Monte Pellegrino 600
m. – Mondello anello completo
Note tecniche.
Localizzazione: Palermo -Coca D’oro
Avvicinamento: ViA Roma-Via Cavour-Fiera del Mediterraneo.
Punto di Partenza: Percosso
storico-religioso partente da rotonda via Pietro Bonanno.
Arrivo: Mondello Valdesi.
Dislivello: 600 metri
Dislivello complessivo: 600 m.
Distanza percorsa in Km: 25 km complessivi.
Quota minima partenza: 10 m.
Quota massima raggiunta: 600m.
Difficoltà: Turistico.
Segnavia: Paletti in legno per percorso verso il santuario.
Tempo percorrenza totale: 4 ore escluse le soste.
Fonti d’acqua: Nessuna.
Attrezzature : Nessuna.
Cartografia consigliata. IGM.
Periodo consigliato: Tutto l’anno.
Condizioni del sentiero: Sentiero storico, mal ridotto da incuria dei
cittadini e dell’amministrazione.
Data: 30 giugno 2016.
Relazione.
Monte
Pellegrino per un palermitano è “a muntagna” la montagna sacra, la prima immagine
che vede all’orizzonte. Il promontorio dall’alto dei suoi 606 metri domina la
Conca D’oro. Noto anche ai cittadini per santuario dedicato alla Santa patrona
della città “Santa Rosalia”, una principessa normanna che rinunciò ad una vita
agiata per peregrinare tra gli anfratti del promontorio. La tradizione narra
che nel 1624 d.C. mentre a Palermo imperversava la peste, la Santa apparve in
sogno a un cacciatore, rivelandogli il luogo dove riposavano le sue sfoglie. Al
risveglio il cacciatore salì il monte e nella spelonca trovò le ossa di Rosalia
e le portò giù in città. Dal quel giorno la peste inflisse meno lutti fino ad essere
debellata. Rosalia divenne patrona della città; dall’ora la si festeggia ogni
anno con il celebre festino ”u Fistinu” e
la salita al monte. La tradizione vuole che l’ascesa al monte sia effettuata a piedi
o in ginocchio, in segno di penitenza o riconoscenza per grazia ricevuta”.
Così nel
1624 iniziavano le prime escursioni popolari sul monte, in sintesi l’origine
del trekking a scopo religioso nel palermitano. Con passare dei secoli si è
mantenuta la tradizione, anche se si va perdendo la passione per tale evento.
Il comune di Palermo allora costruì un enorme carrareccia che risaliva il
monte. Tale evento prese il nome di “Acchianata a Munti Piddirinu” (la salita a
Monte Pellegrino). Tornando a noi, quattro secoli dopo, la mia signora ed io
decidiamo di fare “L’acchianata”, naturalmente partendo a piedi (e non in
ginocchio) dal centro storico della città. Dopo aver percorso sei chilometri di
tessuto urbano raggiungiamo le falde del monte. La giornata è fresca, prima di
intraprendere la salita per strada ci riforniamo di viveri (dei buonissimi
panini con lo zucchero” Mille Foglie”). Accolti sempre come turisti dalla
maestranza, riscopriamo con piacere l’ospitalità della nostra gente verso il
forestiero. Raggiunto il punto di partenza iniziamo il sacro percorso, detto da
un laico la dice lunga sul rispetto e la passione che provo verso il monte. Iniziamo
a salire una lunga rampa, zizzagando tra
le poderose rupi, così guadagniamo velocemente quota. Man mano che saliamo, la
città si rimpicciolisce, mostrando lo splendido scenario dove è stata fondata
dai Fenici. la Conca D’oro, la pianura che la circonda, così chiamata per gli
agrumi che sin dai tempi remoti le danno questo particolare fascino. Ma il
nostro cuore si rattrista, un incendio nei giorni scorsi ha quasi totalmente
bruciato la vegetazione del monte a occidente, le piante che hanno resistito
sono imbrunite e sofferenti, i ficodindia ingialliti e penzoli. Un enorme
rabbia sì addentra nel nostro animo, l’entusiasmo ora combatte con i sentimenti
cattivi. In cuor mio spero che l’incendio sia un fenomeno naturale dovuto all’autocombustione.
Non sento l’odore della natura, vedo solo roccia brulla e questo mi duole.
Risaliamo le rampe, cercando di superare la tristezza, fino a avvistare il
castello dell’Utveggio. Con il progredire del sentiero ci inoltriamo nella
vasta pineta, il paesaggio è sublime, da sogno. Una surreale foresta di rocce
ci avvisa che siamo sotto la cima, morfologia carsica, gli affioramenti mi
ricordano le montagne del Friuli. In prossimità del santuario percorriamo la
carrozzabile che ci porta in cima. Divertente la scritta di una coppia di
innamorati e segnata su un masso “Tutto inizia qui”: io pensavo al suicidio (cinico),
la mia signora invece al primo bacio. Effettivamente se si buttavano di sotto
il vuoto consisteva solo in un paio di metri e dopo avrebbero planato su delle
piante grasse. Sempre estasiati dal sublime paesaggio, piano piano siamo arrivati
a ridosso della cima. Rocce che risaliamo con sicurezza. Nulla di impegnativo,
ma è sempre una cima alta 606 metri. Il promontorio domina dall’alto il golfo
di Palermo e di Mondello. Naturalmente niente croci, ma solo tante antenne,
come immaginavo il palermitano le croci le tiene a casa. Il paesaggio è
meraviglioso, domina a 360° tutta la Conca d’Oro. Dalla bellezza intuisco
perché era un luogo sacro sin dalla preistoria. Ti stimola un sentimento
interiore che va oltre il normale bisogno di lussuria. Nelle spelonche del
monte sono state scoperte pitture rupestri risalenti a 12.000 anni a.C. Dai punici in poi il promontorio è sempre
stato un luogo di culto. Messo da parte l’agnosticismo, per un attimo mi accodo
alla tradizione e prego. Prego il mio Dio, la natura, la montagna, la vita, in
tanti modi posso definirla, prima o poi scoprirò perché mi emoziono
intensamente quando assisto a tali visioni. Questi sentimenti mistici svanivano
cedendo il passo alla fame. Consumavamo così il nostro cibo zuccherato. Finito
il pasto si proseguiva verso oriente. Scendendo poco sotto, dove è sito il
santuario, costruito intorno ad una grotta. Si provava a visitarlo: chiuso per
pericolo di smottamenti. Si decideva di
continuare l’escursione azzardando qualcosa di tosto. Scendere il monte fino
alla spiaggia di Mondello (famosa località balneare palermitana), posta sul
versante opposto da dove siamo saliti. Più facile a farsi che a dirsi, e dopo
pochi minuti ci addentravamo nella pineta. Per fortuna la carrozzabile è chiusa
al traffico, così ci godiamo il silenzio. La carreggiabile percorre il perimetro
del monte in alta quota, quasi circumnavigandolo. È divertente osservare
dall’alto le abitazioni dei palermitani, scoprendo piscine dove meno te lo
aspetti. In breve raggiungiamo il versante occidentale della montagna che dall’alto
domina Mondello con la sua spiaggia dorata. Le file di ombrelloni colorati, l’acqua
trasparente, un’oasi, un miraggio per noi, uno stimolo in più per non sentire
la fatica. Una serie di tornanti e un paio di gallerie ci aiutano a perdere
velocemente quota, raggiugendo le falde del monte e la sua lussureggiante
vegetazione. Tenevo contemporaneamente un occhio sulle rocce che volevo
scalare, e l’altro sul mare azzurro dove avrei nuotato. Raggiunto il vialone
che porta a Mondello, ci attendeva una lunga serie di ville in stile Liberty. Tanta
gente, le auto, il vocio e il frastuono che ci accompagnano. All’orizzonte
l’inconfondibile striscia celeste, sì, il mare limpidissimo che ha reso nota la
località. Raggiunto il lungomare troviamo un varco tra due lidi. Stanchi,
sudati, dall’aspetto malandato, sembravamo i cugini di Forrest Gump. Ci spogliavamo
rapidamente osservati dai bagnanti: divertiti e incuriositi dal nostro aspetto.
In pochi secondi spogli degli abiti da trekking, con un escamotage degno di Houdini
ci trasformavamo in perfetti soggetti da spiaggia (il costume da bagno è indispensabile
nello zaino per chi fa trekking in Sicilia). Due passi e un tuffo e siamo in
acqua, che liberazione! Che goduria! Sublime, magia, godimento al massimo.
Mentre nuotavo volgevo lo sguardo alle rocce rossastre del monte Pellegrino. Un
altro sogno si era avverato, e dopo la penitenza ecco la grazia. Dopo il
salutare bagno, ci si rivestiva e si rientrava nella city. A bordo di un
autobus, zeppo di gente e di monelli. Si riprendeva la vita quotidiana. Dal
finestrino del mezzo facevo l’occhiolino al monte che mi ha accompagnato
durante l’infanzia.
Il vostro
“Forestiero Nomade”
Malfa.
Nessun commento:
Posta un commento