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giovedì 7 luglio 2016

Monte Grifone 822 m. (Palermo)



Monte Grifone 822 metri.

Note tecniche.

Localizzazione: Monti del circondario palermtano

Avvicinamento: Partenza dal centro storico- Via Maqueda-  Via Oreto-  Chiavelli-Santa Maria del Gesù-Via Falsomiele-Via Barresi inizio sentiero.

 

Punto di Partenza:  Centro storico quota 10 m.

Dislivello: 812 m.

Dislivello complessivo: 870 m.

Distanza percorsa in Km: 24 km.

Quota minima partenza: 10 m.

Quota massima raggiunta: 822 m.

Difficoltà: escursionisti Esperti,

Segnavia: Nessuno

Tempo percorrenza totale: 5 ore escluse le soste.

Fonti d’acqua: Nessuna

Attrezzature : Nessuna

Cartografia consigliata. Una vecchia mappa IGM.

Periodo consigliato: Tutto L’anno.

Condizioni del sentiero: Scarsamente curato il poco sentiero trovato.

Data: 29 giugno 2016.

 

Relazione.

Da bimbo desideravo salire su questa bellissima Montagna. Ne ignoravo il nome. Ignoravo anche cosa fosse una montagna, le sue difficoltà, se fosse frequentabile. Dal sussidiario imparavo a rispettare questo gigante di pietra, ma la mia vita si svolgeva in città, tra i palazzi, vicino al mare, giocando tra le auto. Reminiscenze che mi portano a lontani ricordi, non del tutto svaniti: mio padre che non amava il mare ci portava alle pendici del monte per raccogliere l’origano sperando nell’entusiasmo della famiglia, gli bastava scrutare il nostro sguardo per leggerne le imprecazioni. L’adolescenza e la naturale crisi esistenziale mi portavano a fuggire nel grembo della montagna, in compagnia del mio cane. Ricordo, al ritorno dalla piccola fuga mi sentivo felice e carico. Da quarantenne dopo l’aver smesso di fumare ho scoperto il piacere del camminare tra i colli, e successivamente i monti fino ad arrivare alle cime più alte. Tornando all’attualità, sono arrivato ieri nella terra di Sicilia, con il pensiero fisso al monte Grifone (così chiamato poiché fino agli inizi del XX secolo, tra le rupi della cima nidificava una colonia di grifoni).

 

Stamane, benché stanco dal viaggio, alle cinque sono pronto per l’avventura per la montagna che ha cullato i miei sogni di bimbo.

Parto da Palermo, centro storico con zaino e sogni al seguito, l’entusiasmo mi si legge in volto. La cima del monte Grifone è ben visibile dal centro della città. Intraprendo la centralissima via Maqueda, direzione nord-est, osservando da lontano il profilo della meta. Questa via ininterrottamente taglia la citta in senso orizzontale. È tanto l’entusiasmo che non aspetto l’autobus, procedo a piedi. la montagna è sempre più vicina, cammino velocemente con il naso all’insù, così studio un percorso. Nel frattempo l’olfatto e la vista creano una miscela magica, creando un mondo onirico, odori che accendono nella mente lontani ricordi, osservo la mia ombra e ne vedo due: una lunga e massiccia, di un uomo maturo che è rimasto bimbo; l’altra di un ragazzino che vuol diventare uomo, sognando un mondo migliore per dimenticare i dolori di un ‘infanzia triste. Le due ombre tenendosi per mano procedono verso le falde del monte. Sono commosso, trattengo a stento le lacrime, i primi raggi del sole scaldano le mie emozioni. Le ultime case della città cedono il passo all’autostrada che attraverso prudentemente. Una borgata dal sapore antico mi attende “Santa Maria del Gesù”, cammino per i stretti vicoli, mi fermo davanti ad un fornaio. Gli odori che vengono dal laboratorio sono infiniti, il buon pane fresco, i dolci. Compro del pane morbido con zucchero(Mille-Foglie) da consumare durante l’escursione. Il titolare dell’esercizio (nativo del borgo), notando il mio aspetto da escursionista e saputo del mio obiettivo istaura una piacevole conversazione. Al termine si congedava offrendomi in dono un pacchetto di brioche, avevo dimenticato che in questa regione l’ospitalità è sacra. Raggiunta la via Barresi inizio la scalata al monte. Premetto che non avendo trovato nessuna relazione mi sono studiato l’ipotetico percorso da una vecchia mappa IGM, quindi confido nel mio intuito ed esperienza. La via Barresi (ripidissima) sin dal primo tratto è asfaltata, ai suoi lati una serie di lussureggianti ville che sfoggiano fioriture dai mille colori. Guadagnando quota la strada ora assume l’aspetto di forestale con muri perimetrali di campagna e ficodindia che ne contornano il perimetro. Do uno sguardo alla città, il frastuono degli autoveicoli è sostituito da un silenzio irreale.  La carrareccia si inoltra in un bosco di ulivi, la pendenza è decisa, comincio a sentire caldo, procedo lentamente, con una serie di tornati raggiungo la località Ferro Vecchio e il suo culmine “Il Pizzo di Ferro Vecchio” baluardo roccioso alto 300 metri. Una sella inerbita mi collega dal pizzo al corpo principale del monte. I colori della vegetazione variano dal giallo alle terre. L’azzurro del cielo mirabile complementare crea un’armonia cromatica degna di un pittore, a completare tale magia gli odori: quello del finocchio selvatico, della menta e dell’origano. Sono inebriato, rapito, circondato dal verde smeraldo della Conca d’Oro. L’azzurro del cielo e del mare si sposano, sono in estasi. Sogno! La cima è ancora lontana, in lontananza ne intravedo la vetta, proseguo. Supero una rudimentale recinzione, la carrareccia scompare in un prato d’erba presso un pulpito panoramico. Non ci sono più tracce, nessuna, neanche quella dei cacciatori, sono ora immerso nel selvaggio, penso sul da farsi, osservo il territorio, decido di effettuare una lunghissima diagonale che procedendo verso il punto   topografico più alto mi avvicini possibilmente alla vetta. A parole sembra facile, nella realtà si rivela avventuroso. Procedendo a vista nella linea immaginaria effettuo una lunga diagonale, tra zolle d’erba, massi, sperando di non disturbare nessun rettile in vacanza. Risalgo il ripido  e assolato pendio  erboso, la frescura e l’ombra sono una pura chimera. Così facendo guadagno molti metri in dislivello, portandomi quasi sotto cresta. Per un attimo mi assale una strana stanchezza, mi sento sfossato. Mi fermo all’ombra di un grosso masso,

devo aver preso un colpo di sole. Respiro lentamente, consumo due caramelline, tiro giù lo zaino, dopo una decina di minuti riprendo il cammino, devo aver avuto un calo di zuccheri, provvidenziali le caramelle. Supero un'altra staccionata, sono quasi in cresta, ecco! la cima è vicina, dall’alto domina l’atro versante, l’adrenalina mi fa passare di colpo la fatica. Ultimi metri tra le rocce e ripetitori, con non poca fantasia cancello le antipatiche strutture ricetrasmittenti, immaginando solo la roccia, la vecchia roccia. Questi monti palermitani sono antichi, la loro forma arrotondata e le basse quote ne è testimonianza. Sono emozionatissimo, ho raggiunto il vertice di quel monte che da piccolo osservavo dalla mia stanzetta. Ricordo che avevo sempre il naso all’insù. Un giorno chiesi a mia madre in regalo per la promozione un telescopio giocattolo. Ricevutolo, non lo puntai alle stelle, la mia stella era Monte Grifone, i suoi sparuti alberi da lontano mi sembravano omini.  Ora sono qui, si qui. Sopra questo masso, color bruno- giallo, antico, lambito dai venti. Tiro fuori dallo zaino i morbidi panini allo zucchero, consumo il magro pasto ammirando dall’alto il mondo circostante. Divertendomi con il potente zoom della macchina fotografica a immortalare gli edifici di conoscenza familiare, tra cui il deposito dei treni, il castello dove nacqui, la scuola elementare che frequentai, la via dove mi riunivo con la banda di monelli. Osservo da lontano e penso alla gente che abita la città “i pazzi” si sono folli. Lavorano, litigano, fanno all’amore, imbrogliano il prossimo o ne sono vittime. E io? Quassù come lo scemo sulla collina, me ne sto nel mio silenzio, felice come un bimbo, quel bimbo che un giorno disse << andrò lassù.>>. Sono stato più di un’ora a rilassarmi, a contemplare, il sole cocente mi invita a rientrare. Rientro per la “normale”, una carrareccia che da nord porta fin sotto la cima. Il sentiero tracciato per arrivare in cima lo chiamerò “Sentiero Malfa”, ovvero il sogno di un bambino.

Scendendo dalla normale, il versante del monte appena conquistato appare dolce, inerbito da vegetazione color giallo, dalle bianche rocce cotte al sole, un selvaggio ambiente che ti fa sentire libero. Attraverso una pineta, è piacevole sentire la frescura, annusare il caratteristico profumo dei pini marini, l’olfatto è in estasi. Il suono delle cicale accompagna il mio tragitto. Con una serie di svolte la carrareccia entra in una stretta valle, le pareti rossastre e nere dei monti aggiungono mistero e fascino. In antichità sicuramente il sito era frequentato da briganti, malfattori, l’ideale per sfuggire, eh sì! L’ideale per fuggire. La valle si apre alla pianura, dall’alto intravedo le prime case, i palazzi, i quartieri, una sensazione di tristezza mi assale, come se fosse finita la mia ora di libertà. Odo le grida dei bimbi giocosi ”I picciriddi eccanu vuci, pirchì iocanu” (i bambini gridano perché giocano).

Tanti anni fa non ero uno di loro? Giocavo rincorrendo un pallone, e di tanto in tanto con sguardo stralunato osservavo “A punta ra muntagna” (La cima della montagna). Brevi Istanti finché una pallonata mi colpiva svegliandomi dal sogno. Ultimi metri ancora e sono quasi in pianura “la Conca d’Oro” tra le ville immerse negli agrumeti. Un caleidoscopio di fiori, colori, suoni. Ecco la città, Palemmu (Palermo) il suo mondo multi-etnico, il caos, i monumenti, e io? Un fantasma che ritorna a vivere, o un bimbo che diventa adulto.

Il vostro “Forestiero Nomade”

Malfa.

 










































































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