Monte Musi Cima Est da Sella Carnizza.
Note tecniche.
Localizzazione: Prealpi Giulie.
Avvicinamento: Pinzano-Gemona -Val Resia- indicazioni per Uccea-
Sostare l’automezzo presso la Sella Carnizza (m 1086), segnavia CAI n.737
(cartello) e ampio parcheggio.
Dislivello: 800 m.
Dislivello complessivo: 800 m-
Distanza percorsa in Km: 7 chilometri.
Quota minima partenza: 1086 m.
Quota massima raggiunta: 1878 m.
Tempi di percorrenza escluse le soste: 5 ore,
In: Solitaria
Tipologia Escursione: Escursionistica-Naturalistica
Difficoltà: Escursionistiche.
Segnavia: CAI 737
Impegno fisico: Medio.
Preparazione tecnica: bassa
Attrezzature: Si.
Croce di vetta: No.
Ometto di vetta: Si.
Libro di vetta: No.
Timbro di vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli – Tabacco 026.
2) Bibliografici:
3) Internet:
2) Bibliografici:
3) Internet:
2)
Periodo
consigliato:
3)
Da
evitare da farsi in:
Condizioni del
sentiero: Ben segnato e marcato.
Fonti d’acqua: No.
Consigliati:
Data: 23 ottobre 2017
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
Malfa
Durante una delle ultime
notti passate insonni mi viene in mente il Veliki Rop, la cima da poco
conquistata dall’amico Ilario.
Dopo un mese di inattività la montagna mi
chiama, e mi da un indirizzo ben preciso, quindi devo solo attendere il giorno
propizio. Questo mercoledì il meteo mette bello, interiormente sto bene e
quindi ho bisogno di sgambettare per monti, da solo, senza nessuna presenza
estranea e che sia da disturbo ai miei pensieri.
Volendomi recarmi in Val
Resia, attraverso il ponte di Pinzano (sul Tagliamento) che collega la
provincia di Pordenone con quella di Udine. Poco dopo eccomi nel magico borgo
delle rose, confesso che adoro questo fiore, e questa frazione ne è ricca.
Spesso, anzi sempre,
durante i miei tragitti in auto mi fermo a rubarne qualcuna, recido con un
delicato tocco il fiore dal gambo velandolo dentro il palmo della mano, per poi
donarlo a chi amo. Anche questa volta mi sono fermato davanti al roseto, e con
agire furtivo mi sono avvicinato ad esso, ma una rosa tra tutte mi ha attratto.
Il purpureo fiore, se ne stava solitario fuori dal roseto, isolato sul
marciapiedi quasi al bordo della strada.
La rosa sbocciata da tempo
desidera fuggire, sui monti che essa da lontano ha sempre ammirato; non vuol
essere donata a un amore che come tutte le cose del divenire non perdurano in
eterno, mi chiede di portarla su una cima, su un monte, per ammirare il mondo
dall’alto e aspettare che un respiro sparga i petali al vento.
Dopo aver accolto
l’invito e raccolto la rosa, la adagio sul sedile anteriore, di tanto in tanto
l’ammiro e a volte le chiedo se essa ha mai amato. Mi risponde che sapeva sin
da quando era bocciolo che sarebbe stata donata, non le sono nuovo, spesso mi
vedeva avvicinare, ma io non le rivolgevo lo sguardo, guardavo le altre, che
sicuramente saranno finite dentro un libro, o essiccate come mummie, o peggio
ancora in un bidone di composto riciclato. Stavolta sapeva che sarei passato da
lì, mi ha chiamato con il cuore, io le ho risposto e ora come un amore viaggia
con me, in fuga lontano da tutto e da tutti, su una cima che ha solo visto nei
sogni.
Giungo alle prime luci
dell’alba in Val Resia, i colori autunnali accendono il cielo, il paesaggio è
una tavolozza di pittore. Seguendo le indicazioni raggiungo Sella Carnizza, al
parcheggio trovo un’altra auto, penso che incontrerò la compagnia durante
l’ascesa.
Mi preparo in fretta e
inizio questa nuova avventura, erano mesi che non avvertivo queste mirabili sensazioni.
Il primo tratto di sentiero si sviluppa nel bosco di faggio, il percorso è ben
marcato e mai ripido, finché da quota 1400 metri (circa) attraverso un lungo
corridoio carsico, dove le rocce e l’umida vegetazione si aprono al cielo terso
ottobrino. Mi fermo ad ammirare le lontane cime, quasi tutte conosciute, ma
oggi mi appaiono come ricordi lontani. So benissimo che la menomazione all’anca
per ora mi pregiudica le lunghe e incisive escursioni, ma oggi non avverto
dolore, solo la fatica dovuta alla lunga inoperosità. Un tratto con cavi
arrugginiti ravviva la memoria, l’ultima volta che sono stato sulla cima est
dei Musi era il 2013. Un varco tra le
rocce simile ad una porta mi introduce al magico modo dei giganti. Sì, giganti,
così chiamo i megalitici massi caduti come lacrime di pioggia dal Veliki Rop;
essi, come possenti guardiani del tempio sembrano aprire o chiudere la strada
ai viandanti. Passo tra i megalitici massi con gioia, amando la loro superfice
dove rifletto il mio amore e il mio dolore. Dai giganti intravedo la non più
lontana forcella, essa è posta tra il monte Musi cima est e il Veliki Rop (a
destra). Sono quasi arrivato a destinazione, il tempo è volato via velocemente,
grazie anche ai numerosi pensieri che di questi tempi mi affollano la mente.
Sento la fatica per lo
scarso allenamento, ma ormai sono quasi in vetta. Poco sotto la forcella mi
libero dallo zaino per pochi minuti, riflettendo sul da farsi. Sono stanco e
non mi sento di affrontare il Veliki Rop, i passaggi di primo grado e oltre in
questo momento potrebbero essermi fatali, mi contento di visitare la cima dei Musi,
quella inerbita.
Pochi metri ed eccomi
nei pressi dell’omino di vetta, tra i sassi non trovo il contenitore del libro dei
visitatori. Guardando prima a sud e poi a ovest scorgo il bivacco Brollo, e la
cima ovest dei Musi, e due figure che odo anche da lontano. Grido verso loro,
ma non ascoltano la voce che proviene dal vento, quindi prima che mi conceda alla
contemplazione apro il taschino della giubba dove ho riposto la rosa. Prendo il fiore con cura, delicatamente e lo adagio
in cima all’ometto di pietra, alcuni brevi aliti di vento ne spargono alcuni
petali per la vetta, il resto rimane assieme al gineceo sulla fredda pietra. Tra
i petali scorgo il sorriso dell’elegante fiore, che spegnendo lo sguardo
abbandona questo mondo, donando a esso come ultimo gesto i suoi petali color rosso
ardente e il suo profumo.
Osservo la rosa purpurea
spegnersi nell’amore, una lacrima furtiva solca il mio viso, la sento scendere,
calda e dolce come una carezza, il sacrificio del fiore è stato un gran gesto
d’amore, mi ha commosso.
Il paesaggio che mi circonda è meraviglioso,
riempie l’animo di emozioni, ammiro tutte le catene montuose del Friuli e
oltre, la neve ancora non ha fatto capolino, e la temperatura mite rende il
tutto irreale.
Non so quanto tempo è
passato, ma riprendo la via del ritorno, scendo lesto per quanto io possa fare,
finché mi ritrovo di nuovo tra gli enormi massi. Ho l’impressione di essere
seguito, sento una strana presenza tra i megalitici guardiani della valle, come
una farfalla, tocchi furtivi che intravedo di sottecchi, per poi fuggire via,
chissà dove è andato, chissà cos’è. Ecco, è un uccellino, non riesco a
identificarlo, si nasconde tra i rami della vegetazione, ma attira la mia
attenzione, si eccolo, è un pettirosso, che mi segue, come se facesse da guida
ai miei sogni e desse risposte ai miei interrogativi. Faccio finta di nulla, di
non averlo scorto, ma sento la sua presenza. Mi segue tra le rocce, tra gli
ombrosi faggi dipinti di rosso dall’autunno, lasciandosi abbagliare dagli aghi
dorati del larice. Il pettirosso mi segue fino all’auto, e si nasconde tra le
foglie mancate, chissà cosa desia. Io parto, rientro, lasciando la valle per
raggiungere l’aperta pianura. Guido con pacatezza, ma a volte ho la sensazione
di essere seguito, sarò stanco e quindi ne avverto i sintomi. Sognando e
rivivendo le emozioni raggiungo l’abitazione, e dopo aver lasciato l’auto in
giardino mi preparo ad entrare a casa. Davanti il cancello condominiale, su un
lato noto per terra il corpicino di uccellino, mi abbasso per indagare meglio,
è un pettirosso privo di vita, sicuramente morto per la fatica. Con tristezza
immagino che sia il piccolo pettirosso visto in montagna, mi ha seguito per un
centinaio di chilometri fino a casa. Lo raccolgo, adagiando il piccolo corpo
inerme sopra una foglia e con un’altra lo copro. Non voglio seppellirlo. Lo
adagio con lo sguardo proteso verso l’azzurro cielo, chissà perché mi ha
seguito, forse mi ha protetto durante il viaggio del ritorno, oppure anch’esso
desiderava lasciare la montagna per un mondo nuovo, come me in questo momento.
Il forestiero Nomade.
Malfa.