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lunedì 22 agosto 2022

Le orme di dinosauro presso Casera Casavento (Claut PN).


 Le orme di dinosauro presso Casera Casavento (Claut PN).

















 Le orme di dinosauro presso Casera Casavento (Claut PN).


Gli ultimi tornanti della strada militare sono scanditi da suoni: il continuo fluire delle acque del Ciol de La Gialina e il muggito delle vacche, che in basso sono intente a ruminare, mentre una miriade di turisti le fotografa come se le signore fossero delle stelle dello spettacolo. Sono effettivamente le principesse di questo luogo, e durante la stagione estiva si godono la dovuta popolarità. Raggiunta la bella fonte sita presso Casera Casavento, riempio d’acqua la borraccia, e proseguo, seguendo le indicazioni a nord est, fin sotto le verticali pareti della costa occidentale del Domanzon, da dove un tempo cadde il famoso masso con le impronte del dinosauro. Proprio alla base delle pareti sono poste delle chiare tabelle esplicative, e lui, l’oggetto sacro, è al centro della composizione, lambito dalle acque del Ciol della Gialina. Lo fotografo, timidamente mi avvicino , e comparo le dimensioni tra l’orma e la mia mano. Sento la presenza del mito triassico, e immagino la spiaggia dove milioni di anni fa lo stesso passeggiava, e chissà cosa pensava in quel medesimo istante. Attimi di fantasia, anche infantile, che si combinano con la poesia che decanta il continuo fluire delle acque del torrente. Come siamo miserabili e insignificanti noi umani, quando nel quotidiano dedichiamo il nostro pensiero a criticare e distruggere e non a lodare e costruire. Dimentichiamo che la vita, l’unica nostra ricchezza, è solo un battito d’ali di farfalla in confronto all’eternità dell’Universo. 

sabato 20 agosto 2022

Monte La Gialina 1634 m.

Monte La Gialina 1634 m.

Note tecniche.

Localizzazione: Dolomiti Friulane (Prealpi carniche)

Avvicinamento: Montereale Valcellina-Barcis-Claut -seguire le indicazioni per Lesis  , seguendo una serie di tornanti fino al Pian de Cea (m 914) Parcheggio per l’auto.

Dislivello: 800 m.

 Dislivello complessivo: 800 m.

Distanza percorsa in Km: 14 km.

Quota minima partenza: 914 m.

Quota massima raggiunta: 1634 m.

Tempi di percorrenza. Sei ore senza le soste.

 In: Solitaria.

 Tipologia Escursione: Selvaggia.

Difficoltà: E.E.

Segnavia:  CAI 960 -strada degli alpini.

Attrezzature: No.

Croce di vetta: no.

Libro di vetta: Si.

Timbro di vetta: No.

Cartografia consigliata: Tab 021; 028.

Periodo consigliato: giugno-ottobre

Condizioni del sentiero: Ben segnato e marcato fino alla forcella Clautana.

Fonti d’acqua: Nessuna.

Data: 10 agosto 2022.

 

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

Relazione tecnica.

Dopo una breve ricerca di itinerari, la consueta esplorazione sulle mappe digitali, ho avuto un’illuminazione, Claut!  Il territorio montano di Claut è ricco di meravigliose opportunità per gite in ambiente selvatico. Sulla mappa sono rimasto attratto da una linea rossa continua, che serpeggiando, ascende un versante per poi confluire nella nota forcella Clautana. Prima d’ora non sono mai asceso al noto varco storico, che più di cento anni fa vide eroi di opposte frazioni fronteggiarsi. Allego un breve passo introduttivo preso da una pagina di storia… ”Oltrepassata San Daniele, il giovane tenente (Rommel) attraversò il Tagliamento il 5 novembre utilizzando il ponte di Cornino, proseguendo poi verso Travesio in modo da coprire la strada Meduno-Chievolis-Claut-Cimolais-Longarone. Dopo aver trascorso la notte nella zona di Travesio, l'azione riprese immediatamente dato che le avanguardie del Battaglione del Würtenberg erano sempre più vicine alle retroguardie italiane intente a fuggire. Queste, ricevuti alcuni rinforzi, il 7 novembre riuscirono a rallentare i tedeschi sulla Forcella Clautana, un passo a 1439 metri s.l.m. tra il Col del Tonon e il Monte La Gialina. A nulla servì l'azione di Rommel che, con tre compagnie, cercò di sorprendere gli italiani da sud mentre il grosso del battaglione attaccava frontalmente (direzione est-ovest). Il giorno seguente però gli italiani abbandonarono le loro posizioni consentendo ai tedeschi di avanzare fino a Claut e Cimolais dove, il 9 novembre, si svolse l'ultimo scontro a fuoco con le retroguardie italiane. “

Bastano queste poche righe per dare più enfasi all’escursione che mi appresto a descrivere, ma non è solo una storia di uomini ma anche di mondi perduti. Presso la Casera Casavento, dove scorrono le acque del Ciol della Gialina è stato ritrovato un masso con le impronte di un dinosauro, ecco la ciliegina sulla torta che  desidero aggiungere assieme alla selvatica vetta del Monte La Gialina. Preparo con cura e nei minimi particolari l’escursione, e il mattino seguente, vista la splendida giornata all’insegna del sole, mi reco nel regno di Claut. In meno di un’ora da casa raggiungo il comune, naturalmente deliziandomi mentre guido ad ammirare dalla valle del Cellina le vette che la dominano. Da Claut, procedo per Lesis, e una volta dato il pedaggio, mi avventuro nella valle, che in breve risalgo attraverso dei tortuosi tornanti fino al Pian de Cea.

L’ampio parcheggio è posto a quota 914 metri, esso precede di pochi metri  l’infinito letto di ghiaie che prende il nome di Le Grave da Giere, in passato attraversato più volte per delle meravigliose escursioni.

Seguendo le indicazioni della mappa, proseguo attraverso un ‘ampia carrareccia nominata 966 dal CAI. L’arteria montana aggira a meridione il Col Pilusel, fino a raggiungere un secondo parcheggio, dove il traffico è precluso agli automezzi non autorizzati. Di seguito la stradina campestre entra in una piccola conca dove spicca a sud la meravigliosa Casera Casavento. Il riparo  è attivo sin dalle prime ore dell’alba. Le vacche sono ancora nelle stalle, mentre alcuni automezzi sostano all’esterno. Una bandiera che mi è molto cara sventola da un pennone , «campo bianco crociato di rosso ( croce di San Giorgio) con in ciascun quarto una testa di moro bendata sulla fronte rivolta in direzione opposta all'inferitura.» Sì, è la gloriosa bandiera sarda, che tanto onore si è fatta sui campi di battaglia del territorio nazionale, essa rappresenta un popolo antico, fiero e dalle forti radici. Intuisco che nelle vene del malgaro scorre del sangue sardo, mi fermo poco dopo a dialogare con lo stesso, breve chiacchierata per poi proseguire per la prima meta odierna, la forcella Clautana. Rinvio al seguito la visita all’impronta del dinosauro. La carrareccia  prosegue in direzione est, inoltrandosi dentro un fitto bosco e iniziando sin da subito la scalata al monte tramite delle rampe inclinate scavate artificialmente sul versante occidentale del Monte La Gialina. Scoprirò in forcella che la strada è stata edificata nel 1912, ben cinque anni prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. L’arteria malgrado oggi abbia compiuto 112 anni, è ben preservata, e tranne alcuni brevi tratti è anche percorribile da carri, naturalmente delle dimensioni dei mezzi dell’epoca di edificazione. La strada degli alpini è un autentico toccasana per lo spirito. Mi permette di concedermi delle distrazioni mentali, e riflettere sugli ultimi eventi della mia vita. Un’autentica catarsi, liberatoria,  che mi permette di mantenere sereno lo spirito. Giungo nell’ultimo tratto della carrareccia, quello che si spinge fino alla forcella Clautana, e sono scarico dalle tensioni, felicissimo. Il paesaggio che mi offre la veduta  dalla forcella è spettacolare, soprattutto quando lo sguardo fugge per le dolomiti friulane, fino alle lontane dolomiti venete. Spesso nell’ultimo tratto mi sono fermato a fotografare e a contemplare, riconoscendo molte elevazioni note, anche se questo punto di vista mi è nuovo. L’arrivo all’ampia forcella Clautana è accompagnato dal propagarsi di un vociare. Due escursionisti, meno giovani di me, sono seduti su una panca, mentre un loro nipote è intento, nascosto dalla boscaglia, a studiare la flora. Breve e simpatica conversazione, si sorride e ride. Mi congedo da loro, il mio itinerario prosegue proprio alle loro spalle. Dalla Forcella un’esile traccia a settentrione, inizia a scalare la crestina del Monte La Gialina, che si da subito si rivela selvatica. Inizio il tratto più impegnativo dell’escursione, mi pento di non aver al seguito i ramponi da erba,  quindi, cercherò di essere prudente. Sin dai primi passi mi si prospetta una cresta affascinante per il suo innalzarsi sui versanti: a oriente posso ammirare dall’alto la valle che dà origine al torrente Meduna, e lo stesso sguardo si spinge fino alla vicina Val Tramontina.  I ripidi pendii erbosi che cavalco sono illuminati dai primi raggi di sole, mi servo dei mughi che stanno sulla linea di cresta e che adopero come corrimano. La cima è oltre i dorsi, pare difficile da raggiungere, metro dopo metro mi avvicino. A volte vi sono segni di passaggio, ma la logica mi consiglia di camminare aderente ai mughi , e a volte anche all’interno di essi per via dell’esposizione pericolosa. Nel rilievo che precede la cima vera e propria, trovo una difficoltà che a primo acchito mi consiglia di desistere. Una traccia di capriolo scorre in basso ed è molto esposta sul perpendicolare pendio. Sono indeciso se mollare e rientrare. Sono titubante, provo un ultimo tentativo, quello di attraversare i mughi, sperando di non sfociare su un salto, la fortuna anche in questo caso aiuta gli audaci. Mi addentro e spesso cammino sui mughi,  lotta impari, ma la vinco! Sbuco su una piccola sella, dove aggiro un pilastro di roccia sulla sua sinistra, ed eccomi alla base dell’ultimo tratto di cammino. L’unico ostacolo stavolta sono solo i mughi, ma ne ho decifrato  e disegnato lo spiegamento sul terreno. A volte sono fitti, ma tra essi vi sono tratti solo inerbiti dove posso districarmi e guadagnare terreno. L’ultimo tratto che precede la vetta è più articolato, un po’ esposto, ma abbordabile. Eseguo dei piccoli passaggi dove mi tengo sia ai mughi che alle rocce, ed eccomi in cima. Un ometto solitario con un ramo rinsecchito è di guardia e mi dà il benvenuto. Fatta!! Mi godo la gioia dei primi venti secondi della conquista, mi guardo intorno, paesaggio da sogno. Mi piacerebbe continuare per la cresta, ma per oggi basta.  La vetta, l’obiettivo numero due è stato conseguito. Gioco con i sassi che trovo  sulla sommità e rafforzo l’ometto, di seguito appronto e installo un contenitore per il passaggio dei viandanti. Finalmente mi posso concedere  l’attimo sublime,  quello più atteso, la contemplazione del creato. Chi ama la montagna non può che desiderare attimi come questi, dove l’uomo, per avvicinarsi a Dio, ascende le meravigliose increspature di roccia chiamate montagne! In questi baleni di silenzio non mi sento solo, ma sono cosciente di essere un granello di sabbia in questo oceano chiamato Universo. Qualunque vetta, bassa o alta che sia, dona queste mirabili sensazioni. Ripresomi dall’infinita felicità, dal momento mistico passo alla realtà, dedicandomi al ritroso rientro a valle. La discesa non è meno impegnativa della salita, ma la svolgo diligentemente con cautela, intervallando i passaggi all’aperto sulla cresta a quelli all’interno della vegetazione (una faggeta posta in sella), finché, con calma, ma molta clama, raggiungo la forcella Clautana dove le mie peripezie da esploratore hanno termine.  Presso la forcella cerco un luogo adombrato, ho fame e il piacere ludico reclama il suo tempo. Seduto su un masso, rilassato, ammiro le montagne di Claut, alcune le conosco e altre no, ma tutte sono un sogno da vivere. Lo sguardo vola lontano, e una delle figure che mi colpisce è il Col Nudo, regale da tutti i punti di vista, e sempre accompagnato dalla proverbiale nuvoletta bianca. Il tempo del desinare scorre velocemente, è giunto il periodo che riprenda a ritroso la strada degli alpini. Stavolta dedicherò più tempo a fotografare le varie fioriture, meravigliose! Gli ultimi tornanti della strada militare sono scanditi da suoni: il continuo fluire delle acque del Ciol de La Gialina e il muggito delle vacche, che in basso sono intente a ruminare, mentre una miriade di turisti le fotografa come se le signore fossero delle stelle dello spettacolo. Sono effettivamente le principesse di questo luogo, e durante la stagione estiva si godono la dovuta popolarità.  Raggiunta la bella fonte sita presso Casera Casavento, riempio d’acqua la borraccia, e proseguo, seguendo le indicazioni a nord est, fin sotto le verticali pareti della costa occidentale del Domanzon, da dove un tempo cadde il famoso masso con le impronte del dinosauro. Proprio alla base delle pareti sono poste delle chiare tabelle esplicative, e lui, l’oggetto sacro, è al centro della composizione, lambito dalle acque del Ciol della Gialina. Lo fotografo, timidamente mi avvicino , e comparo le dimensioni tra l’orma e la mia mano. Sento la presenza del mito triassico, e immagino la spiaggia dove milioni di anni fa lo stesso passeggiava, e chissà cosa pensava in quel medesimo istante. Attimi di fantasia, anche infantile,  che si combinano con la poesia che decanta il continuo fluire delle acque del torrente. Come siamo miserabili e insignificanti noi umani, quando nel quotidiano  dedichiamo il nostro pensiero a criticare e distruggere e non a lodare e costruire. Dimentichiamo che la vita, l’unica nostra ricchezza, è solo un battito d’ali di farfalla in confronto all’eternità dell’Universo.

Rientro nel piano innanzi alla casera, strafelice, stracarico. Dialogo con una famigliola con al seguito dei bellissimi bimbi, loro hanno ben compreso che la montagna è un’eccellente fede, e viro per la strada del ritorno, mentre Re Sole assieme allo splendido cielo azzurro, accompagnano i miei ultimi passi verso l’auto. Il resto è solo un’infinita gioia impressa nell’iride, che con il passare dei secondi si iscrive di diritto nell’albo degli splendidi ricordi lasciando bianca la pagina dell’oblio. Anche oggi ho vissuto e non è poco.

Il Forestiero Nomade.

Malfa