Anello del monte
Tiarfin 2399 m, da Casera Razzo.
Note tecniche.
Localizzazione: Monte Tiarfin -cima est: Gruppo del Bivera
Avvicinamento: Tolmezzo - villa Santina – Ovaro val Pesarina
–Casera RAZZO
Punto di Partenza: Casera RAZZO 1733m.
Tempi di marcia escludendo le soste: 5 ore con buon
allenamento.
Dislivello complessivo in salita: 1200 metri.
Distanza percorsa in Km: 19,5.
Quota minima partenza: 1733 m.
Quota massima raggiunta: 2399.
Quota minima raggiunta: 1516 m.
Condizioni Meteo: Soleggiato.
Segnavia: CAI-208-211-209-210
Fonti d’acqua: Nei pressi delle malghe, e in quota fino a
2000 m.
Attrezzature : Nessuna.
Cartografia consigliata. Tabacco 01 e 02.
Difficolta Tecnica: Escursionistico, tranne il tratto dalla
forca Rossa alla cima del Tiarfin cima est.
Passaggi esposti: Il salto sotto la cima del Tiarfin (I°
grado)
Impegno fisico: Impegnativo per la lunghezza dell’anello.
Pericoli oggettivi: Nessuno.
Data: 19 settembre 2015
Condizioni del sentiero: I sentieri CAI ben segnati e
marcati.
Periodo consigliato: Luglio –ottobre.
Malfa.
Nella prima settimana di luglio coronavo un mio vecchio
sogno, le cime del Clap Savon e Bivera da casera Razzo, ricordo l’arrivo a Casera
razzo, a fatica riuscivo a guidare, distratto dalle montagne che avevo a sud.
La Bianca e rocciosa cresta del Tudaio, e dietro di essa il gioiello
nascosto “il Tiarfin”. Durante il primo
tratto di escursione ero costantemente attratto dalla cresta bianca, mi
chiamava e incantava come le sirene di Odisseo. Finalmente giunge l’atteso
giorno, non resisto al richiamo e mi preparo per vivere questo sogno. So che vivrò
momenti commoventi, sono pronto, voglio vivere questa escursione attimo per
attimo. Attraverso la Val Pesarina alle luci del mattino, ammirando le cime alla
mia destra tra cui l’ultima conquista “la Terza Grande”. Giunto a casera Razzo sosto nello spiazzo antistante.
Mentre mi preparo ammiro la catena
rocciosa del Brentoni posta a occidente, la temperatura è fresca, zaino in
spalle, si parte. Il sentiero 208 parte pochi metri a destra dopo la Casera Razzo
in direzione del valico di Ciampigotto. Individuati nel prato alcuni cartelli
CAI seguo le indicazioni che mi portano al boschetto antistante, la traccia dopo
il primo tratto erboso si fa più marcata. Davanti a me il Col Marende, che
aggiro da sinistra sul versante occidentale. Sentiero molto umido e scivoloso,
sia per l’abbondante pioggia del giorno precedente e che l’esposizione a
occidente. Risalgo il pendio boschivo del monte, tra larici e ontani, aggirando
a sinistra una piccola conca, guadagnando quota e raggiungendo la piccola sella
che collega il col Marende alle pareti meridionali della cresta del Tudaio. Convinto
che al ritorno non ripasserò da qui, salgo la settantina di metri di dislivello
che mi separano dalla piccola cima del Colle. Ammirato il paesaggio circostante
ridiscendo nella sella e proseguo verso la Forca Rossa per sentiero, sul
ghiaione ben marcato e dalla lieve pendenza. Raggiunta la base della forca, la
risalgo con cautela a causa delle ghiaie e del terreno instabile, superato
qualche tratto eroso raggiungo la forcella per comode balze erbose. Superata la
Forca mi trovo davanti un’accattivante scenario “la Busa del Tiarfin” splendida
e selvaggia conca alpestre circondata a nord dalla cresta del Tudaio e a sud
dal massiccio del Tiarfin con le sue tre cime. Scendo di alcuni metri, dove è
posto un cartello con indicazioni CAI. Proseguo a sinistra, superando dei
grossi massi con qualche ometto, (alcuni ometti e un paletto CAI indicano il
sentiero 224 che sale alla forcella che unisce le pareti dirupate del Tiarfin e
la cresta orientale del Tudaio). Per il Tiarfin seguo alcuni ometti in direzione
nord-est immettendomi nella lunghissima traccia che taglia il ghiaione. Poco sotto
a metà tra la cime a ovest e quella a est del Tiarfin abbandono il sentiero,
risalendo il pendio che ha come vertice la forcella superiore posta tra le due
cime. Scelgo i passaggi migliori tra rocce e zolle erbose e aiutato da qualche
raro ometto, raggiugo in breve la sella. Mi fermo ad’ ammirare il paesaggio
circostante, a oriente le pareti meridionali del Crodon del Puntioi, dietro di
esso le inconfondibili sagome del Clap Savon e del Bivera. La mia meta (Tiarfin
cima est) è posta alla mia sinistra, nel frattempo della nebbia è risalita dal
basso e rende più eccitante l’ultimo tratto. Mi sento carico, procedo senza
timori. Un’ esile crestina mi porterà ad essa, superandola in alcuni tratti a sinistra,
o seguendo la sottile linea di cresta fino a pochi metri della paretina
articolata. Qui lascio lo zaino che mi farebbe da inutile zavorra e proseguo
verso l’ultimo tratto. Trovandomi alla base del salto ne studio i punti deboli,
si sviluppa tra due intagli, lo risalgo a sinistra sul lato più esposto ma con più
appigli e appoggi. Risalendo la paretina mi sposto lateralmente a destra
superando il secondo intaglio e conquistando la cresta terminale, ultimi metri
prima dell’ometto che ne indica il vertice. Spettacolare visione a 360° sulle
meravigliose Alpi Carniche e Dolomiti Friulane, e le grandi cime delle Dolomiti
bellunesi, ne riconosco alcune, tra cui l’inconfondibile Pelmo. Tutto intorno è
dirupato e selvaggio, eccitante e mirabile visione. Le emozioni sono indescrivibili,
l’azzurro domina il cielo e sembra prevalere nella lotta con le nuvole, un
ultimo sguardo alla meravigliosa visione e scendo dalla cima. Nel tratto
delicato adotto la tecnica dell’aragosta “come salgo, scendo”. Ripreso lo zaino mi porto al centro della
sella, è ancora presto e il meteo tende al bello, decido di adottare il piano
B, cioè di prolungare l’escursione! Osservo la cresta della Crode del Puntuoi, non
mi entusiasma per questa escursione, mi giro a occidente e vengo attratto dalla
traccia sul ghiaione sottostante che volge verso la parete Ovest del Tiarfin. Ripercorro
i miei passi a ritroso scendendo rapidamente il pendio e risalgo la marcata
traccia sul ghiaione fino a sotto la piccola forcella tra le cime ovest e
centrale del Tiarfin, decido che sarà per una prossima volta. ritorno indietro
fino al cartello con le direzioni posto sotto la Forca Rossa. Uno sguardo alle
mappe, si, ho deciso, farò l’anello che dalla Busa del Tiarfin mi riporterà a
Casera Razzo passando per le malghe di Tartoi e Tragonia. Ho calcolato un tempo
complessivo di tre ore, parto seguendo il sentiero CAI 208. Entusiasta per il
paesaggio circostante vengo catturato dalla bellezza, mi chiedo se non è il
caso che mi abbandoni, fotografo e son rapito, vorrei fermarmi a lungo piuttosto
che camminare! Qualche piccolo segno CAI è posto tra le rocce, ma proseguo a
intuito mirando al fondo valle. Ammiro le plastiche pareti del Tiarfin, una
scultura degna di un grande maestro, e la verde e ripida cresta del Tudaio. Il
sentiero segue una linea immaginaria tra affioramenti rocciosi e piccole
conche, fino a nascondersi dentro un bosco di mughi. Lontano scorgo la più
bella mostra di montagne che ho visto in un solo colpo d’occhio, magia, ma sto
sognando? Mi riprendo, il sentiero svolta perdendo quota verso occidente e
successivamente a meridione, avendo come punto di riferimento alla mia destra
le rocciose pareti del Monte Piova. Raggiungo una distesa prativa, all’incirca a
quota 1870 m. vengo preso da commozione, tutt’intorno è un paradiso, la parete meridionale
del Tiarfin come una cattedrale gotica domina il mio sguardo, i larici, gli
abeti rossi, la cresta del Tudaio fanno il resto. Immagino di essere al centro
di un accampamento di Celti, ne sento la presenza, nei loro volti leggo il
sorriso, mi sento loro fratello, il fratello normanno, sono ospitali e cortesi.
Raggi di sole baciano la mia pelle, mi emoziono, una goccia non di sudore solca
il mio viso. Tante emozioni oggi, lo immaginavo, ma non mi aspettavo di tale
intensità. Ripreso il sentiero perdo costantemente quota nel bosco sottostante
le pareti del monte Crusicalas, dall’alto scorgo la valle del Tagliamento e
l’abitato di Forni di Sopra, mi chiedo se non ho esagerato nel proseguire. Un ‘occhiata all’orologio e il meteo clemente
mi convincono del contrario! Perdendo quota dall’alto avvisto la malga Tartoi, poco
dopo la raggiungo. Tavoli pronti per una festa immaginaria, ma è chiusa. Una
croce in legno è posta in mezzo al prato, penso ridacchiando, che è lì ubicata
per gli eretici, un asino mi si avvicina, mi ricorda l’episodio di Nietzshe a
Torino, lo accarezzo, e penso: - Caro fratello tu si che hai compreso tutto ! -
Mi commiato dall’amico quadrupede. Il sentiero assumendo la doppia numerazione (208-211)
prosegue per una carrareccia che scende verso Forni, dopo alcuni tornanti raggiungo
il punto più basso dell’escursione (quota 1523 m). Un sentiero a sinistra con
indicazioni per la malga Tragonia (variante) mi fa guadagnare quota
inoltrandosi all’interno del bosco sottostante il Pic di Siela. Attraverso una carrareccia (indicazioni CAI),
breve tratto nel bosco per poi riprendere il tratto sterrato fino alla casera
di Tragoria. La malga è aperta al pubblico, seguole indicazioni a sinistra, il sentiero
abbandona definitivamente la carrareccia assumendo la nuova numerazione(209). Comincio
a sentire la fatica, breve sosta, finalmente assumo un po’ di energie, uno
sguardo al cielo, grossi nuvoloni neri a oriente combattono con gli sprazzi di
azzurro a occidente, sperando nella vittoria di quest’ultimi riprendo il
cammino. Il sentiero 209, ben marcato con leggera pendenza risale alle pendici
del Col di San Giacomo, raggiugendo la Forcella della Croce di Tragonia, una
conca prativa, forse un ex laghetto. Sono incantato, un altro gioiello in
questa splendida escursione. Al centro della conca è posto un cartello con
varie indicazioni, seguo quelle per Casera Razzo, numerato 209 in direzione
nord. Raggiunto un piccolo intaglio (quota1973 m.) inizio la discesa verso il pendio
sottostante. Il sentiero attraversa il prato in direzione nord, fino ad
incrociare la carrareccia che domina dall’alto la Casera Mediana. Svoltando a
destra mi avvio a fare l’ultimo tratto dell’escursione, risalendo con leggera
pendenza fino alla sella che domina Casera Razzo e successivamente il
parcheggio posto davanti alla malga. Il meteo ha retto, un cane lupo nero si
aggira intorno all’auto, più che un cane mi ricorda un lupo, un lupo solitario.
Il vostro “Forestiero Nomade”.
Malfa.
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