Monte Catalfano quota 376 m.
Note tecniche.
Localizzazione:
Parco Naturale Catalfano -
Avvicinamento:
Palermo-Bagheria-statale per Santa Flavia. Indicazioni per il “Parco Naturale
Catalano”.
Punto di
partenza: Sentiero posto pochi metri prima di un cancello (Cartelli con
indicazioni parco) quota 120 m.
Dislivello:
376 m.
Dislivello
complessivo: 490
Distanza
percorsa in Km: 20 Km.
Quota minima
partenza: 7 m.
Quota
massima raggiunta: 376 m.
Difficoltà: Escursionistico.
Segnavia:
Pochi Cartelli.
Tempo
percorrenza totale: 5 ore
Fonti
d’acqua: Nessuna.
Attrezzature:
Nessuna.
Cartografia
consigliata. IGM Sicilia.
Periodo
consigliato: Tutto l’anno.
Condizioni
del sentiero: Pessime, non curato.
Data: 04
luglio 2016.
Relazione.
L’escursione sul Monte Catalfano, come le altre escursioni
che ho effettuato in questa breve vacanza in Sicilia, è nata per caso. Da tempo
avevo in programma di fare del trekking nella mia terra di origine, ma mi
limitavo ai monti interni. Monte Catalfano dista pochi chilometri da Palermo,
esso si erge come promontorio a oriente della città. Nel suo territorio fu fondata
una delle prime città puniche dell’isola(Solunto), insieme al piccolo
promontorio dello Zafferano appare come un‘isola( effettivamente 800.000 anni fa
lo era). Negli ultimi anni è stato creato il parco naturalistico che prende il
nome dal monte. La cima svelta 376 metri sul livello del mare, preceduta da un
ante cima di pochi metri più bassa. Arriva il giorno programmato per
l’escursione, questa volta vado in compagnia della mia signora. Si esce presto
da casa, si fa colazione e ci si rifornisce
di viveri in una
rinomata pasticceria palermitana. Decidiamo di prendere il treno,
quindi a piedi fino alla" Stazione centrale”, dove acquistiamo i
biglietti e ci avviamo sul binario previsto. Che figata! A 53 anni andare in
escursione come un ragazzino, zaino in spalle, viveri al seguito e
l’immancabile macchina fotografica. Il treno: un locale, effettua tutte le
fermate. Me ne sto appiccicato con il naso al finestrino, la linea ferroviaria passa sotto la mia vecchia abitazione e
volo con i ricordi; dopo tre fermate si arriva a
destinazione. Si scende nella stazione di Santa Flavia, piccolo centro vicino Bagheria. Stupendo, bellissimo, scesi dal treno abbiamo avvertito un’atmosfera western, ambiente desolato. Attraversiamo i
binari ed eccoci pronti per una nuova avventura. Il monte da scalare
è davanti a noi, fidandoci del mio senso di orientamento, si prosegue per la
statale tra vecchie abitazioni e agrumeti. La cittadina di Bagheria è alla
nostra sinistra. Dopo aver percorso quattro chilometri sulla statale si svolta
per una piccola strada di campagna che risale fino alle falde del monte.
Si supera una vecchia cava e l’ambiente diventava con il sommarsi
dei passi sempre più bucolico: resti di ville settecentesche, muri
a secco e ficodindia. Un panorama mozzafiato sul golfo di Palermo.
Un gregge di pecore belando ci dava il benvenuto, e l’aria emanava gli odori caratteristici della Sicilia: origano, menta,
finocchio selvatico e pino marino. Ancora un
centinaio di metri e giungiamo all’ingresso del parco naturalistico. il
sentiero, è posto di fianco ad una cancellata, nascosto
e di difficile individuazione. Lo imbocchiamo, così trovando riparo dalla calura nelle fronde della pineta. Ben marcato il tracciato risale il monte, guadagnando quota, fino a far comparire all'orizzonte
l’azzurra striscia di mare. L’estasi avvolgeva il nostro animo.
Questa visione ci riportava indietro, in un mondo primordiale mai vissuto, L'olfatto e la vista ne sono rapiti. La serie di sentieri si interseca, da
buon scout miro alla sommità, orientandomi con la cima vicina. Poche informazioni sul web, ho studiato la
topografia del sito da una mappa IGM, così
memorizzo il rilievo montuoso. Cosa c’è di più meraviglioso di non sapere nulla in anticipo di ciò che si vedrà; vivere attimo per attimo questo turbinio di emozioni. La mia compagna
comincia ad accusare il caldo, mi consiglia di procedere da solo verso la cima. La lascio ai
margini della pineta, con una buona scorta d’acqua e di viveri. Proseguo per
sentieri, stavolta non ho più l’ausilio dell’ombra degli alberi, fino alla cima mi attende
un assolato versante che
ancora rimane nascosto. Abbandono il sentiero e decido di
procedere per balze erbose e rocce fino a raggiungere la vetta, mirando in una
determinata direzione. Purtroppo vado a disturbare un piccolo di rapace, che saltando giù dal nido mi manda a quel paese. Emozionante procedere a naso, arrampicandomi per piccoli salti, tenendomi sui
ciuffi di disa, libertà assoluta.
Finalmente raggiungo l'anticima, e poco più avanti scorgo la cima solcata
fino al vertice da un
piccolo sentiero. Comincio a pregustare il
meraviglioso paesaggio,
scendo dall’antecima rapidamente. Forse un fascio d’erba mi
intralcia il passaggio fasciandomi la coscia,
strana sensazione che scambio
per un serpente. Terrorizzato effettuo un grosso balzo in avanti accompagnato da un urlo straziante. Ripresomi
mi controllo le gambe,
sperando di non trovare i due buchini ravvicinati del morso di una serpe. Per
fortuna ho preso solo uno spavento. Un rustico
cartello mi indica che
sono vicino alla cima (indicazione per il punto Trigonometrico), pochi passi ancora ed ecco la vetta, materializzata da
alcuni sassi e una lastra metallica circolare,
iscritta dentro un triangolo. La scritta è
chiara, non lascia dubbi “Chi danneggia è punito; legge 3-6-1935”.
Sgancio lo zaino, appoggio i bastoncini telescopici e
mi godo il paesaggio. Mi
trovo a pochi metri dall’impressionate precipizio, 300 metri di parete verticale a picco sul mare. Vertiginoso, mi tremano le gambe, ma con
prudenza mi avvicino sul ciglio del dirupo. È sublime la visione, dall’alto
osservo il piccolo promontorio dello Zafferano, mi studio le tracce, con la
macchina fotografica riesco a catturare particolari interessanti. Spero di fare
anche il pizzo durante l’escursione. Mi giro intorno, osservando le propaggini
del monte: a occidente si abbassa di quota inglobando i ruderi della citta
punica di Solunto. Dire che sono felice è poco! L’azzurro del cielo e del mare,
i colori vivaci della cresta del monte, gli odori, tutto questo crea una
miscela inverosimile, eppure son desto. Mi lascio accarezzare dalla brezza
marina che rende sopportabile la temperatura. Zaino in spalle, si rientra,
stavolta seguo il sentiero, che con una serie di serpentine mi riporta al punto
in cui ho lasciato la compagna. La trovo dormiente all’ombra di un pino marino,
si desta, e riprendiamo insieme la discesa, scendendo stavolta a nord. Una
piccola carrareccia ci porta su un pulpito panoramico dove si arresta, seguo
una labile traccia che mi porta al sentiero che passa sotto un salto, sul ripido
versante. Il panorama è a dir poco magico, raccogliamo delle foglie di menta,
ed esploriamo alcune grotte naturali che sprofondano verticalmente nelle
viscere della terra, che prendono il nome di zubbi. Zubbio è toponimo siciliano che indica una cavità naturale a
sviluppo prevalentemente verticale. Gli zubbi del Catalfano sono pozzi di
origine tettonico-carsico. La mia compagna e io ci guardiamo negli occhi, come
se volessimo dire, per favore, non svegliateci, non vogliamo andare via. Si
scende per rapido sentiero con una lunga serie di tornanti, finché una lunga
traccia orizzontale mette in crisi il mio orientamento. Prima a sinistra, poi
torno indietro, vado a destra, no! Non va bene, di nuovo a sinistra, finché mi
decido a seguire l’intuito che mi porta a oriente, rischiando di allontanarci
troppo dall’obiettivo prefissato. Ci caliamo dentro un uliveto terrazzato, fino
a superare un villino, e così sempre più in basso scendendo per una rampa
cementata. Degli operai stanno lavorando a un vecchio manufatto, fischiettando,
supero l’edificio facendo l’indifferente. La mia compagna viene fermata e
informata che siamo dentro una proprietà privata, e che il sentiero di sopra
proseguiva ancora per un po’, e di seguito sbucando sulla strada. Uno degli
operai gentilmente ci apre il cancello in basso, risparmiandoci un bel po’ di
sentiero. Raggiunta la strada provinciale proseguiamo verso la seconda meta.
Siamo stanchi, la fatica si fa sentire. Raggiunte le falde dello Zafferano ne
guardiamo il profilo, altra fatica! Decidiamo che non è il caso di aggiungere
altri chilometri e dislivelli, si opta per fare un bel bagno in una delle
calette che si aprono a Oriente. Ci caliamo, e notiamo che sono affollate di
gente, risaliamo procedendo a occidente, seguendo la vecchia stradina che porta
al vecchio faro; dall’alto scorgiamo una piccola spiaggetta. Essa ci appare
come un’oasi, ci catapultiamo velocemente verso le fresche acque, ahimè,
scoprendo che la mia compagna ha dimenticato di portare il mio costume da
bagno. Pazienza mi bagno fino alle ginocchia rosicando non poco a vedere i
bagnanti godersi quel bene supremo. Effettuata la piccola sosta (la mia
consorte si è fatta un bel bagno anche in mio onore) dopo una mezzoretta si
riprende il cammino verso casa, si segue la strada provinciale attraversando un
paio di località marine, fino a fermarci presso un bar- gelateria. Zaino a
terra, ci sediamo ad un tavolino esterno e ordiniamo due granite al
limone(dionisiache), che goduria. Le fatiche grazie al nettare degli dei scompaiono
miracolosamente, Il leggero venticello fa il resto. Dopo la rilassante sosta si
riprende il cammino per la piccola stazione ferroviaria di Santa Flavia,
distante solo alcune centinaia di metri.
Rilassati si aspetta il treno locale che ci riportava a Palermo, ne
approfittiamo per fare stretching. Cosi
l’escursione volge al termine, dai finestrini del treno si osserva il profilo
del Monte Catalfano, un altro sogno realizzato.
Il vostro “Forestiero Nomade”
Malfa.