Monte La
Gialina 1634 m.
Note
tecniche.
Localizzazione:
Dolomiti Friulane (Prealpi carniche)
Avvicinamento:
Montereale Valcellina-Barcis-Claut -seguire le indicazioni per Lesis , seguendo una serie di tornanti fino al Pian
de Cea (m 914) Parcheggio per l’auto.
Dislivello: 800
m.
Dislivello complessivo: 800 m.
Distanza
percorsa in Km: 14 km.
Quota minima
partenza: 914 m.
Quota
massima raggiunta: 1634 m.
Tempi di
percorrenza. Sei ore senza le soste.
In: Solitaria.
Tipologia Escursione: Selvaggia.
Difficoltà: E.E.
Segnavia: CAI 960 -strada degli alpini.
Attrezzature:
No.
Croce di
vetta: no.
Libro di
vetta: Si.
Timbro di
vetta: No.
Cartografia
consigliata: Tab 021; 028.
Periodo
consigliato: giugno-ottobre
Condizioni
del sentiero: Ben segnato e marcato fino alla forcella Clautana.
Fonti
d’acqua: Nessuna.
Data: 10
agosto 2022.
Il
“Forestiero Nomade”
Malfa
Relazione
tecnica.
Dopo una
breve ricerca di itinerari, la consueta esplorazione sulle mappe digitali, ho
avuto un’illuminazione, Claut! Il
territorio montano di Claut è ricco di meravigliose opportunità per gite in
ambiente selvatico. Sulla mappa sono rimasto attratto da una linea rossa
continua, che serpeggiando, ascende un versante per poi confluire nella nota
forcella Clautana. Prima d’ora non sono mai asceso al noto varco storico, che
più di cento anni fa vide eroi di opposte frazioni fronteggiarsi. Allego un
breve passo introduttivo preso da una pagina di storia… ”Oltrepassata San Daniele,
il giovane tenente (Rommel) attraversò il Tagliamento il 5 novembre utilizzando
il ponte di
Cornino, proseguendo poi verso Travesio in modo da
coprire la strada Meduno-Chievolis-Claut-Cimolais-Longarone. Dopo
aver trascorso la notte nella zona di Travesio, l'azione riprese immediatamente
dato che le avanguardie del Battaglione del Würtenberg erano sempre più vicine
alle retroguardie italiane intente a fuggire. Queste, ricevuti alcuni rinforzi,
il 7 novembre riuscirono a rallentare i tedeschi sulla Forcella
Clautana, un passo a 1439 metri s.l.m. tra il Col del Tonon e
il Monte La Gialina. A nulla servì l'azione di Rommel che, con tre
compagnie, cercò di sorprendere gli italiani da sud mentre il grosso del
battaglione attaccava frontalmente (direzione est-ovest). Il giorno seguente
però gli italiani abbandonarono le loro posizioni consentendo
ai tedeschi di avanzare fino a Claut e Cimolais dove, il 9
novembre, si svolse l'ultimo scontro a fuoco con le retroguardie
italiane. “
Bastano
queste poche righe per dare più enfasi all’escursione che mi appresto a
descrivere, ma non è solo una storia di uomini ma anche di mondi perduti.
Presso la Casera Casavento, dove scorrono le acque del Ciol della Gialina è
stato ritrovato un masso con le impronte di un dinosauro, ecco la ciliegina
sulla torta che desidero aggiungere assieme
alla selvatica vetta del Monte La Gialina. Preparo con cura e nei minimi
particolari l’escursione, e il mattino seguente, vista la splendida giornata
all’insegna del sole, mi reco nel regno di Claut. In meno di un’ora da casa
raggiungo il comune, naturalmente deliziandomi mentre guido ad ammirare dalla
valle del Cellina le vette che la dominano. Da Claut, procedo per Lesis, e una
volta dato il pedaggio, mi avventuro nella valle, che in breve risalgo
attraverso dei tortuosi tornanti fino al Pian de Cea.
L’ampio
parcheggio è posto a quota 914 metri, esso precede di pochi metri l’infinito letto di ghiaie che prende il nome
di Le Grave da Giere, in passato attraversato più volte per delle meravigliose escursioni.
Seguendo le
indicazioni della mappa, proseguo attraverso un ‘ampia carrareccia nominata 966
dal CAI. L’arteria montana aggira a meridione il Col Pilusel, fino a
raggiungere un secondo parcheggio, dove il traffico è precluso agli automezzi
non autorizzati. Di seguito la stradina campestre entra in una piccola conca
dove spicca a sud la meravigliosa Casera Casavento. Il riparo è attivo sin dalle prime ore dell’alba. Le
vacche sono ancora nelle stalle, mentre alcuni automezzi sostano all’esterno.
Una bandiera che mi è molto cara sventola da un pennone , «campo bianco crociato di rosso ( croce di San Giorgio) con in
ciascun quarto una testa di moro bendata sulla fronte rivolta in direzione
opposta all'inferitura.» Sì, è la gloriosa bandiera sarda, che tanto onore si è
fatta sui campi di battaglia del territorio nazionale, essa rappresenta un
popolo antico, fiero e dalle forti radici. Intuisco che nelle vene del malgaro
scorre del sangue sardo, mi fermo poco dopo a dialogare con lo stesso, breve chiacchierata
per poi proseguire per la prima meta odierna, la forcella Clautana. Rinvio al
seguito la visita all’impronta del dinosauro. La carrareccia prosegue in direzione est, inoltrandosi dentro
un fitto bosco e iniziando sin da subito la scalata al monte tramite delle
rampe inclinate scavate artificialmente sul versante occidentale del Monte La
Gialina. Scoprirò in forcella che la strada è stata edificata nel 1912, ben
cinque anni prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. L’arteria malgrado
oggi abbia compiuto 112 anni, è ben preservata, e tranne alcuni brevi tratti è
anche percorribile da carri, naturalmente delle dimensioni dei mezzi dell’epoca
di edificazione. La strada degli alpini è un autentico toccasana per lo
spirito. Mi permette di concedermi delle distrazioni mentali, e riflettere
sugli ultimi eventi della mia vita. Un’autentica catarsi, liberatoria, che mi permette di mantenere sereno lo
spirito. Giungo nell’ultimo tratto della carrareccia, quello che si spinge fino
alla forcella Clautana, e sono scarico dalle tensioni, felicissimo. Il
paesaggio che mi offre la veduta dalla
forcella è spettacolare, soprattutto quando lo sguardo fugge per le dolomiti
friulane, fino alle lontane dolomiti venete. Spesso nell’ultimo tratto mi sono fermato
a fotografare e a contemplare, riconoscendo molte elevazioni note, anche se questo
punto di vista mi è nuovo. L’arrivo all’ampia forcella Clautana è accompagnato
dal propagarsi di un vociare. Due escursionisti, meno giovani di me, sono
seduti su una panca, mentre un loro nipote è intento, nascosto dalla boscaglia,
a studiare la flora. Breve e simpatica conversazione, si sorride e ride. Mi congedo
da loro, il mio itinerario prosegue proprio alle loro spalle. Dalla Forcella
un’esile traccia a settentrione, inizia a scalare la crestina del Monte La
Gialina, che si da subito si rivela selvatica. Inizio il tratto più impegnativo
dell’escursione, mi pento di non aver al seguito i ramponi da erba, quindi, cercherò di essere prudente. Sin dai
primi passi mi si prospetta una cresta affascinante per il suo innalzarsi sui
versanti: a oriente posso ammirare dall’alto la valle che dà origine al
torrente Meduna, e lo stesso sguardo si spinge fino alla vicina Val
Tramontina. I ripidi pendii erbosi che
cavalco sono illuminati dai primi raggi di sole, mi servo dei mughi che stanno
sulla linea di cresta e che adopero come corrimano. La cima è oltre i dorsi,
pare difficile da raggiungere, metro dopo metro mi avvicino. A volte vi sono
segni di passaggio, ma la logica mi consiglia di camminare aderente ai mughi ,
e a volte anche all’interno di essi per via dell’esposizione pericolosa. Nel
rilievo che precede la cima vera e propria, trovo una difficoltà che a primo
acchito mi consiglia di desistere. Una traccia di capriolo scorre in basso ed è
molto esposta sul perpendicolare pendio. Sono indeciso se mollare e rientrare. Sono
titubante, provo un ultimo tentativo, quello di attraversare i mughi, sperando
di non sfociare su un salto, la fortuna anche in questo caso aiuta gli audaci. Mi
addentro e spesso cammino sui mughi, lotta impari, ma la vinco! Sbuco su una
piccola sella, dove aggiro un pilastro di roccia sulla sua sinistra, ed eccomi
alla base dell’ultimo tratto di cammino. L’unico ostacolo stavolta sono solo i
mughi, ma ne ho decifrato e disegnato lo
spiegamento sul terreno. A volte sono fitti, ma tra essi vi sono tratti solo
inerbiti dove posso districarmi e guadagnare terreno. L’ultimo tratto che
precede la vetta è più articolato, un po’ esposto, ma abbordabile. Eseguo dei
piccoli passaggi dove mi tengo sia ai mughi che alle rocce, ed eccomi in cima. Un
ometto solitario con un ramo rinsecchito è di guardia e mi dà il benvenuto.
Fatta!! Mi godo la gioia dei primi venti secondi della conquista, mi guardo
intorno, paesaggio da sogno. Mi piacerebbe continuare per la cresta, ma per
oggi basta. La vetta, l’obiettivo numero
due è stato conseguito. Gioco con i sassi che trovo sulla sommità e rafforzo l’ometto, di seguito
appronto e installo un contenitore per il passaggio dei viandanti. Finalmente
mi posso concedere l’attimo sublime, quello più atteso, la contemplazione del
creato. Chi ama la montagna non può che desiderare attimi come questi, dove
l’uomo, per avvicinarsi a Dio, ascende le meravigliose increspature di roccia
chiamate montagne! In questi baleni di silenzio non mi sento solo, ma sono
cosciente di essere un granello di sabbia in questo oceano chiamato Universo. Qualunque
vetta, bassa o alta che sia, dona queste mirabili sensazioni. Ripresomi
dall’infinita felicità, dal momento mistico passo alla realtà, dedicandomi al ritroso
rientro a valle. La discesa non è meno impegnativa della salita, ma la svolgo diligentemente
con cautela, intervallando i passaggi all’aperto sulla cresta a quelli
all’interno della vegetazione (una faggeta posta in sella), finché, con calma, ma
molta clama, raggiungo la forcella Clautana dove le mie peripezie da
esploratore hanno termine. Presso la
forcella cerco un luogo adombrato, ho fame e il piacere ludico reclama il suo
tempo. Seduto su un masso, rilassato, ammiro le montagne di Claut, alcune le
conosco e altre no, ma tutte sono un sogno da vivere. Lo sguardo vola lontano,
e una delle figure che mi colpisce è il Col Nudo, regale da tutti i punti di
vista, e sempre accompagnato dalla proverbiale nuvoletta bianca. Il tempo del
desinare scorre velocemente, è giunto il periodo che riprenda a ritroso la
strada degli alpini. Stavolta dedicherò più tempo a fotografare le varie
fioriture, meravigliose! Gli ultimi tornanti della strada militare sono
scanditi da suoni: il continuo fluire delle acque del Ciol de La Gialina e il
muggito delle vacche, che in basso sono intente a ruminare, mentre una miriade
di turisti le fotografa come se le signore fossero delle stelle dello
spettacolo. Sono effettivamente le principesse di questo luogo, e durante la
stagione estiva si godono la dovuta popolarità.
Raggiunta la bella fonte sita presso Casera Casavento, riempio d’acqua
la borraccia, e proseguo, seguendo le indicazioni a nord est, fin sotto le
verticali pareti della costa occidentale del Domanzon, da dove un tempo cadde
il famoso masso con le impronte del dinosauro. Proprio alla base delle pareti
sono poste delle chiare tabelle esplicative, e lui, l’oggetto sacro, è al centro
della composizione, lambito dalle acque del Ciol della Gialina. Lo fotografo,
timidamente mi avvicino , e comparo le dimensioni tra l’orma e la mia mano.
Sento la presenza del mito triassico, e immagino la spiaggia dove milioni di
anni fa lo stesso passeggiava, e chissà cosa pensava in quel medesimo istante.
Attimi di fantasia, anche infantile, che
si combinano con la poesia che decanta il continuo fluire delle acque del
torrente. Come siamo miserabili e insignificanti noi umani, quando nel
quotidiano dedichiamo il nostro pensiero
a criticare e distruggere e non a lodare e costruire. Dimentichiamo che la
vita, l’unica nostra ricchezza, è solo un battito d’ali di farfalla in
confronto all’eternità dell’Universo.
Rientro nel
piano innanzi alla casera, strafelice, stracarico. Dialogo con una famigliola con
al seguito dei bellissimi bimbi, loro hanno ben compreso che la montagna è
un’eccellente fede, e viro per la strada del ritorno, mentre Re Sole assieme allo
splendido cielo azzurro, accompagnano i miei ultimi passi verso l’auto. Il
resto è solo un’infinita gioia impressa nell’iride, che con il passare dei
secondi si iscrive di diritto nell’albo degli splendidi ricordi lasciando
bianca la pagina dell’oblio. Anche oggi ho vissuto e non è poco.
Il
Forestiero Nomade.
Malfa