Monte
Santo da Paludea
Note
tecniche.
Localizzazione: Colli morenici di Castelnovo
del Friuli
Avvicinamento:
Lestans -Travesio-Paludea- parcheggio presso lo spiazzo di un albergo trattoria
dismesso.
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
Provincia
di: Pordenone
.
Dislivello:
275 m.
Dislivello
complessivo: 275
Distanza percorsa in Km: 6,21
Quota minima partenza: 244 m.
Quota
massima raggiunta: 471
Tempi
di percorrenza escluse le soste: 3 ore
In:
coppia con Klimt
Tipologia
Escursione: Naturalistica
Difficoltà:
escursionistiche turistiche
Tipologia sentiero o
cammino: carrareccia-sentiero
Ferrata- no
Segnavia:
CAI 823-
Fonti
d’acqua: no
Impegno
fisico: medio basso
Preparazione
tecnica: bassa
Difficoltà
di orientamento: nessuna, eccellente segnaletica
Attrezzature:
no
Croce di vetta: no, la
vetta è un mega castagno secolare
Ometto di vetta: no
Libro di vetta: restaurato
e manutenzionato il barattolo di vetro che ho lasciato in un incavo del
castagno quattro anni fa.
Timbro di vetta: no
Riferimenti:
Consigliati:
Periodo
consigliato: tutto l’anno
Da evitare da farsi
in:
Dedicata a: chi ama i
bei sentieri di una volta che riportano alla civiltà montanara
Condizioni del
sentiero: ben segnato, ben battuto con una eccellente segnaletica.
Percosso idoneo per
portare il cane al seguito: idoneo per la compagnia del nostro grande amico
Cartografici: IGM Friuli
– Tabacco 028
2) Bibliografici:
3) Internet:
Data dell’escursione:
18 ottobre 2025
Data di pubblicazione
della relazione:
Malfa
Il sentiero delle castagne, ecco come ho sopranominato
l’anello escursionistico compiuto intorno al monte Santo, il colle più alto del
Comune di Castelnovo, e con la partenza
da Paludea. Il mite giorno autunnale è un invito a prendere lo zaino e
percorrere uno dei molteplici sentieri di Castelnovo, stavolta non si parte a
piedi da Lestans ma dalla bella frazione di Paludea, piccolo borgo incastonato
nella valle del Cosa. Coppia che è in simbiosi non si cambia, quindi, io e
Klimt ci ripetiamo in una nuova avventura e in una località che per lui, vista
la giovane età è del tutto nuova. Raggiunta in auto Paludea, lasciamo l’auto
presso un piccolo spiazzo antistante una trattoria-hotel in disuso.
L’intenzione è quella di partire da quota 241 metri e risalire la stradina di
servizio che conduce alle frazioni di Faviz e Rez, e di seguito imboccare una
remota carrareccia posta alle pendici del monte Santo. Sin dai primi passi e
con il guadagnare di quota spesso mi affaccio dalla strada scrutando il
panorama che con l’alzarsi del dislivello svela la sua magnificenza. Contemplo
dai tetti di Paludea alla valle con i numerosi colli, sino alla lontana cresta
del Raut. È proprio un bel vedere, spesso mi fermo ad ammirare le singole
casette, gli stavoli sparsi o dispersi nel verde, la chiesa sul Col Monaco, il
tortuoso canale dove scorre il torrente Cosa, mentre il latrare dei cani le
voci di gente in lontananza creano la naturale colonna sonora. Durante il tragitto
sulla strada asfaltata che porta alla località di Rez incontro una simpatica
coppia di giovanissimi ultrasettantenni, sia dall’aspetto che dal dialogo mi
ricordano i miei professori di liceo artistico. Prima li ho incrociati mentre
scendevano, poi ancora n risalita, lui ha una mappa in mano, è un po’
perplesso, si sono smarriti, mi offro in soccorso e chiedo dove vogliono andare
spiegando la posizione attuale, quindi, di seguito, iniziamo una breve e
proficua conversazione. La coppia ha notato che sulla mia giacchetta porto la toppa patch con la bandiera palestinese,
un pensiero comune di solidarietà volge alla popolazione oppressa dai sionisti.
Dopo i saluti di commiato con i simpatici spiriti liberi, riprendo il cammino
sino alla fine del tratto asfaltato, imboccando la carrareccia che lambisce il
monte Santo. Dopo un centinaio di metri, seguendo anche una eccellente
cartellonistica esplicativa ( recentissima) viro a sinistra seguendo i cartelli
e i ricordi, e infatti dopo uno scalino ritrovo un bel sentiero, che con una
serie di tornanti mi porta in sella al monte, a un bivio dove si può proseguire
per Celante o andare in vetta ( sentiero 823 o 823A). Al bivio sono ancora più
sorpreso, l’ultima volta che sono andato sul monte non cera nulla di nulla,
nessuna traccia a parte quella dei cacciatori, ora è ben segnato, pulito e
libero da ostacoli, i volontari del comune hanno fatto un bellissimo lavoro. Mi
fermo un attimo con Klimt, mi siedo su un masso, consumo dei Pavesini per poi
riprendere il cammino verso la vetta. Il tratto è molto bello, emozionante, e
mi aspetto una sorpresa in vetta, forse un tabernacolo o qualcosa che segni la
massima quota, invece no, non trovo nulla a parte i vetusti castagni e i segni
del Cai che indicano la direzione in discesa. Allora curioso e speranzoso mi
avvicino al grande castagno, quello dove quattro anni fa ho serbato il vasetto
di vetro e lo ritrovo; l’emozione è indescrivibile, anche per chi leggendo sa i
miei recenti trascorsi. Apro il vasetto di vetro svitando il tappo in metallo, e dentro ritrovo i vecchi fogli di
carta, inumiditi ma leggibili, stavolta con le firme di più visitatori. Prendo
il vasetto e il contenuto e mi allontano pochi metri, in uno spiazzo senza
ricci di castagni, mi siedo per terra e dopo aver mollato lo zaino, provo con
cura a ripristinare il contenuto del vasetto. Aggiungo dei fogli asciutti, e
due custodie in plastica, che poi ripongo il tutto nell’alveolo del castagno
dove era gelosamente custodito. Ho ritrovato la mia firma del 2020, quella del
2021 e altre firme di numerosi escursionisti, è stata una grande emozione, il
castagno in questi cinque anni ha accuratamente
custodito il passaggio dei viandanti. Fatta la foto di rito con Klimt e il
castagno, rientriamo al bivio per poi continuare il nostro cammino, direzione Celante
di Castelnovo. Il bel sentiero aggira a occidente il colle quota 431 metri, ma
io mi perdo nella poesia del bosco, una panca con un cuore mi suggerisce che la
vita è bella se vissuta con amore, e la dolcezza del percorso aggiunge serenità
al nostro cammino, sì il nostro, perché il mio compagno d’avventura quando è in
montagna è davvero felice e stupito, e io gioisco nel vederlo brioso.
Il bel sentiero ora si innesta in una
carrareccia, la seguiamo in discesa verso nord ovest, a volte essa è scavata
nella roccia, mentre come fantasmi tra la fitta vegetazione sbucano remoti
stavoli, intatti nell’aspetto malgrado il passare del tempo, mi delizio ad
ammirare i particolari , dalle semplici colonne in pietra alle ante in legno , ma non oso violare i
segreti nascosti all’interno ma solo immaginarli. Dei rombi di motori
preannunciano la stradina che da Celante conduce a Clauzetto, un suono non
gradito che stona con l’ambiente bucolico. Raggiunta la strada asfaltata si
scende rapidamente, direzione Paludea, ora tutto è reale e con esso si
manifesta la fugacità dell’esistenza umana. Gente che sfreccia con le auto,
come automi, e con l’avvicinarmi alla
frazione di Paludea il sogno si allontana sempre di più, rimasto intatto e
indelebile nel bosco vegliato dal monte Santo. L’escursione volge alla fine, rispetto
alla partenza stavolta ho disegnato sul volto un bel sorriso, colmo di felicità
e beatitudine.
Malfa.