Powered By Blogger

giovedì 23 ottobre 2025

Monte Santo da Paludea

Monte Santo da Paludea

 

Note tecniche. 

 

Localizzazione: Colli morenici di Castelnovo del Friuli

 

Avvicinamento: Lestans -Travesio-Paludea- parcheggio presso lo spiazzo di un albergo trattoria dismesso.

 

Regione: Friuli-Venezia Giulia

 

Provincia di: Pordenone

.

Dislivello: 275 m.

 

Dislivello complessivo: 275


Distanza percorsa in Km: 6,21


Quota minima partenza: 244 m.

 

Quota massima raggiunta: 471

 

Tempi di percorrenza escluse le soste: 3 ore

In: coppia con Klimt

 

Tipologia Escursione: Naturalistica

 

Difficoltà: escursionistiche turistiche

 

Tipologia sentiero o cammino: carrareccia-sentiero

 

 

Ferrata- no

 

Segnavia: CAI 823-

 

Fonti d’acqua: no

 

Impegno fisico: medio basso

Preparazione tecnica: bassa

 

Difficoltà di orientamento: nessuna, eccellente segnaletica

Attrezzature: no

 

Croce di vetta: no, la vetta è un mega castagno secolare

Ometto di vetta: no

Libro di vetta: restaurato e manutenzionato il barattolo di vetro che ho lasciato in un incavo del castagno quattro anni fa.

Timbro di vetta: no

Riferimenti:

Consigliati:

 

Periodo consigliato:  tutto l’anno

 

Da evitare da farsi in:

 

Dedicata a: chi ama i bei sentieri di una volta che riportano alla civiltà montanara

 

Condizioni del sentiero: ben segnato, ben battuto con una eccellente segnaletica.

 

Percosso idoneo per portare il cane al seguito: idoneo per la compagnia del nostro grande amico



Cartografici: IGM Friuli – Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet: 

Data dell’escursione: 18 ottobre 2025

 

Data di pubblicazione della relazione:

 


Malfa

 

Il sentiero delle castagne, ecco come ho sopranominato l’anello escursionistico compiuto intorno al monte Santo, il colle più alto del Comune di Castelnovo, e  con la partenza da Paludea. Il mite giorno autunnale è un invito a prendere lo zaino e percorrere uno dei molteplici sentieri di Castelnovo, stavolta non si parte a piedi da Lestans ma dalla bella frazione di Paludea, piccolo borgo incastonato nella valle del Cosa. Coppia che è in simbiosi non si cambia, quindi, io e Klimt ci ripetiamo in una nuova avventura e in una località che per lui, vista la giovane età è del tutto nuova. Raggiunta in auto Paludea, lasciamo l’auto presso un piccolo spiazzo antistante una trattoria-hotel in disuso. L’intenzione è quella di partire da quota 241 metri e risalire la stradina di servizio che conduce alle frazioni di Faviz e Rez, e di seguito imboccare una remota carrareccia posta alle pendici del monte Santo. Sin dai primi passi e con il guadagnare di quota spesso mi affaccio dalla strada scrutando il panorama che con l’alzarsi del dislivello svela la sua magnificenza. Contemplo dai tetti di Paludea alla valle con i numerosi colli, sino alla lontana cresta del Raut. È proprio un bel vedere, spesso mi fermo ad ammirare le singole casette, gli stavoli sparsi o dispersi nel verde, la chiesa sul Col Monaco, il tortuoso canale dove scorre il torrente Cosa, mentre il latrare dei cani le voci di gente in lontananza creano la naturale colonna sonora. Durante il tragitto sulla strada asfaltata che porta alla località di Rez incontro una simpatica coppia di giovanissimi ultrasettantenni, sia dall’aspetto che dal dialogo mi ricordano i miei professori di liceo artistico. Prima li ho incrociati mentre scendevano, poi ancora n risalita, lui ha una mappa in mano, è un po’ perplesso, si sono smarriti, mi offro in soccorso e chiedo dove vogliono andare spiegando la posizione attuale, quindi, di seguito, iniziamo una breve e proficua conversazione. La coppia ha notato che sulla mia giacchetta porto la toppa patch con la bandiera palestinese, un pensiero comune di solidarietà volge alla popolazione oppressa dai sionisti. Dopo i saluti di commiato con i simpatici spiriti liberi, riprendo il cammino sino alla fine del tratto asfaltato, imboccando la carrareccia che lambisce il monte Santo. Dopo un centinaio di metri, seguendo anche una eccellente cartellonistica esplicativa ( recentissima) viro a sinistra seguendo i cartelli e i ricordi, e infatti dopo uno scalino ritrovo un bel sentiero, che con una serie di tornanti mi porta in sella al monte, a un bivio dove si può proseguire per Celante o andare in vetta ( sentiero 823 o 823A). Al bivio sono ancora più sorpreso, l’ultima volta che sono andato sul monte non cera nulla di nulla, nessuna traccia a parte quella dei cacciatori, ora è ben segnato, pulito e libero da ostacoli, i volontari del comune hanno fatto un bellissimo lavoro. Mi fermo un attimo con Klimt, mi siedo su un masso, consumo dei Pavesini per poi riprendere il cammino verso la vetta. Il tratto è molto bello, emozionante, e mi aspetto una sorpresa in vetta, forse un tabernacolo o qualcosa che segni la massima quota, invece no, non trovo nulla a parte i vetusti castagni e i segni del Cai che indicano la direzione in discesa. Allora curioso e speranzoso mi avvicino al grande castagno, quello dove quattro anni fa ho serbato il vasetto di vetro e lo ritrovo; l’emozione è indescrivibile, anche per chi leggendo sa i miei recenti trascorsi. Apro il vasetto di vetro svitando il tappo in  metallo, e dentro ritrovo i vecchi fogli di carta, inumiditi ma leggibili, stavolta con le firme di più visitatori. Prendo il vasetto e il contenuto e mi allontano pochi metri, in uno spiazzo senza ricci di castagni, mi siedo per terra e dopo aver mollato lo zaino, provo con cura a ripristinare il contenuto del vasetto. Aggiungo dei fogli asciutti, e due custodie in plastica, che poi ripongo il tutto nell’alveolo del castagno dove era gelosamente custodito. Ho ritrovato la mia firma del 2020, quella del 2021 e altre firme di numerosi escursionisti, è stata una grande emozione, il castagno in questi cinque anni ha  accuratamente custodito il passaggio dei viandanti. Fatta la foto di rito con Klimt e il castagno, rientriamo al bivio per poi continuare il nostro cammino, direzione Celante di Castelnovo. Il bel sentiero aggira a occidente il colle quota 431 metri, ma io mi perdo nella poesia del bosco, una panca con un cuore mi suggerisce che la vita è bella se vissuta con amore, e la dolcezza del percorso aggiunge serenità al nostro cammino, sì il nostro, perché il mio compagno d’avventura quando è in montagna è davvero felice e stupito, e io gioisco nel vederlo brioso.

 Il bel sentiero ora si innesta in una carrareccia, la seguiamo in discesa verso nord ovest, a volte essa è scavata nella roccia, mentre come fantasmi tra la fitta vegetazione sbucano remoti stavoli, intatti nell’aspetto malgrado il passare del tempo, mi delizio ad ammirare i particolari , dalle semplici colonne in pietra  alle ante in legno , ma non oso violare i segreti nascosti all’interno ma solo immaginarli. Dei rombi di motori preannunciano la stradina che da Celante conduce a Clauzetto, un suono non gradito che stona con l’ambiente bucolico. Raggiunta la strada asfaltata si scende rapidamente, direzione Paludea, ora tutto è reale e con esso si manifesta la fugacità dell’esistenza umana. Gente che sfreccia con le auto, come automi,  e con l’avvicinarmi alla frazione di Paludea il sogno si allontana sempre di più, rimasto intatto e indelebile nel bosco vegliato dal monte Santo. L’escursione volge alla fine, rispetto alla partenza stavolta ho disegnato sul volto un bel sorriso, colmo di felicità e beatitudine.

Malfa.