Telefonata
inaspettata, dall’altra parte della linea Giorgio, il mio “guru” in montagna,
con cui collaboravo alla manutenzione dei sentieri nella sottosezione CAI DI
Tramonti.
<<Ciao
Giuseppe, come stai?>>
<<Bene
Giorgio, e tu? C’è da andare a controllare qualche sentiero?>>
<<Più
in là sicuramente, ti ho telefonato per proporti se vuoi venire con me e un mio
amico “Giampaolo” a fare una ferrata? Cime D’auta. Sono di media difficoltà,
cosi avrai un metro di riferimento per le tue future ferrate!>>
<<Ok!
Quando si va? E cosa devo portare oltre al Kit? Porto la corda?>>
<<Si
parte sabato, questo che viene, va bene il kit, niente corda, non troveremo
neve, ricorda che siamo sui 2600 metri, quindi abiti per alta montagna, ti
aggiorno per le ultime, ciao Giuseppe>>
<<Ciao
Giorgio, a sabato.>>
Chiusa la
conversazione, mi studiai le cime D’auta e la ferrata su internet. Bella, molto
bella, l’emozione saliva con l’avvicinarsi del fine settimana. Escursione
impegnativa come dislivello, mediamente impegnativa come ferrata, ma per me che
ero a digiuno di sentieri attrezzati, questa esperienza era un pasto abbondante
compreso di dolce! Poi con Giorgio andavo sul sicuro. In montagna nella manutenzione dei sentieri,
sin dalla prima uscita siamo stati una coppia affiatata. Memorabile la
segnatura della cresta del monte Valcalda, solo due folli avrebbero intrapreso
l’operazione con il monte avvolto dalla nebbia, e con passaggi di secondo grado
esposti! Ricordo quando per errore segnammo un tratto dell’Alta via Alpi
Tarvisiane in val Dogna. Il sentiero 611, sovrastato dai bastioni della torre
Genziana(Montasio), dopo aver rischiato, superando tratti di sentiero esposti e
collassati (e con tutto il materiale al seguito) scoprimmo che non era di
nostra competenza. Che ridere! Lui è sempre stato il guru, l’esperienza, ha
conquistato il Monte Bianco e altre mitiche montagne. Io sono per sua definizione
“lo sherpa”, come simpaticamente mi soprannominava per via del mio zaino stracolmo.
Onorato della sua compagnia un giorno gli chiesi perché lui si trovasse bene
con me, malgrado io non fossi esperto. Mi
guardò, e con un sorriso misto a dolcezza mi rispose! <<Per l’entusiasmo
che hai Giuseppe, è contagioso. Per la carica che riesci a trasmettere e per
l’amore che hai per la montagna>>. Di solito era laconico, quel giorno fu
prolisso.
Arriva il
fatidico giorno, si parte, il meteo è incerto, ma si spera. Con l’auto ci avventuriamo
nelle valli bellunesi, sostiamo ad Agordo per un caffè. Si riprende il cammino inoltrandoci nella
vallata solcata dal Torrente Bios, raggiugendo il borgo di Caviola, e
successivamente la frazione di Colmean (quota 1270 m.). Nei pressi di un rifugio lasciamo l’auto. Zaino in
spalle, partiamo, seguendo le indicazioni per il sentiero CAI 689. Dapprima
percorriamo una carrareccia, evidente pista per slittino, e guadagnando
rapidamente quota raggiungiamo il rifugio “Cacciatori” quota 1750 m.,
caratteristica baita montana, dalle finestre colorate, e adornata da centinaia
di sculture in legno create dal gestore. Lo incontriamo, breve saluto, dandoci
appuntamento al rientro. Proseguiamo, il sentiero che parte alle spalle del
rifugio si inoltra nel boschetto, risalendo l’erto pendio, sotto la maestosa
cresta delle gemelle cime D’auta. Il cielo è variabile, speriamo che si apra.
Davanti come uno scout procede Giorgio, io lo seguo a pochi metri, un po’
distaccato procede Pierpaolo, insolitamente affaticato dalla salita. In breve
raggiungiamo dopo un quarto d’ora la baita dedicata a Giovanni Paolo I, quota 1900 m. Ci fermiamo a dare uno sguardo
a questa bellissima baita, ideale per un pernottamento. All’interno c'è una stufa,
pentolame, zucchero, e l’immancabile grappa! Giorgio all’esterno da buona “Giovane
Marmotta” studia il percorso. Si procede, il cielo sembra aprirsi.
Usciti dal bosco,
la traccia diventa molto ripida. Sopra un grosso masso notiamo uno stambecco, immobile,
è ammalato, sta morendo. Una velata tristezza spegne per un attimo il nostro
entusiasmo. Tutti gli esseri viventi, compresi gli animali, nell’ultimo momento
importante dell’esistenza desiderano la solitudine, e noi non volevamo essere
spettatori dei suoi ultimi istanti con madre natura. Risaliamo il canalone che
scende dalla forcella del Medil, posto tra le due cime. Si giunge ad un bivio, dove
a destra si sale alla cima per la via normale. Noi proseguiamo a sinistra tra
le ghiaie, seguendo la debole traccia fino a intravedere sulla verticale parete
l’attacco della ferrata (2280m.). Nel frattempo veniamo superati da un
escursionista solitario che senza imbrago, senza casco sale come un topolino,
il tratto attrezzato, sparendo tra le bianche rocce. Ci armiamo con il kit di
ferrata e affrontiamo il tratto attrezzato
Il tratto
iniziale, come molte ferrate è selettivo. Verticale ed esposto, percorriamo una
scaletta senza cavo, cosi come il primo tratto di gradini che salgono
obliquamente sino ad una seconda scaletta. Giorgio fa da apripista, io sto
in mezzo (il meno esperto) e Giampaolo chiude. Agganciati a due spezzoni di cavo,
proseguiamo. Il tratto non è banale, benché
alcuni gradini favoriscono la progressione. Superato questo primo tratto,
subito dopo affrontiamo un difficile camino, dove si sale in spaccata, altre
tre paretine aiutano a superare questo bastione di 25 metri, abbastanza
verticale. Sotto il camino c’è un cumulo di neve marcia, ci aiutiamo con esso.
Giorgio lo supera con scioltezza, poi viene il mio turno. Lui se ne sta lassù a farmi le foto, non mi da
nessun consiglio e osserva divertito. Dietro, Paolo fa l’indiano, indifferente,
fischiettando. Osservo la parete e ricordando qualche consiglio del corso di
roccia, con piccoli appigli e facendo leva sugli appoggi sbuco fuori, mostrando
la lingua al maestro. Sostando gli chiedo perché non mi ha consigliato! Mi
risponde alla Mauro Corona: <<Ci dovevi arrivare da solo, e così è stato,
bravo!>>.
Il “vaffa”
lo ha letto nel mio sguardo, ma non potevo dagli torto, un sorriso e proseguiamo.
Aggirando
la base della parete della cima occidentale utilizziamo un cavo, anche se poco
utile viste le poche difficoltà del tratto, fino a raggiungere la panoramica forcella
del Medil (2470 m.). Breve sosta, e bellissima panoramica sul massiccio della
Marmolada. Proseguiamo a destra per un
breve sentiero che ci porta alla base della massiccia mole della cima D'auta
orientale. Sempre per attrezzature si sale proseguendo a zig zag la parete,
incontrando un’altra scaletta e un paio di placche su roccia poco appigliata. Superate
alcune paretine, si arriva poco prima del bivio dove la cengia è ostruita da un
breve nevaio, che si aggetta sull’esposto versante. Giorgio l’ha superato con
maestria, io un po’ tentennante cerco il cavo sepolto dalla neve. Operazione molto
rischiosa, scivolare sarebbe morte certa. Visto il pauroso baratro, e non avendo
corda a seguito (eppure avevo chiesto se dovevo portarla!?) si cerca una
soluzione. L’ingegno ci illumina, io e Giampaolo creiamo una catena sfruttando
le longe. In sintesi: Giampaolo si aggancia con una delle due longe al cavo che
fuoriesce dal blocco di ghiaccio, all’altra longe mi aggancio io con la mia, così
portandomi avanti mi agganciavo con la longe rimasta libera al cavo che
fuoriusciva più avanti dalla neve. Manovra rischiosissima da non effettuarsi
mai, perché contraria a tutte le regole di sicurezza, ma che in questo caso ha
dato i suoi frutti.
Superato
l’ostacolo giungiamo al bivio, proseguendo a destra tra roccette raggiungiamo
la bellissima cima. La croce segna il punto più alto (2624m.). Siamo fortunati,
il cielo si apre e lo sguardo spazia dal gruppo della Marmolada alle Pale di
San Martino. Momento magico, sublime. Giorgio mi informa che questa ferrata in
genere è definita di media difficoltà, che da oggi prenderò in riferimento questa,
per le mie prossime ferrate. Dietro di noi il massiccio della Marmolada, sembra
ipnotizzarci, il fascino irresistibile delle Dolomiti, gioiello dell’Umanità, con
commozione cerco di racchiudere tutto in uno sguardo. Ci fermiamo per una breve
sosta, sono così emozionato che non tolgo nemmeno lo zaino. La cima è piccola
come un fazzoletto. Mi siedo su un masso, osservando il cilindro in metallo che
contiene il libro di vetta, la croce è posta al limite, esposta nel vuoto. Dopo
un abbraccio tra conquistatori, gli amici consumano il pasto, io per l’emozione
non ho fame. Si riprende il cammino, per la discesa, chiamata comunemente via
normale. Il passaggio iniziale è molto delicato, esposto sui baratri
settentrionali. Superato il tratto delicato si procede a sinistra. Procediamo ad
oriente, raggiugendo un inerbito piano con un laghetto posto al centro di esso.
Scarichiamo la tensione, togliendo l’armatura. Seguiamo un esile traccia,
avvistando una coppia di romantici camosci che ci fanno da segnavia. Nel frattempo la nebbia avvolgeva i rilievi,
come un palcoscenico che si chiudeva sul meraviglioso spettacolo vissuto. Imbocchiamo la traccia che prosegue a destra
per la via normale (Sentiero Attrezzato Attilio Bortoli), scendendo paralleli
ad una ripida parete, un cavo costeggia la base di essa, ma bisogna prestare
molta attenzione, per via del terriccio che soprattutto dopo la pioggia rende il
percorso insidioso. Superato quest’ultimo ostacolo, una dolce cengia ci
accompagna fino al bivio poco sopra la Baita “Giovanni Paolo I”. Da qui in
breve superando l’edificio raggiungiamo il rifugio” Cacciatori”, dove ci
aspettava il gestore e le birre offerte dal sottoscritto per la sua prima
ferrata. Rilassante sosta, ammirando le opere scultoree, e il bellissimo
paesaggio. Gongolo dalla felicità, pensando per un attimo a Neil Armstrong che
nella sua celebre impresa esclamò «Questo è un piccolo passo per [un] uomo, un
gigantesco balzo per l'umanità.» Quel giorno compii un piccolo passo verso il
mio grande Universo, “La Montagna”.
Il vostro
Forestiero Nomade”
Malfa.
Cime D’auta , cima
orientale 2624 metri.
Ferrata “Paolin
Piccolin”
Note tecniche.
Localizzazione: Dolomiti Bellunesi: Gruppo Marmolada
Avvicinamento: Belluno-Agordo-Concenighe-Agordino-
Caviola-Colmean.
Punto di Partenza: Colmean 1270 m.
Tempo percorrenza senza soste: 6 ore e trenta.
Dislivello complessivo: 1400 m.
Distanza percorsa in Km: 12,8
Quota minima partenza: 1270 m.
Quota massima raggiunta: 2624 m.
Condizioni Meteo: Variabili
Segnavia: CAI
Condizioni del sentiero: Ben segnato e ben marcato.
Fonti d’acqua:
Difficoltà: Escursionisti Esperti Attrezzata.
Attrezzature:
Cartografia consigliata. Tabacco 015
Data: sabato 02 giugno 2012
Il vostro “Forestiero Nomade”.
Malfa.