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sabato 16 febbraio 2019

Monte Ciaurlec invernale

 
Anello del Monte Ciaurlec da Praforte.

                            

Note tecniche.



Localizzazione: Prealpi Carniche-

Avvicinamento: Lestans-Travesio-dal centro di Travesio proseguire per l’ex poligono di tiro, dopo una ripida risalita si arriva in fondo alla strada asfaltata, poco prima di un segnale di divieto lasciare il mezzo in una zona adibita a sosta (a dx).

Località di Partenza: Poco sopra il borgo di Praforte. Q 450 m.



Dislivello: 750 m.





 Dislivello complessivo: 750 m.





Distanza percorsa in Km: 15 chilometri.





Quota minima partenza: 450 m.



Quota massima raggiunta: 1148 m.



Tempi di percorrenza escluse le soste: 4 ore

In: Solitaria



 Tipologia Escursione: Naturalista.



Difficoltà: https://www.vienormali.it/images/layout/dif-EE.gif Escursionistica, per via della neve  per Esperti.

Segnavia: CAI 850

Impegno fisico: Medio.

Preparazione tecnica: Base.

Attrezzature: No.


Croce di vetta: Si.

Ometto di vetta: No.

Libro di vetta: No.

Timbro di vetta: No.

Riferimenti:

1)           Cartografici: IGM Friuli-Venezia Giulia - Tabacco. 028.

2)           Bibliografici:

3)           Internet:

Periodo consigliato: Tutto l’anno.

Da evitare da farsi in:

Condizioni del sentiero: Marcato e ben segnato

Fonti d’acqua: Nessuna.

Consigliati:

Data: 29 gennaio 2019

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

 
Racconto:

L’ultima nevicata ha cambiato i miei propositi escursionistici, quindi, volendo approfittare della singolare giornata di sole che precede una settimana all’insegna del maltempo, ho deciso di ritornare dopo tanto tempo sul monte Ciaurlec, un vero e proprio ritorno alle origini.

Trentaquattro anni fa, come sottufficiale fui assegnato alla Divisione Ariete e per la prima volta misi piede nella regione. Le prime esercitazioni le effettuai proprio nel poligono del monte Ciaurlec. Allora ero un giovane sergente, ricordo ancora bene le intere giornate passate al poligono di tiro, o le esercitazioni a fuoco con l’artiglieria sul Tagliamento, da dove proiettavamo granate di grosso calibro verso il monte. Passa il tempo e passano le stagioni e intanto il poligono sul monte è stato smantellato. In età matura decido di togliermi l’odioso vizio del fumo e successivamente scopro che camminare fa bene alla salute, e camminare per monti lo fa ancora di più.

Il Ciaurlec, sito a pochi chilometri da casa, diventa la mia naturale palestra; scopro in esso i primi sentieri, le casere, e con il tempo perfezione sia il vestiario che la tecnica.

Dopo essermi Iscritto al CAI, insieme agli amici della sezione di Tramonti si decide di creare un sentiero numerato sul monte, che riprende in gran parte lo schema dei vecchi troi, così nasce l’850, un sentiero ad anello e a forma di 8, che con partenza da Toppo porta in vetta, passando per ben quattro casere.

Ho così avuto la mia opportunità di espiare la colpa di tutte quelle granate lanciate sopra il monte, peraltro dedicandogli la cura della segnaletica per l’intera giornata in cui ho compiuto cinquant’anni.

Il Ciaurlec da allora è una montagna che sento mia, a cui devo tanto, compreso l’amore per la natura. Così dopo anni di assenza, decido di ritornare su, e per questa escursione ho scelto di partire alto, subito dopo il borgo abbandonato di Praforte.

La temperatura nel primo mattino è polare, ma le previsioni per il proseguo della giornata sono favorevoli. Pennellate di azzurro mi attendono, e con il passare delle ore scacciano via le sparute nubi. Una volta attrezzato parto per l’escursione, percorro a memoria la carrareccia di esecuzione militare che mi porta a risalire il piano, fino ad incontrare la prima neve. Non trovo ne bolli ne segni, solo la memoria mi soccorre. Anche con la recente neve la traccia persiste, a volte si deve intuire, essa mi guida fino alla casera di Sinich, prima tappa dell’uscita.

Durante l’ascesa spesso sono distratto dall’incanto della neve sulla vegetazione, i vari giochi di luce creati e i disegni che ne scaturiscono sono fantastici. Sono colmo di beatitudine, procedo lento ma costante, il mio amico fido mi segue, stiamo vivendo nel nostro ambiente naturale. Sostiamo brevemente presso la casera Sinich, per poi proseguire per il sentiero CAI che parte alle spalle della costruzione.

Con l’aumentare della quota aumenta anche lo spessore del manto di neve, ma la traccia resta intuibile e con il coadiuvo dei segni sui tronchi e sui massi procedo tranquillo. Poco prima della casera Tamer mi smarrisco tra le ramaglie a causa della scomparsa di qualsiasi segno di identificazione del sentiero. Non mi perdo d’animo, mi giro e rigiro, scavando con gli scarponi notevoli solchi nella neve, finché mi inerpico verso un lato oscuro fitto di vegetazione. Durante il passaggio da un varco nella vegetazione qualcosa si aggancia allo zaino, come fossero braccia secche con mani tese e forti, faccio forza e tiro, e con uno strappo mi libero dalla presa. Pochi metri dopo, nel cercare la mappa nella tasca posteriore dello zaino, mi accorgo di vistosi squarci nello stesso. Evidentemente la forza misteriosa mi voleva trattenere a tutti i costi in basso, evitandomi questa inutile salita. Nello strappo oltre a causare la naturale fine del fedele compagno (lo zaino, che tante cime ebbe l’onore di conquistare), ho perso anche una targhetta con su scritto il mio nome, essa è rimasta agganciata alla ramaglia, sarà stato un segno?

Ridiscendo a ritroso fino all’ultimo segno visto in precedenza, con più attenzione noto un altro segno in alto in mezzo ai rami, ecco la giusta via, quindi riprendo il cammino fino alla prossima meta, la Malga Tamer, che raggiungo anzitempo, malgrado lo spessore del manto nevoso sia notevolmente aumentato.

 Raggiunta la casera entro all’interno del locale, ho voglia di accendere un fuoco nel caminetto utilizzando dei legnetti secchi ed è quello che faccio. Il fuoco divampa velocemente, lo scoppiettio della legna è una dolce melodia. Ammirando le lingue di fuoco dal caldo colore mi gusto il meritato infuso che ho portato nel termos e ne approfitto per indossare le ghette, stavolta ne abbisogno. Una volta pronto, scaldo per l’ultima volta le mani davanti al caminetto e mi avvio per la vetta.

Dalla casera Tamer parte un sentiero (oggi non visibile a causa della neve) che porta a un bivio che precede la cima del Ciaurlec, una volta raggiunto decido di prendere la traccia indicata dal cartello che porta a Casera Davass. 

Mi ritrovo nell’ampissimo e surreale prato sommitale, totalmente imbiancato, bellissimo e magico. Non vi nascondo che mi sono sempre emozionato una volta che ho raggiunto questa distesa, ma oggi con la neve è fantasmagorica. Mi fermo a guardare il cielo, il sole è ancora a oriente, mentre uno spicchio di luna sta per svanire a occidente, la stella e il satellite stanno conversando, li ascolto. Il sole le chiede:<<Perché non posso vivere senza di te?>> e la luna gli risponde:<<Per lo stesso motivo perché io non ho modo di esserci senza di te!>> Intuisco dal dialogo che i due si incontrano spesso per breve tempo ma con intense emozioni; forse lei tenta di sedurlo con i suoi raggi argentei, brevi istanti ma di rara bellezza. Lei, la regina delle oscurità, e lui fonte di vita ed energia. Mi chiedo chi dei due soffrirebbe di più per la mancanza dell’altro, la risposta è scritta lassù, nella volta stellata.

Sorrido amaramente, e impallidisco al solo pensiero che un giorno il sole si spegnerà, ci sarà il buio totale, non più colori e ne vita, e lei non lo ignora, anche se un giorno, spero il più tardi possibile, lo scoprirà.

Riprendo il cammino seguendo sempre quel qualcosa che somiglia a una traccia, mi abbasso nel vallone di sinistra per poi risalire un'altra traccia indicata da un cartello con la scritta Ciuarlec.

 Mi ritrovo sotto l’angusta cima nascosta tra la vegetazione, con prudenza procedo, mi precedono dei massi carsici da superare con attenzione. La possibilità di cadere dentro una buca mi tiene all’erta, così dopo pochi metri ho la visione della croce di vetta. Fatta!

La sosta è stata breve, anche perché dalla croce si vede ben poco del paesaggio, questa è una delle elevazioni friulane poco remunerative se si desidera ammirare il paesaggio circostante. Fatta la foto di rito con Magritte, si procede al rientro, e continuando a sud la discesa decido di fare l’anello completo. L’orientamento non è facile nei primi metri, ma successivamente grazie al diminuire del manto nevoso diventa tutto più semplice. Fiducioso del mio senso di orientamento seguo la traccia, fino a che essa si biforca, quindi decido di seguire quella a oriente, abbandonando il sentiero ufficiale.

Percorro per un lungo tratto gran parte di uno dei tratturi militari che solcano il monte, e stando attento ai giusti incroci mi avvio verso il punto di partenza.      

L’escursione è stata fantastica, i colori mi hanno colpito e inebriato: il giallo oro dell’erba, il manto bianco della neve, e il blu lapislazzuli del cielo. Un magnifico ambiente, selvaggio e solitario, che mi ha rigenerato e temprato nello spirito e nel corpo.  Con intense emozioni rientro a casa, portando nei ricordi e nelle immagini il mio amato monte, il Ciaurlec.

Il Forestiero Nomade.
Malfa.





































































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