in posizione panoramica, il bivacco domina la valle del Torre, è un autentico nido d’aquila, all’interno sono posti quattro comode brande, mentre all’esterno, un tavolo con due panche fisse.
Mi rendo conto che a causa dell’eccessivo peso dello zaino ho sfacchinato, quindi ho deciso di lasciarlo al bivacco, e di proseguire portando a seguito (imbrago indossato) la piccola sacca con lo stretto necessario. Dopo le operazioni firmo il libro degli ospiti e riparto per la meta.
L’esile traccia percorre la dorsale erbosa che dal bivacco si collega alla base del costone roccioso dei musi. Dopo un tratto di mughi risalgo il costone roccioso sino ad incontrare le prime attrezzature. Il primo tratto attrezzato dopo il primo passaggio verticale si snoda su un traverso (secondo me la parte più insidiosa delle attrezzature), un cavo leggermente lasco e rafforzato che attraversa una paretina con pochi appoggi e appigli. Superato questo breve tratto, il sentiero attrezzato si inerpica lungo l’erto pendio, superando brevi salti (I grado) muniti con una staffa e alcuni pioli fino alla sommità del costone dove terminano le attrezzature. Un piccolo cartello indica che il proseguo per sella Carnizza è a destra, la mia meta invece è a sinistra. Supero con attenzione i primi metri di sentiero tra roccette sino alla base di un salto di un paio di metri, (I grado inf.) prestando attenzione all’esposizione a destra. Raggiunta la cresta la cima è vicina, seguo i chiari segni scendendo di un paio di metri sul versante settentrionale per raggiungere definitivamente la vetta, simbolizzata da un ometto e una cassetta metallica con libro firme e timbro.
La sommità è disseminata da Ometti, somigliano a gendarmi di guardia, se ne stanno lì immobili. Sono spiriti, figure inquietanti?
La bellissima giornata, così insolita per questa cima rende la presenza degli ometti beneaugurante. Mi prendo tutto il tempo che voglio di godermi il paesaggio, omaggio le signore montagne, molte delle quali ho avuto l’onore di conoscere di persona.
Mi piace, sono estasiato, ne approfitto per indossare la maglia della mia squadra del cuore, mi è di buon auspicio. Mi costruisco con i sassi un comodo seggio, per una breve frazione di tempo sarò principe! Lo sguardo domina dall’alto tutto e il tutto, dal mare alle dolomiti, dalla Slovenia all’ Austria sino al lontano Veneto. Vivo nella magia, nella poesia, sogno eppure son desto.
Insieme al mio alter ego vivo attimi indimenticabili, scruto di tanto in tanto verso il bivacco notando la presenza umana. Estraggo dalla sacca le provviste e riprendo le energie. Mi alzo dal trono approntandomi per la discesa, cautelandomi, rimanendo vigile e prudente (piccoli passi e concentrazione), scendo rapidamente il tratto attrezzato superando l’angusto passaggio del traverso con direzione il bivacco
Rifirmo il libro del bivacco, rassicurando i posteri sul mio rientro “sano e salvo”. All’esterno della struttura istauro una breve conversazione con i nuovi ospiti!
Trattasi di due simpaticissimi triestini (ricercatori di fisica) intenti a sollazzarsi, sicuramente dopo la breve conversazione con il sottoscritto (escursionista con maglietta dell’Inter, bandana a foggia di turbante e forte accento siculo) avrò messo in dubbio molte delle loro certezze scientifiche.
Scherzo! Mi congedo dai viandanti e mi avvio per il lungo e tortuoso rientro! Fa caldo, indosso solo la maglietta e non mi pare vero di essere a novembre.
Nelle ultime riflessioni il pensiero vola alle mete raggiunte in estate e in tutte c’era un denominatore comune: una grande forza di volontà nel raggiungere gli obbiettivi, e una accresciuta autostima. I meravigliosi colori autunnali e il cielo azzurro mi saranno compagni sino all’auto. Prima di rientrare volgo un ultimo sguardo verso i maestosi Musi, croce e delizia per molti escursionisti!
Il vostro “Forestiero Nomade”
Malfa.














































lunedì 12 ottobre 2015

Forcella del Monte Cavallino 2433 m.

 
Forcella del Cavallino da Pian di Tabeli

Note tecniche.

Localizzazione: Dorsale Carnica occidentale.

Avvicinamento: Tolmezzo-Ovaro-Sappada-Santo Stefano di Cadore-Passo di Monte Croce Comelico-Sega Digòn-Pian della Mola-Pian DI Tabeli.

Punto di Partenza: Pian DI Tabeli 1588m.

Tempi di marcia escludendo le soste: 5 ore.

Dislivello complessivo in salita: 1000 m.

Distanza percorsa in Km: 11.00 km.

Quota minima partenza: 1598 m.

Quota massima raggiunta: 2546 m.

Condizioni Meteo: Nuvoloso.

Segnavia: CAI sentiero 145-146- paletti e segni su massi.

Fonti d’acqua: Abbondanza di piccoli ruscelli fino in alta quota.

Difficoltà: Escursionistico

Attrezzature:

Cartografia consigliata. Tabacco 017.

Data: 10 ottobre 2015.

Condizioni del sentiero: Marcato ed eccellentemente segnato.

Periodo consigliato: luglio-settembre:

 

Il vostro Forestiero Nomade.

Malfa.

Relazione.

 
L’autunno mi stimola a stare più tempo a letto, la sveglia suona invano, non la sento, mi alzo in ritardo convinto di rinunciare all’escursione, ho tutto pronto dal giorno prima. Prima colazione e cambio idea, si va! Direzione Santo Stefano di Cadore, meta la cima del Cavallino con i suoi 2689 metri, niente male. Partire da Lestans significa affrontare un lungo viaggio in solitudine, sfiorando le pendici delle prime cime della pianura friulana. E’ buio pesto, guidando ascolto il silenzio, incontri con gli animali selvatici, una giovane volpe intenta a giocare sul ciglio della strada, un gatto selvaggio dalla gonfia coda a caccia di prede. Accendo lo stereo dell’auto, John Lennon canta le sue liriche, piano piano anche a causa della bassa velocità (autovelox in agguato), entro in un sogno, avvolto dai ricordi remoti e recenti. Sono ipnotizzato dalle luci dell’auto che mi precede. E’ affascinante, sono inebriato, attraverso la Carnia, tra emozioni intense e sogni da accarezzare. Come se una presenza divina mi toccasse la mano, baciasse il volto e mi guidasse con i suoi pensieri arditi. Superata la località di Sappada, mi ritrovo nel magico paesaggio del Cadore, mi fermo a chiedere delle informazioni al gestore di un bar. I volti che mi circondano sono scavati, gente di montagna, forte, cordiale e sincera. Ascoltano il mio accento che non è locale, notano la reflex appesa al collo, pronta a catturare l’attimo fuggente. Le loro risposte mi aiutano, ma sono rapito dal loro mondo, forse non li ascolto nemmeno. Giunto a Santo Stefano di Cadore prendo la direzione per il passo di Monte Croce Comelico, e successivamente seguo le indicazioni per la valle del Digòn. Le informazioni sono chiare, è impossibile perdersi. Giunto ad un bivio con monumento dedicato ai caduti della cima Vallona, giro a sinistra seguendo le indicazioni per il Pian della Mola, costeggiando su strada asfaltata il torrente Digòn. Supero lo spiazzo di Pian della Mola prendendo il bivio a sinistra, fino a raggiungere Pian di Tabeli, sulla sinistra piccolo spiazzo dove sostare l’auto e cartello con indicazioni per il Cavallino (sentiero 145). Zaino in spalle si parte, percorrendo un’ampia carrareccia senza segnavia che risale il pendio boschivo, fino a raggiungere la conca prativa dominata dalla malga” Casera Pian Formaggio” quota 1802 m. Proseguo a occidente, sull’ultima stalla indicazioni per il Cavallino. Un piccolo sentiero ben segnato e marcato si inoltra nel bosco e lo risale con piccole anse, fino a uscire sul pendio erboso, bivio “le Drotelle” quota 1975 m, cartello con indicazione, quella per il cavallino segue a sinistra. La traccia risale il pendio erboso, tra radi larici e in seguito solcato da ruscelli. La temperatura scende rapidamente con il guadagnare di quota, i colori bruni autunnali dominano lo sguardo, le cime sono avvolte da nuvole, raramente un tocco di azzurro le tinge. E’ un ampia conca prativa brulla, un deserto alpino, osservo i numerosi buchi di marmotte, mi suggeriscono che gli amici roditori hanno iniziato il loro letargo. Piano piano risalgo l’erto sentiero, coprendomi per ripararmi dal freddo e volgendo lo sguardo in alto in cerca delle rocce sommitali! Mi ritrovo in prossimità di un ghiaione dove le nuvole divertendosi con il nomade forestiero velano e svelano le meravigliose guglie dolomitiche. L’Atmosfera è cupa, un vento gelido mi abbraccia, tutto questo mi intimorisce. Guadagno la forcella del Cavallino, quota 2433, “Cavolo sono alto!”, e lo sento dalle mani gelate, mi copro con più strati di guanti, benvenuto inverno! Il vento gelido mi taglia il volto, mi trovo in un luogo incantevole e i ricordi volano lontani a quando salivo sulla cima del Pleros e da lontano il Cavallino attirava la mia curiosità. Era estate, una giornata solare e avevo un altro amore da conquistare. Nella forcella è posto un  cartello con indicazioni, la cima non è lontana, seguo una delle due tracce che portano a occidente, risalendo i ghiaioni, ma non è il bianco del ghiaino a preoccuparmi, ma quello della neve, il freddo si fa pungente, e mi spingo contro vento, investito da nuvole che da nord corrono a sud. Guadagnato un centinaio di metri di dislivello, constato che il sentiero che scende dalla cima è innevato, e mi preoccupa, visto che sono sul lato meridionale, prudenza e calma non mi mancano, ma sono cosciente che rischio ad affrontare il lato nord, essendo sprovvisto di ramponi, il peggioramento meteo rafforza questa mia opinione. Senza tanti indugi faccio dietrofront, ridiscendo velocemente il pendio, un ultimo sguardo alla signora, eccola!  Dispettosa e irriverente, si diverte a velarsi e svelarsi facendomi intravedere le vie d’accesso al suo cuore, con quel sorrisetto da furbetta, avrei voglia di rispondere, bellina, guarda che non sei la “Terza grande”. Non sarei galantuomo, è solo un appuntamento rinviato!

Il vostro Forestiero Nomade.