Powered By Blogger

sabato 2 giugno 2012

Cime D'auta ( cima est) 2624 m. ferrata


 
Telefonata inaspettata, dall’altra parte della linea Giorgio, il mio “guru” in montagna, con cui collaboravo alla manutenzione dei sentieri nella sottosezione CAI DI Tramonti.

<<Ciao Giuseppe, come stai?>>

<<Bene Giorgio, e tu? C’è da andare a controllare qualche sentiero?>>

<<Più in là sicuramente, ti ho telefonato per proporti se vuoi venire con me e un mio amico “Giampaolo” a fare una ferrata? Cime D’auta. Sono di media difficoltà, cosi avrai un metro di riferimento per le tue future ferrate!>>

<<Ok! Quando si va? E cosa devo portare oltre al Kit? Porto la corda?>>

<<Si parte sabato, questo che viene, va bene il kit, niente corda, non troveremo neve, ricorda che siamo sui 2600 metri, quindi abiti per alta montagna, ti aggiorno per le ultime, ciao Giuseppe>>

<<Ciao Giorgio, a sabato.>>

Chiusa la conversazione, mi studiai le cime D’auta e la ferrata su internet. Bella, molto bella, l’emozione saliva con l’avvicinarsi del fine settimana. Escursione impegnativa come dislivello, mediamente impegnativa come ferrata, ma per me che ero a digiuno di sentieri attrezzati, questa esperienza era un pasto abbondante compreso di dolce! Poi con Giorgio andavo sul sicuro.  In montagna nella manutenzione dei sentieri, sin dalla prima uscita siamo stati una coppia affiatata. Memorabile la segnatura della cresta del monte Valcalda, solo due folli avrebbero intrapreso l’operazione con il monte avvolto dalla nebbia, e con passaggi di secondo grado esposti! Ricordo quando per errore segnammo un tratto dell’Alta via Alpi Tarvisiane in val Dogna. Il sentiero 611, sovrastato dai bastioni della torre Genziana(Montasio), dopo aver rischiato, superando tratti di sentiero esposti e collassati (e con tutto il materiale al seguito) scoprimmo che non era di nostra competenza. Che ridere! Lui è sempre stato il guru, l’esperienza, ha conquistato il Monte Bianco e altre mitiche montagne. Io sono per sua definizione “lo sherpa”, come simpaticamente mi soprannominava per via del mio zaino stracolmo. Onorato della sua compagnia un giorno gli chiesi perché lui si trovasse bene con me, malgrado io non fossi esperto.  Mi guardò, e con un sorriso misto a dolcezza mi rispose! <<Per l’entusiasmo che hai Giuseppe, è contagioso. Per la carica che riesci a trasmettere e per l’amore che hai per la montagna>>. Di solito era laconico, quel giorno fu prolisso.

Arriva il fatidico giorno, si parte, il meteo è incerto, ma si spera. Con l’auto ci avventuriamo nelle valli bellunesi, sostiamo ad Agordo per un caffè.  Si riprende il cammino inoltrandoci nella vallata solcata dal Torrente Bios, raggiugendo il borgo di Caviola, e successivamente la frazione di Colmean (quota 1270 m.). Nei  pressi di un rifugio lasciamo l’auto. Zaino in spalle, partiamo, seguendo le indicazioni per il sentiero CAI 689. Dapprima percorriamo una carrareccia, evidente pista per slittino, e guadagnando rapidamente quota raggiungiamo il rifugio “Cacciatori” quota 1750 m., caratteristica baita montana, dalle finestre colorate, e adornata da centinaia di sculture in legno create dal gestore. Lo incontriamo, breve saluto, dandoci appuntamento al rientro. Proseguiamo, il sentiero che parte alle spalle del rifugio si inoltra nel boschetto, risalendo l’erto pendio, sotto la maestosa cresta delle gemelle cime D’auta. Il cielo è variabile, speriamo che si apra. Davanti come uno scout procede Giorgio, io lo seguo a pochi metri, un po’ distaccato procede Pierpaolo, insolitamente affaticato dalla salita. In breve raggiungiamo dopo un quarto d’ora la baita dedicata a Giovanni Paolo I,  quota 1900 m. Ci fermiamo a dare uno sguardo a questa bellissima baita, ideale per un pernottamento. All’interno c'è una stufa, pentolame, zucchero, e l’immancabile grappa! Giorgio all’esterno da buona “Giovane Marmotta” studia il percorso. Si procede, il cielo sembra aprirsi.

Usciti dal bosco, la traccia diventa molto ripida. Sopra un grosso masso notiamo uno stambecco, immobile, è ammalato, sta morendo. Una velata tristezza spegne per un attimo il nostro entusiasmo. Tutti gli esseri viventi, compresi gli animali, nell’ultimo momento importante dell’esistenza desiderano la solitudine, e noi non volevamo essere spettatori dei suoi ultimi istanti con madre natura. Risaliamo il canalone che scende dalla forcella del Medil, posto tra le due cime. Si giunge ad un bivio, dove a destra si sale alla cima per la via normale. Noi proseguiamo a sinistra tra le ghiaie, seguendo la debole traccia fino a intravedere sulla verticale parete l’attacco della ferrata (2280m.). Nel frattempo veniamo superati da un escursionista solitario che senza imbrago, senza casco sale come un topolino, il tratto attrezzato, sparendo tra le bianche rocce. Ci armiamo con il kit di ferrata e affrontiamo il tratto attrezzato

Il tratto iniziale, come molte ferrate è selettivo. Verticale ed esposto, percorriamo una scaletta senza cavo, cosi come il primo tratto di gradini che salgono obliquamente sino ad una seconda scaletta. Giorgio fa da apripista, io sto in mezzo (il meno esperto) e Giampaolo chiude.  Agganciati a due spezzoni di cavo, proseguiamo.  Il tratto non è banale, benché alcuni gradini favoriscono la progressione. Superato questo primo tratto, subito dopo affrontiamo un difficile camino, dove si sale in spaccata, altre tre paretine aiutano a superare questo bastione di 25 metri, abbastanza verticale. Sotto il camino c’è un cumulo di neve marcia, ci aiutiamo con esso. Giorgio lo supera con scioltezza, poi viene il mio turno.  Lui se ne sta lassù a farmi le foto, non mi da nessun consiglio e osserva divertito. Dietro, Paolo fa l’indiano, indifferente, fischiettando. Osservo la parete e ricordando qualche consiglio del corso di roccia, con piccoli appigli e facendo leva sugli appoggi sbuco fuori, mostrando la lingua al maestro. Sostando gli chiedo perché non mi ha consigliato! Mi risponde alla Mauro Corona: <<Ci dovevi arrivare da solo, e così è stato, bravo!>>.

Il “vaffa” lo ha letto nel mio sguardo, ma non potevo dagli torto, un sorriso e proseguiamo.

Aggirando la base della parete della cima occidentale utilizziamo un cavo, anche se poco utile viste le poche difficoltà del tratto, fino a raggiungere la panoramica forcella del Medil (2470 m.). Breve sosta, e bellissima panoramica sul massiccio della Marmolada.  Proseguiamo a destra per un breve sentiero che ci porta alla base della massiccia mole della cima D'auta orientale. Sempre per attrezzature si sale proseguendo a zig zag la parete, incontrando un’altra scaletta e un paio di placche su roccia poco appigliata. Superate alcune paretine, si arriva poco prima del bivio dove la cengia è ostruita da un breve nevaio, che si aggetta sull’esposto versante. Giorgio l’ha superato con maestria, io un po’ tentennante cerco il cavo sepolto dalla neve. Operazione molto rischiosa, scivolare sarebbe morte certa. Visto il pauroso baratro, e non avendo corda a seguito (eppure avevo chiesto se dovevo portarla!?) si cerca una soluzione. L’ingegno ci illumina, io e Giampaolo creiamo una catena sfruttando le longe. In sintesi: Giampaolo si aggancia con una delle due longe al cavo che fuoriesce dal blocco di ghiaccio, all’altra longe mi aggancio io con la mia, così portandomi avanti mi agganciavo con la longe rimasta libera al cavo che fuoriusciva più avanti dalla neve. Manovra rischiosissima da non effettuarsi mai, perché contraria a tutte le regole di sicurezza, ma che in questo caso ha dato i suoi frutti.

Superato l’ostacolo giungiamo al bivio, proseguendo a destra tra roccette raggiungiamo la bellissima cima. La croce segna il punto più alto (2624m.). Siamo fortunati, il cielo si apre e lo sguardo spazia dal gruppo della Marmolada alle Pale di San Martino. Momento magico, sublime. Giorgio mi informa che questa ferrata in genere è definita di media difficoltà, che da oggi prenderò in riferimento questa, per le mie prossime ferrate. Dietro di noi il massiccio della Marmolada, sembra ipnotizzarci, il fascino irresistibile delle Dolomiti, gioiello dell’Umanità, con commozione cerco di racchiudere tutto in uno sguardo. Ci fermiamo per una breve sosta, sono così emozionato che non tolgo nemmeno lo zaino. La cima è piccola come un fazzoletto. Mi siedo su un masso, osservando il cilindro in metallo che contiene il libro di vetta, la croce è posta al limite, esposta nel vuoto. Dopo un abbraccio tra conquistatori, gli amici consumano il pasto, io per l’emozione non ho fame. Si riprende il cammino, per la discesa, chiamata comunemente via normale. Il passaggio iniziale è molto delicato, esposto sui baratri settentrionali. Superato il tratto delicato si procede a sinistra. Procediamo ad oriente, raggiugendo un inerbito piano con un laghetto posto al centro di esso. Scarichiamo la tensione, togliendo l’armatura. Seguiamo un esile traccia, avvistando una coppia di romantici camosci che ci fanno da segnavia.    Nel frattempo la nebbia avvolgeva i rilievi, come un palcoscenico che si chiudeva sul meraviglioso spettacolo vissuto.  Imbocchiamo la traccia che prosegue a destra per la via normale (Sentiero Attrezzato Attilio Bortoli), scendendo paralleli ad una ripida parete, un cavo costeggia la base di essa, ma bisogna prestare molta attenzione, per via del terriccio che soprattutto dopo la pioggia rende il percorso insidioso. Superato quest’ultimo ostacolo, una dolce cengia ci accompagna fino al bivio poco sopra la Baita “Giovanni Paolo I”. Da qui in breve superando l’edificio raggiungiamo il rifugio” Cacciatori”, dove ci aspettava il gestore e le birre offerte dal sottoscritto per la sua prima ferrata. Rilassante sosta, ammirando le opere scultoree, e il bellissimo paesaggio. Gongolo dalla felicità, pensando per un attimo a Neil Armstrong che nella sua celebre impresa esclamò «Questo è un piccolo passo per [un] uomo, un gigantesco balzo per l'umanità.» Quel giorno compii un piccolo passo verso il mio grande Universo, “La Montagna”.

Il vostro Forestiero Nomade”

Malfa.

 

 

 
























































































Cime D’auta , cima orientale 2624 metri.

Ferrata “Paolin Piccolin”

Note tecniche.

Localizzazione: Dolomiti Bellunesi: Gruppo Marmolada

Avvicinamento: Belluno-Agordo-Concenighe-Agordino- Caviola-Colmean.

Punto di Partenza: Colmean 1270 m.

Tempo percorrenza senza soste: 6 ore e trenta.

Dislivello complessivo: 1400 m.

Distanza percorsa in Km: 12,8

Quota minima partenza: 1270 m.

Quota massima raggiunta: 2624 m.

Condizioni Meteo: Variabili

Segnavia: CAI

Condizioni del sentiero: Ben segnato e ben marcato.

Fonti d’acqua:

Difficoltà: Escursionisti Esperti Attrezzata.

Attrezzature:

Cartografia consigliata. Tabacco 015

Data: sabato 02 giugno 2012

 

 

Il vostro “Forestiero Nomade”.

Malfa.