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domenica 30 agosto 2015

Monte Pleros dai Piani di Vas. 2314 m.

 Leggendo le escursioni consigliate da Roberto Mazzilis sulla famosissima guida “Per SENTIERI SELVAGGI”, sono rimasto catturato dall’anello del Monte Pleros.  Montagna  tosta e poco frequentata, un’escursione ideale per vivere il selvaggio, la solitudine,senza l’aiuto di tracce, di cavi, segni, e soprattutto lontano dalla massa. Nella “Guida dei monti d’Italia” il Pleros è descritto così: ”La cima del monte Pleros è raggiunta assai di rado in quanto la salita risulta faticosa e di minore interesse rispetto alle altre cime del Gruppo”, un motivo in più per invogliarmi. Partenza come sempre alle prime ore del mattino, arrivo ai Piani di Vas che è ancora notte, ampio parcheggio, cielo terso, temperatura fresca, zaino in spalle si parte. Risalgo lungo la carrareccia che supera delle strutture adibite a svago, dopo un breve tratto di bosco la strada esce nuovamente allo scoperto nei prati sommitali dei Piani di Vas. Un cartello con delle indicazioni è posto al bivio, entrambe le diramazioni portano al Rifugio Chiampizzulun: a sinistra si va al monte Talm , a destra alla casera di Tuglia, passando per il versante nord del monte Pleros. Logicamente prendo l’ultima diramazione citata,  sentiero numerato CAI  227. La carrareccia inoltrandosi nel bosco, gradatamente si va assottigliando fino a raggiungere la Casera Campiut di basso (in restauro); prima di quest’ultima il sentiero svolta a sinistra risalendo il pendio del bosco, fino a giungere in una piccola sella con cartello e indicazioni. Proseguendo a sinistra il sentiero assume la numerazione di 228 raggiungendo la sella di Talm, seguo la traccia a destra con indicazione Casera di Tuglia. Nel primo tratto perde leggermente quota tagliando il prato di sotto e sfiorando a sinistra i ruderi di casera di Campiut alta. In seguito riprende quota inoltrandosi nella rada boscaglia di Larici, superando un primo rio secco. Verso quota 1610 m. mi trovo al cospetto del successivo rio, segnato con un paio di ometti a sinistra, l’inizio del percorso che porta perpendicolarmente alla base delle pareti della Creta di Fuina. Mantenendomi al centro dell’impluvio lo risalgo, accompagnato dai radi ometti, che con il guadagnare di dislivello si portano sul lato destro, salita divertente e nemmeno tanto difficile. Con calma scelgo i punti migliori, qualche masso da superare in semplice arrampicata. Nella parte terminale il canale si allarga in un’ampia conca detritica, risalgo mantenendomi sul margine destro fino a raggiungere la base delle pareti rocciose del Fuina.  Con l’intuito supero a sinistra un grosso masso, (passaggio di I grado non esposto), e mi ritrovo su un’esile traccia segnata da radi bolli rossi sbiaditi e ometti. La traccia a sinistra porta al Pleros, quella a destra si abbassa nel sottostante lariceto posto tra i due marcati canaloni. Proseguendo a sinistra seguo l’esile traccia posta tra le bancate rocciose del Monte Fuina e il terrazzo detritico, risalgo un breve ripido pendio misto a zolle erbose e ghiaie, fino a intravedere una rampa che immette in un canalone dominato dalle impressionanti pareti della creta di Fuina. I radi ometti mi guidano a risalire gli ultimi metri del pendio, fino a superare la rampa rocciosa e risalire l’incassato canalone (la strategia migliore è mantenersi alla sua base) evitando di seguire le molteplici tracce ingannevoli, alcuni ometti mi accompagnano fuori dal canalone, risalendo gli ultimi metri del pendio erboso e raggiungendo la forcella del Pleros. Breve sosta, ad ammirare il profilo alpinistico occidentale della creta, degna di essere scalata dai miei amici. A sinistra, guardando a oriente il ripido prato con le bianche rocce incastonate, che risalendolo porta alla cima. Riprendo il cammino Seguendo i radi ometti e bolli, scegliendo il percorso migliore, che in pochi minuti mi porta sulla piccola vetta, materializzata da due croci: la prima posta al centro distrutta da un fulmine, la seconda posta a oriente, sul ciglio della cresta. Finalmente in cima, zaino a terra, felicissimo ed euforico, tutt’intorno le più belle cime del Friuli, a nord le vette austriache, a occidente le dolomiti, cielo è limpidissimo e nemmeno una nuvola in lontananza; l’ideale per chi ama la montagna, mi concedo del tempo per meditare, sognare, osservare, mangiare un frutto, senza fretta di scendere.  A meridione i ripidi pendii erbosi del Pleros dominano la val Pesarina, apro la cassetta del libro di vetta, l’ultima annotazione risale a quindici giorni prima, penso che il Pleros sia un morbido cuscino d’erba posto in un oceano di roccia, l’ideale per chi vuole fuggire dal mondo contemporaneo per ammirare uno dei più begli spettacoli del mondo “ Le Alpi Carniche”!
Non è retorica, ma rientrare è dura! Come capisco chi raggiungendo un’alta e ambita cima, è preso da uno strano sentimento, di lasciarsi andare, il morire sulla cima, ma vigliaccamente mi alzo in piedi, zaino in spalle e rientro, lentamente, stando attendo a non incorrere in slogature o peggio. Felicissimo di questa montagna, che pur essendo snobbata dalla massa, mi ha regalato attimi di libertà.
Il vostro “ Forestiero Nomade”.
Malfa.


 Monte Pleros (m 2314) dai Piani di Vas.
Note tecniche.
Gruppo: Siera/Creta Forata- Alpi Carniche.
Avvicinamento: Tolmezzo-Ovaro-Rigolato- Dal centro di Rigolato indicazioni per Laudaria-Piani di Vas, ampio parcheggio quota 1250.
Punto di Partenza: Piani di Vas, quota. 1250
Tempi di marcia escludendo le soste: 5 ore.
Dislivello: 1064
Dislivello complessivo in salita: 1225
Distanza percorsa in Km: 14 km.
Quota minima partenza: 1250
Quota massima raggiunta: 2314
Condizioni Meteo: Splendida giornata di sole.
Segnavia: CAI 227; Ometti e sbiaditi bolli rossi.
Fonti d’acqua: Nessuna.
Difficoltà: Turistico: Dai Piani di Vas fino ai ruderi di casera Campiut; Dal rio fino alla cima per escursionisti molto esperti.
Attrezzature:
Cartografia consigliata. Tabacco 01
Data: Sabato 29 agosto 2015
Condizioni del sentiero: Dal rio si procede a intuito.
Periodo consigliato: Luglio –settembre.

Il vostro “ Forestiero Nomade”.Malfa.











































domenica 23 agosto 2015

Monte Castello 1937 m.

Monte Castello
Note tecniche.
Localizzazione: Monte Castello – Parco naturale delle Prealpi carniche.
Avvicinamento: Meduno-Val tramontina-Chievolis-Selva-superare la diga e raggiungere per via sterrata la località “Le Tronconere” – Parcheggio auto, prima e dopo il ponticello sul torrente Silisia.
Punto di Partenza: Dopo il ponticello sul torrente, quota 579 m.
Tempi di marcia escludendo le soste:
Dislivello complessivo in salita: 1374 m.
Distanza percorsa in Km: 15 km.
Quota minima partenza: 579 m.
Quota massima raggiunta: 1937 m.
Condizioni Meteo: Variabile.
Segnavia: CAI 975.
Fonti d’acqua: Solo nel torrente subito dopo la partenza.
Difficoltà: E.E.
Attrezzature:
Cartografia consigliata. Tabacco 028
Data: Sabato 22 agosto 2015.
Condizioni del sentiero: Marcato e splendidamente segnato fino alla forcella Navalasc, dopo fino alla cima qualche raro ometto e poche tracce, da quota 1760 fino alla cima fatevi guidare dall’intuito seguendo la crestina.
Periodo consigliato: Da giugno a Ottobre.


Il vostro “ Forestiero Nomade”.Malfa.
Relazione.
Le ultime escursioni accrescono in me un desiderio di libertà e solitudine, e così sono alla ricerca di luoghi meno frequentati dalla massa, che abbiano l’odore  del sudore, della storia di un passato  remoto. Un nome in questa settimana mi è balenato in mente, ”Monte Castello”! In precedenza l’ho tentato da sud, da Andreis, sfortunatamente molti tratti del sentiero sono franati, non mi restava che da salire dal lato Nord, dalla mitica valle Andreana, ove regna il lago di Selva. Dalle sue acque si odono ancora i canti dei bimbi, dove la vita dei montanari ha lasciato il passo ai vizi di quellI della bassa. Alto il costo della val tramontina che paga con le sue numerose dighe, per poi essere snobbata da pseudo amanti della montagna, che scelgono il tutto facile, e credono a pregiudizi e diavolerie ben degne del medioevo.
Sveglia presto come sempre, ospite gradito in questa escursione sarà il fido Magritte, giornata ideale per le sue fatiche. Benché la val tramontina mi sia geograficamente vicina, non rinuncio a cominciare l’escursione all’alba. Dopo aver superato la frazione di Meduno, giungo nei pressi del primo lago artificiale, supero il ponte Racli, sfiorando le imponenti rocce proseguo in direzione Chievolis, e in seguito con lunga serie di tornanti giungo in prossimità di  Selva. La mente è rapita dal fascino della valle, dei piccoli borghi, personalmente è una delle più belle del triveneto e sicuramente una delle più ricche di storia. Superata la diga, mi avvio lungo la strada forestale parzialmente asfaltata, e con prudenza la percorro in tutta la sua lunghezza fino a giungere nei pressi delle “Tronconere”Spiazzo per l’auto subito dopo aver superato il ponticello sul torrente Silisia. Zaino in spalle si parte! Dopo la prima curva è posto un cartello con le indicazioni per Forcella Navalaesc e il sentiero 975. Seguo i segni CAI sul comodo sentiero, guado un torrente e successivamente con una serie di strette svolte  risalgo il costone frontale a sinistra, superando il rudere di una malga. Dopo un brevissimo tratto pianeggiante supero il secondo greto, risalendo a destra, dapprima tra grandi massi e addentrandomi nelle oscurità del bosco, mantenendomi sempre sul lato destro della valle Andreana e puntando a Sud-ovest. Il sentiero è ben segnato e marcato, i numerosi schianti sono stati aggirati da un superbo lavoro di manutenzione. Senza tanta fatica, passo prima sotto la parete settentrionale del Monte Castello, e in seguito sbuco fuori  dal bosco raggiungendo l’alto pascolo in prossimità dei ruderi di casera Navalesc (nascosta dall’alta vegetazione). Qui presto attenzione, il primo tratto di prato (erbacce alte) è ben segnato e marcato, fino a un’indicazione con freccia bianca dipinta su un tronco. Da qui seguo le indicazioni, abbassandomi sul greto di un torrente asciutto, un ometto (da me rinforzato) mi indica di risalire in direzione sud-ovest e successivamente seguendo i numerosi segni,  aggirando il prato in direzione nord –ovest. Il sentiero in pochi minuti raggiunge la forcella (una madonnina in ottone incastonata nella roccia) di Navalesc. Il sentiero 975 scende per la variante a sud. Breve pausa, osservo il proseguimento a oriente verso la cima del monte Castello. Il primo tratto sfiora l’affilata e insidiosa cresta sull’impressionante baratro meridionale, biforcandosi; seguo quella che si addentra a nord est, evitando l’erba bagnata e le insidie della cresta. Delle provvidenziali fascette colorate poste su alcuni tronchi mi guidano lungo il pendio erboso senza tracce, scelgo i passaggi migliori, fino a raggiungere nella parte terminale la traccia di cresta (quota 1730 circa). Breve sosta a scrutare il cielo che si sta chiudendo, mi fermo indeciso: proseguire o abbandonare? Non manca molto alla cima, decido di andare avanti e rinvio la decisione. Aggirando alla sua sinistra un blocco roccioso e risalendo un piccolo salto mi ritrovo in cresta, da qui la cima mi appare vicina, decido di andare fino in fondo! Gli ultimi duecento metri di dislivello sono meno ripidi e faticosi, sono vicino la meta, davanti a me l’ampia cresta inerbita del monte castello e alla sua destra l’ante cima, di pochi metri più bassa. Risalendo tra mughi e roccette supero la crestina alla base della cima, con libera traccia arrivo al suo vertice, materializzato da due croci: una in ferro mancante di un braccio, e l’altra più complessa e di fattura recente. Zaino a terra e breve sosta, il meteo non promette nulla di buono, tutte le vicine cime sono avvolte da nuvoloni neri e poco rassicuranti. Uno sguardo alla cresta erbosa (per alpinisti folli) che passando per il Randolino conduce a sua maestà il Raut.  A  nord -ovest le Dolomiti Friulane sono avvolte da nuvoloni neri, come la catena montuosa di Piancavallo. Un’atmosfera da sogno mi avvolge, la solitudine selvaggia della vetta. Ripreso lo zaino, affronto la discesa, sperando nella clemenza del meteo, desiderio esaudito! Scendo giocherellando per il pendio erboso, piegando le ginocchia e afferrando ciuffi d’erba, in breve mi ritrovo alla forcella di Navalesc. Finalmente meritata sosta per rifocillarci (Magritte gioisce) e recuperare energie. Nel frattempo Il sole lotta con le nuvole, sembra avere il sopravvento, sprazzi di azzurro colorano il cielo. Ripresa la discesa, e avvolto da estatici pensieri, raggiungo l’auto. Subito dopo il ponticello, una lunga serie di fuoristrada con targa straniera occupa lo spazio a sinistra, avventurieri organizzati di tutto, il silenzio è sostituito dai turisti, son contento per gli amici della val tramontina! Un turismo sano e colto che porta profitti senza distruggere l’ambiente. Lungo la strada forestale sono attratto dai ruderi di un vecchio borgo che emergono dal lago, su uno essi persistono ancora le rosse  tegole, alle spalle il recinto di un gregge, tutto affiora, come fantasma di un passato mai estinto. Ultimi chilometri nelle valli di Silisia e della val tramontina. Ritorno al quotidiano, svegliandomi dall’incantesimo, un sortilegio per spiriti liberi, per uomini solitari, chiamato “val tramontina e le sue perle”.
Il vostro “ Forestiero Nomade”.
Malfa.