Anello del
Monte Ciaurlec da Praforte.
Note
tecniche.
Localizzazione:
Prealpi Carniche-
Avvicinamento:
Lestans-Travesio-dal centro di Travesio proseguire per l’ex poligono di tiro,
dopo una ripida risalita si arriva in fondo alla strada asfaltata, poco prima
di un segnale di divieto lasciare il mezzo in una zona adibita a sosta (a dx).
Località di Partenza: Poco sopra il borgo di Praforte. Q
450 m.
Dislivello: 750
m.
Dislivello complessivo: 750 m.
Distanza
percorsa in Km: 15 chilometri.
Quota minima
partenza: 450 m.
Quota
massima raggiunta: 1148 m.
Tempi di
percorrenza escluse le soste: 4 ore
In: Solitaria
Tipologia Escursione: Naturalista.
Difficoltà: Escursionistica, per via della neve per Esperti.
Segnavia:
CAI 850
Impegno
fisico: Medio.
Preparazione
tecnica: Base.
Attrezzature:
No.
Croce di
vetta: Si.
Ometto di
vetta: No.
Libro di
vetta: No.
Timbro di
vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici:
IGM Friuli-Venezia Giulia - Tabacco. 028.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo
consigliato: Tutto l’anno.
Da evitare
da farsi in:
Condizioni
del sentiero: Marcato e ben segnato
Fonti d’acqua: Nessuna.
Consigliati:
Data: 29
gennaio 2019
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa
Racconto:
L’ultima
nevicata ha cambiato i miei propositi escursionistici, quindi, volendo
approfittare della singolare giornata di sole che precede una settimana
all’insegna del maltempo, ho deciso di ritornare dopo tanto tempo sul monte
Ciaurlec, un vero e proprio ritorno alle origini.
Trentaquattro
anni fa, come sottufficiale fui assegnato alla Divisione Ariete e per la prima
volta misi piede nella regione. Le prime esercitazioni le effettuai proprio nel
poligono del monte Ciaurlec. Allora ero un giovane sergente, ricordo ancora
bene le intere giornate passate al poligono di tiro, o le esercitazioni a fuoco
con l’artiglieria sul Tagliamento, da dove proiettavamo granate di grosso
calibro verso il monte. Passa il tempo e passano le stagioni e intanto il
poligono sul monte è stato smantellato. In età matura decido di togliermi l’odioso
vizio del fumo e successivamente scopro che camminare fa bene alla salute, e
camminare per monti lo fa ancora di più.
Il Ciaurlec,
sito a pochi chilometri da casa, diventa la mia naturale palestra; scopro in esso
i primi sentieri, le casere, e con il tempo perfezione sia il vestiario che la
tecnica.
Dopo essermi
Iscritto al CAI, insieme agli amici della sezione di Tramonti si decide di
creare un sentiero numerato sul monte, che riprende in gran parte lo schema dei
vecchi troi, così nasce l’850, un sentiero ad anello e a forma di 8, che con
partenza da Toppo porta in vetta, passando per ben quattro casere.
Ho così avuto
la mia opportunità di espiare la colpa di tutte quelle granate lanciate sopra
il monte, peraltro dedicandogli la cura della segnaletica per l’intera giornata
in cui ho compiuto cinquant’anni.
Il Ciaurlec
da allora è una montagna che sento mia, a cui devo tanto, compreso l’amore per
la natura. Così dopo anni di assenza, decido di ritornare su, e per questa
escursione ho scelto di partire alto, subito dopo il borgo abbandonato di
Praforte.
La
temperatura nel primo mattino è polare, ma le previsioni per il proseguo della
giornata sono favorevoli. Pennellate di azzurro mi attendono, e con il passare
delle ore scacciano via le sparute nubi. Una volta attrezzato parto per
l’escursione, percorro a memoria la carrareccia di esecuzione militare che mi
porta a risalire il piano, fino ad incontrare la prima neve. Non trovo ne bolli
ne segni, solo la memoria mi soccorre. Anche con la recente neve la traccia
persiste, a volte si deve intuire, essa mi guida fino alla casera di Sinich, prima
tappa dell’uscita.
Durante
l’ascesa spesso sono distratto dall’incanto della neve sulla vegetazione, i vari
giochi di luce creati e i disegni che ne scaturiscono sono fantastici. Sono colmo
di beatitudine, procedo lento ma costante, il mio amico fido mi segue, stiamo
vivendo nel nostro ambiente naturale. Sostiamo brevemente presso la casera
Sinich, per poi proseguire per il sentiero CAI che parte alle spalle della
costruzione.
Con l’aumentare
della quota aumenta anche lo spessore del manto di neve, ma la traccia resta
intuibile e con il coadiuvo dei segni sui tronchi e sui massi procedo
tranquillo. Poco prima della casera Tamer mi smarrisco tra le ramaglie a causa
della scomparsa di qualsiasi segno di identificazione del sentiero. Non mi
perdo d’animo, mi giro e rigiro, scavando con gli scarponi notevoli solchi
nella neve, finché mi inerpico verso un lato oscuro fitto di vegetazione. Durante
il passaggio da un varco nella vegetazione qualcosa si aggancia allo zaino, come
fossero braccia secche con mani tese e forti, faccio forza e tiro, e con uno
strappo mi libero dalla presa. Pochi metri dopo, nel cercare la mappa nella tasca
posteriore dello zaino, mi accorgo di vistosi squarci nello stesso. Evidentemente
la forza misteriosa mi voleva trattenere a tutti i costi in basso, evitandomi
questa inutile salita. Nello strappo oltre a causare la naturale fine del
fedele compagno (lo zaino, che tante cime ebbe l’onore di conquistare), ho
perso anche una targhetta con su scritto il mio nome, essa è rimasta agganciata
alla ramaglia, sarà stato un segno?
Ridiscendo a
ritroso fino all’ultimo segno visto in precedenza, con più attenzione noto un
altro segno in alto in mezzo ai rami, ecco la giusta via, quindi riprendo il
cammino fino alla prossima meta, la Malga Tamer, che raggiungo anzitempo,
malgrado lo spessore del manto nevoso sia notevolmente aumentato.
Raggiunta la casera entro all’interno del
locale, ho voglia di accendere un fuoco nel caminetto utilizzando dei legnetti
secchi ed è quello che faccio. Il fuoco divampa velocemente, lo scoppiettio
della legna è una dolce melodia. Ammirando le lingue di fuoco dal caldo colore
mi gusto il meritato infuso che ho portato nel termos e ne approfitto per indossare
le ghette, stavolta ne abbisogno. Una volta pronto, scaldo per l’ultima volta
le mani davanti al caminetto e mi avvio per la vetta.
Dalla casera
Tamer parte un sentiero (oggi non visibile a causa della neve) che porta a un
bivio che precede la cima del Ciaurlec, una volta raggiunto decido di prendere
la traccia indicata dal cartello che porta a Casera Davass.
Mi ritrovo
nell’ampissimo e surreale prato sommitale, totalmente imbiancato, bellissimo e
magico. Non vi nascondo che mi sono sempre emozionato una volta che ho
raggiunto questa distesa, ma oggi con la neve è fantasmagorica. Mi fermo a
guardare il cielo, il sole è ancora a oriente, mentre uno spicchio di luna sta
per svanire a occidente, la stella e il satellite stanno conversando, li
ascolto. Il sole le chiede:<<Perché non posso vivere senza di te?>>
e la luna gli risponde:<<Per lo stesso motivo perché io non ho modo di esserci
senza di te!>> Intuisco dal dialogo che i due si incontrano spesso per breve
tempo ma con intense emozioni; forse lei tenta di sedurlo con i suoi raggi
argentei, brevi istanti ma di rara bellezza. Lei, la regina delle oscurità, e
lui fonte di vita ed energia. Mi chiedo chi dei due soffrirebbe di più per la
mancanza dell’altro, la risposta è scritta lassù, nella volta stellata.
Sorrido
amaramente, e impallidisco al solo pensiero che un giorno il sole si spegnerà, ci
sarà il buio totale, non più colori e ne vita, e lei non lo ignora, anche se un
giorno, spero il più tardi possibile, lo scoprirà.
Riprendo il
cammino seguendo sempre quel qualcosa che somiglia a una traccia, mi abbasso
nel vallone di sinistra per poi risalire un'altra traccia indicata da un
cartello con la scritta Ciuarlec.
Mi ritrovo sotto l’angusta cima nascosta tra
la vegetazione, con prudenza procedo, mi precedono dei massi carsici da
superare con attenzione. La possibilità di cadere dentro una buca mi tiene
all’erta, così dopo pochi metri ho la visione della croce di vetta. Fatta!
La sosta è
stata breve, anche perché dalla croce si vede ben poco del paesaggio, questa è
una delle elevazioni friulane poco remunerative se si desidera ammirare il
paesaggio circostante. Fatta la foto di rito con Magritte, si procede al
rientro, e continuando a sud la discesa decido di fare l’anello completo.
L’orientamento non è facile nei primi metri, ma successivamente grazie al
diminuire del manto nevoso diventa tutto più semplice. Fiducioso del mio senso
di orientamento seguo la traccia, fino a che essa si biforca, quindi decido di
seguire quella a oriente, abbandonando il sentiero ufficiale.
Percorro per
un lungo tratto gran parte di uno dei tratturi militari che solcano il monte, e
stando attento ai giusti incroci mi avvio verso il punto di partenza.
L’escursione
è stata fantastica, i colori mi hanno colpito e inebriato: il giallo oro dell’erba,
il manto bianco della neve, e il blu lapislazzuli del cielo. Un magnifico ambiente,
selvaggio e solitario, che mi ha rigenerato e temprato nello spirito e nel
corpo. Con intense emozioni rientro a
casa, portando nei ricordi e nelle immagini il mio amato monte, il Ciaurlec.
Il
Forestiero Nomade.
Malfa.
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