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mercoledì 27 luglio 2016

Monte Catalfano (PA)


Monte Catalfano quota 376 m.

Note tecniche.

Localizzazione: Parco Naturale Catalfano -

Avvicinamento: Palermo-Bagheria-statale per Santa Flavia. Indicazioni per il “Parco Naturale Catalano”.

Punto di partenza: Sentiero posto pochi metri prima di un cancello (Cartelli con indicazioni parco) quota 120 m.

Dislivello: 376 m.

Dislivello complessivo: 490

Distanza percorsa in Km: 20 Km.

Quota minima partenza: 7 m.

Quota massima raggiunta: 376 m.

Difficoltà: Escursionistico.

Segnavia: Pochi Cartelli.

Tempo percorrenza totale: 5 ore

Fonti d’acqua: Nessuna.

Attrezzature: Nessuna.

Cartografia consigliata. IGM Sicilia.

Periodo consigliato: Tutto l’anno.

Condizioni del sentiero: Pessime, non curato.

Data: 04 luglio 2016.







Relazione.

L’escursione sul Monte Catalfano, come le altre escursioni che ho effettuato in questa breve vacanza in Sicilia, è nata per caso. Da tempo avevo in programma di fare del trekking nella mia terra di origine, ma mi limitavo ai monti interni. Monte Catalfano dista pochi chilometri da Palermo, esso si erge come promontorio a oriente della città. Nel suo territorio fu fondata una delle prime città puniche dell’isola(Solunto), insieme al piccolo promontorio dello Zafferano appare come un‘isola( effettivamente 800.000 anni fa lo era). Negli ultimi anni è stato creato il parco naturalistico che prende il nome dal monte. La cima svelta 376 metri sul livello del mare, preceduta da un ante cima di pochi metri più bassa. Arriva il giorno programmato per l’escursione, questa volta vado in compagnia della mia signora. Si esce presto da casa, si fa colazione e ci si rifornisce di viveri in una rinomata pasticceria palermitana. Decidiamo di prendere il treno, quindi a piedi fino alla" Stazione centrale”, dove acquistiamo i biglietti e ci avviamo sul binario previsto. Che figata! A 53 anni andare in escursione come un ragazzino, zaino in spalle, viveri al seguito e l’immancabile macchina fotografica. Il treno: un locale, effettua tutte le fermate. Me ne sto appiccicato con il naso al finestrino, la linea ferroviaria passa sotto la mia vecchia abitazione e volo con i ricordi; dopo tre fermate si arriva a destinazione. Si scende nella stazione di Santa Flavia, piccolo centro vicino Bagheria. Stupendo, bellissimo, scesi dal treno abbiamo avvertito un’atmosfera western, ambiente desolato. Attraversiamo i binari ed eccoci pronti per una nuova avventura. Il monte da scalare è davanti a noi, fidandoci del mio senso di orientamento, si prosegue per la statale tra vecchie abitazioni e agrumeti. La cittadina di Bagheria è alla nostra sinistra. Dopo aver percorso quattro chilometri sulla statale si svolta per una piccola strada di campagna che risale fino alle falde del monte. Si supera una vecchia cava e l’ambiente diventava con il sommarsi dei passi sempre più bucolico: resti di ville settecentesche, muri a secco e ficodindia. Un panorama mozzafiato sul golfo di Palermo. Un gregge di pecore belando ci dava il benvenuto, e l’aria emanava gli odori caratteristici della Sicilia: origano, menta, finocchio selvatico e pino marino. Ancora un centinaio di metri e giungiamo all’ingresso del parco naturalistico. il sentiero, è posto di fianco ad una cancellata, nascosto e di difficile individuazione. Lo imbocchiamo, così trovando riparo dalla calura nelle fronde della pineta. Ben marcato il tracciato risale il monte, guadagnando quota, fino a far comparire all'orizzonte l’azzurra striscia di mare. L’estasi avvolgeva il nostro animo. Questa visione ci riportava indietro, in un mondo primordiale mai vissuto, L'olfatto e la vista ne sono rapiti. La serie di sentieri si interseca, da buon scout miro alla sommità, orientandomi con la cima vicina. Poche informazioni sul web, ho studiato la topografia del sito da una mappa IGM, così memorizzo il rilievo montuoso. Cosa c’è di più meraviglioso di non sapere nulla in anticipo di ciò che si vedrà; vivere attimo per attimo questo turbinio di emozioni. La mia compagna comincia ad accusare il caldo, mi consiglia di procedere da solo verso la cima. La lascio ai margini della pineta, con una buona scorta d’acqua e di viveri. Proseguo per sentieri, stavolta non ho più l’ausilio dell’ombra degli alberi, fino alla cima mi attende un assolato versante che ancora rimane nascosto. Abbandono il sentiero e decido di procedere per balze erbose e rocce fino a raggiungere la vetta, mirando in una determinata direzione. Purtroppo vado a disturbare un piccolo di rapace, che saltando giù dal nido mi manda a quel paese. Emozionante procedere a naso, arrampicandomi per piccoli salti, tenendomi sui ciuffi di disa, libertà assoluta. Finalmente raggiungo l'anticima, e poco più avanti scorgo la cima solcata fino al vertice da un piccolo sentiero. Comincio a pregustare il meraviglioso paesaggio, scendo dall’antecima rapidamente. Forse un fascio d’erba mi intralcia il passaggio fasciandomi la coscia, strana sensazione che scambio per un serpente. Terrorizzato effettuo un grosso balzo in avanti accompagnato da un urlo straziante. Ripresomi mi controllo le gambe, sperando di non trovare i due buchini ravvicinati del morso di una serpe.  Per fortuna ho preso solo uno spavento. Un rustico cartello mi indica che sono vicino alla cima (indicazione per il punto Trigonometrico), pochi passi ancora ed ecco la vetta, materializzata da alcuni sassi e una lastra metallica circolare,  iscritta dentro un triangolo. La scritta è chiara, non lascia dubbi “Chi danneggia è punito; legge 3-6-1935”.

Sgancio lo zaino, appoggio i bastoncini telescopici e mi godo il paesaggio. Mi trovo a pochi metri dall’impressionate precipizio, 300 metri di parete verticale a picco sul mare. Vertiginoso, mi tremano le gambe, ma con prudenza mi avvicino sul ciglio del dirupo. È sublime la visione, dall’alto osservo il piccolo promontorio dello Zafferano, mi studio le tracce, con la macchina fotografica riesco a catturare particolari interessanti. Spero di fare anche il pizzo durante l’escursione. Mi giro intorno, osservando le propaggini del monte: a occidente si abbassa di quota inglobando i ruderi della citta punica di Solunto. Dire che sono felice è poco! L’azzurro del cielo e del mare, i colori vivaci della cresta del monte, gli odori, tutto questo crea una miscela inverosimile, eppure son desto. Mi lascio accarezzare dalla brezza marina che rende sopportabile la temperatura. Zaino in spalle, si rientra, stavolta seguo il sentiero, che con una serie di serpentine mi riporta al punto in cui ho lasciato la compagna. La trovo dormiente all’ombra di un pino marino, si desta, e riprendiamo insieme la discesa, scendendo stavolta a nord. Una piccola carrareccia ci porta su un pulpito panoramico dove si arresta, seguo una labile traccia che mi porta al sentiero che passa sotto un salto, sul ripido versante. Il panorama è a dir poco magico, raccogliamo delle foglie di menta, ed esploriamo alcune grotte naturali che sprofondano verticalmente nelle viscere della terra, che prendono il nome di zubbi.  Zubbio è toponimo siciliano che indica una cavità naturale a sviluppo prevalentemente verticale. Gli zubbi del Catalfano sono pozzi di origine tettonico-carsico. La mia compagna e io ci guardiamo negli occhi, come se volessimo dire, per favore, non svegliateci, non vogliamo andare via. Si scende per rapido sentiero con una lunga serie di tornanti, finché una lunga traccia orizzontale mette in crisi il mio orientamento. Prima a sinistra, poi torno indietro, vado a destra, no! Non va bene, di nuovo a sinistra, finché mi decido a seguire l’intuito che mi porta a oriente, rischiando di allontanarci troppo dall’obiettivo prefissato. Ci caliamo dentro un uliveto terrazzato, fino a superare un villino, e così sempre più in basso scendendo per una rampa cementata. Degli operai stanno lavorando a un vecchio manufatto, fischiettando, supero l’edificio facendo l’indifferente. La mia compagna viene fermata e informata che siamo dentro una proprietà privata, e che il sentiero di sopra proseguiva ancora per un po’, e di seguito sbucando sulla strada. Uno degli operai gentilmente ci apre il cancello in basso, risparmiandoci un bel po’ di sentiero. Raggiunta la strada provinciale proseguiamo verso la seconda meta. Siamo stanchi, la fatica si fa sentire. Raggiunte le falde dello Zafferano ne guardiamo il profilo, altra fatica! Decidiamo che non è il caso di aggiungere altri chilometri e dislivelli, si opta per fare un bel bagno in una delle calette che si aprono a Oriente. Ci caliamo, e notiamo che sono affollate di gente, risaliamo procedendo a occidente, seguendo la vecchia stradina che porta al vecchio faro; dall’alto scorgiamo una piccola spiaggetta. Essa ci appare come un’oasi, ci catapultiamo velocemente verso le fresche acque, ahimè, scoprendo che la mia compagna ha dimenticato di portare il mio costume da bagno. Pazienza mi bagno fino alle ginocchia rosicando non poco a vedere i bagnanti godersi quel bene supremo. Effettuata la piccola sosta (la mia consorte si è fatta un bel bagno anche in mio onore) dopo una mezzoretta si riprende il cammino verso casa, si segue la strada provinciale attraversando un paio di località marine, fino a fermarci presso un bar- gelateria. Zaino a terra, ci sediamo ad un tavolino esterno e ordiniamo due granite al limone(dionisiache), che goduria. Le fatiche grazie al nettare degli dei scompaiono miracolosamente, Il leggero venticello fa il resto. Dopo la rilassante sosta si riprende il cammino per la piccola stazione ferroviaria di Santa Flavia, distante solo alcune centinaia di metri.  Rilassati si aspetta il treno locale che ci riportava a Palermo, ne approfittiamo per fare stretching.  Cosi l’escursione volge al termine, dai finestrini del treno si osserva il profilo del Monte Catalfano, un altro sogno realizzato.

Il vostro “Forestiero Nomade”

 

Malfa.