Monte Giaf da San Francesco (Val d ‘Arzino).
Racconto.
Prima uscita dell’anno dopo un mese di interruzione.
Le vacanze natalizie trascorse nella bella Palermo e
l’intervento chirurgico alla falange della mano sinistra mi hanno allontanato per
un po’ dai sentieri. Dopo un mese è stato duro riprendere il ritmo e
soprattutto non avevo idea di dove andare. Le cime note e accessibili della
zona le ho fatte tutte, lo spirito avventuriero continuamente affamato non è
cambiato.
Ho bisogno di fare esperienze in montagne sconosciute. Non m’importa
la quota e non temo le difficoltà tecniche, ho assolutamente bisogno di non
sapere cosa mi aspetta. Con lo spirito passionale che brama conquiste osservo
le varie mappe topografiche, cercando un sentiero che mi ispiri. la mia
attenzione cade sulla valle a nord dell’Arzino e dai monti che circondano il
piccolo borgo di San Francesco. Dalla mappa leggo di una strada forestale che
conduce fino alla sella di Giaf, intuisco che raggiungere la piccola cima
omonima non sarà un’impresa.
Stampo la mappa, segno in rosso il sentiero da percorrere e
la imbuco nello zaino. L’indomani esplorerò il piccolo rilievo insieme al prode
Magritte.
La giornata, confermando le previsioni meteo è stupenda, malgrado
la temperatura sia intorno allo zero, mi scalda il cuore la bellezza e l’intensità
del cielo azzurro. Da casa raggiungo in breve l’imbocco della Valle dell’Arzino
che risalgo passando per Anduins fino a inoltrarmi nella stretta valle.
Raggiunto il borgo di San Francesco, procedo con intuito
dentro l’abitato, trovandomi a ridosso di un ponticello di colore azzurro che attraversa
il torrente dell’Arzino, lo supero con l’auto, trovando successivamente conveniente
procedere a ritroso e lasciare il mezzo poco prima del ponticello, presso una
grande piazzola che sovrasta il campo di calcetto (370 m.).
Lesto mi preparo e mi metto in movimento, soprattutto per
scaldarmi. Subito dopo il ponticello sull’Arzino inizia il sentiero, è una
strada forestale, sorprendentemente segnata CAI e numerata 81A. Nella tabella sono
segnati i tempi, è scritto che ci vogliono 2,5 ore per raggiungere la casera di
Giaf, non sapevo che ci fosse tale edificio. <<Bene!>> Esclamo. Con
passo lento inizio il cammino, chi ha falciato l’erba l’ha lasciata sul
selciato, questo rende morbida la progressione, è un buon inizio.
La bella carrareccia
con una serie di svolte guadagna quota, in alcuni tratti si nota che la roccia è
stata scavata per rendere più comodo il passaggio, sicuramente serviva a rendere
accessibile la casera ai mezzi ruotati, per molti aspetti mi ricorda quelle strade
costruite dai genieri alpini durante la “Grande Guerra” a ridosso del confine.
In meno di due ore raggiungo l’ampia sella, mi aspetta una
gradita sorpresa, una bella casera (quota 956 m.), ristrutturata e ospitale.
Presso l’edificio noto un piccolo laghetto artificiale, il ghiaccio che lo
copre rivela la persistenza della bassa temperatura. Entro brevemente dentro
l’edificio, ne visito le stanze, presso l’uscio è posto il libro dei
visitatori, apporto la firma rinviando il commento finale al rientro dalla
cima.
Magritte durante la salita è sempre stato costantemente dietro,
mi è parso affaticato, ora è sorprendentemente redivivo, pimpante come non mai,
l’amico, furbetto, vista l’età ha imparato a preservare le energie.
Per la cima proseguo dietro la casera, direzione nord,
attraverso un prato dorato, la cima, ben visibile a occhio nudo, dista solo poche
centinaia di metri. Dai margini occidentali del prato posso ammirare il
sottostante vallone che conduce a Tramonti di Sotto, anche la traccia CAI
prosegue per la località precedentemente citata, la mia direzione prosegue per
la vetta del monte Giaf.
Dopo il prato seguo la labile traccia, che risale la
crestina inerbita e adombrata da una rada pineta. Avvicinandomi alla cima la traccia
si fa marcata e regolare e con ampie diagonali rende meno difficoltosa la
progressione. Dopo pochi minuti mi ritrovo sotto la vetta. Il sentiero marcato
prosegue a nord, io devio a sinistra guadagnando la massima elevazione
materializzata da una serie di giovani faggi.
La visibilità è
occultata dalla rada faggeta, ma spostandomi nelle varie direzioni riesco ad
ammirare quello che la vegetazione cela.
È una vera cima anche se di bassa quota (1085 m.), non ci
sono ometti e croci, solo la natura selvaggia, intuisci che sei in vetta solo
perché da essa se ti sposti in qualsiasi direzione ti abbassi. Cercavo la
natura vergine, e l’ho trovata.
Sosto il tempo necessario per fare delle foto, Magritte si
gode il sole e intuisce che dopo ritorneremo alla casera, infatti, appena
indosso lo zaino, scatta velocemente, invitandomi a non attardarmi. È una gioia
vederlo giocherellare, sul prato sottostante nei pressi della casera dà il
massimo di sé, esibendosi in un rotolamento sull’erba come se fosse neve.
Raggiunta la casera, io entro dentro mentre il fido sale sul
tavolo pronto per ricevere il rancio. Ispeziono di nuovo i locali: aprendo le
ante dell’armadietto della dispensa noto l’assenza di vettovaglie e le
stoviglie in plastica rosicchiate sicuramente da un topino affamato e
dispettoso. Esco all’esterno per sfamare l’amico, ma fuori fa freddo, mi
rifocillo all’interno, usufruendo del vecchio tavolo mentre osservo il fido che
diligentemente fa la guardia, di tanto in tanto ringhia e abbaia (avrà sentito la
presenza di qualche animaletto), per poi ritornare vigile. Consumo il panino
osservando l’interno del locale, fantasticando anche, finita la pausa, mi
appresto per il rientro, mi copro meglio, e con Magritte ci avviamo presso il
sentiero che scende a Tramonti. Noto tra la vegetazione i ruderi di uno stavolo
e l’impressionante e gigantesca carcassa di un tronco d’albero, sicuramente un
dì fu il signore del luogo e ora attende la “Grande Signora” come una
liberazione.
Ritornando indietro alla casera proseguiamo per San
Francesco, non abbiamo fretta, tante ore di luce ci aspettano, con calma
scendiamo dal monte, ammirando le vicine e selvagge cime rese quasi inaccessibili
dalla vegetazione e dalla ripidezza dei versanti. In poco meno di un’ora siamo
nei pressi dell’auto, la temperatura si è vistosamente alzata, il sole bacia il
borgo di San Francesco. Una volta approntatomi per la partenza, decido
rientrare a valle, godendomi fino all’ultimo la quiete e la bellezza della
valle dell’Arzino.
Il Forestiero Nomade.
Malfa.
Note tecniche.
Localizzazione: Prealpi Carniche.
Avvicinamento: Lestans-Pinzano-Val d’Arzino-Anduins-San
Francesco.
Località di Partenza: San Francesco.
Dislivello:
Dislivello
complessivo: 713 m.
Distanza percorsa in Km: 713 m.
Quota minima partenza: 388 m.
Quota massima raggiunta: 1085 m.
Tempi di percorrenza. 4 ore escluse le soste.
In: Solitaria
Tipologia Escursione:
Escursionistica.
Difficoltà:
Escursionistiche.

Segnavia: CAI 810A
Attrezzature: No.
Croce di vetta: No.
Libro di vetta: No.
Timbro di vetta: No.
Riferimenti:
1)
Cartografici: Tabacco 028.
2)
Bibliografici:
3)
Internet:
Periodo consigliato: Tutto l’anno.
Da evitare da farsi in:
Condizioni del sentiero: Ben segnato fino alla casera Giaf,
poi per la cima si procede per traccia.
Fonti d’acqua: No.
Consigliati:
Data 18 gennaio 2018.
Il “Forestiero Nomade”
Malfa
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