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venerdì 25 gennaio 2019

Monte Buttignan (1074 m.) da Staligial.

 
Monte Buttignan (1074 m.) da Staligial.                               

Note tecniche.



Localizzazione: Dolomiti destra Tagliamento- Prealpi Carniche-



Avvicinamento: Lestans-Toppo-Meduno- Lago di Redona-seguire indicazioni per Chievolis- Indicazioni per Selva- Bivio per Chiarsuela- proseguire per il borgo di Staligial, lasciare l’auto nello spiazzo adiacente la vecchia scuola.

Località di Partenza: Spiazzo adiacente la vecchia scuola.



Dislivello: 500 m.





 Dislivello complessivo: 500 m.





Distanza percorsa in Km: 4chilometri.





Quota minima partenza: 650 m.



Quota massima raggiunta: 1074 m.



Tempi di percorrenza escluse le soste: 2,15 ore

In: Solitaria



 Tipologia Escursione: Selvaggio



Difficoltà:   Escursionisti Esperti

Segnavia: Bolli rossi

Impegno fisico: Basso.

Preparazione tecnica: Media-alta.

Attrezzature: No.



Croce di vetta: Si.

Ometto di vetta: No.

Libro di vetta: Si.

Timbro di vetta: No

Riferimenti:

1)         Cartografici: IGM Friuli-Venezia Giulia - Tabacco.028

2)         Bibliografici:

3)         Internet:

Periodo consigliato: Tutto l’anno.

Da evitare da farsi in: Condizioni di terreno bagnato o ghiacciato.

Condizioni del sentiero: In via di ripristino, parecchi schianti presenti, ma non ostacolano il sentiero.

Fonti d’acqua: Nessuna.

Consigliati: Ramponi da erba.

Data: 22 gennaio 2019.

Il “Forestiero Nomade”

Malfa

 
Racconto:

 Per la seconda uscita in solitaria dall’inizio dell’anno ho scelto il monte Buttignan. In questa fase della mia esistenza sento il bisogno di vagare da solo, come un lupo, ne ho smisuratamente bisogno, anche per allontanarmi dalle trappole della presunta “vita normale”.

La val tramontima in questo caso viene come un toccasana, la contraddistinguono luoghi selvaggi e incontaminati.

La domenica precedente ero in zona con la mia signora, abbiamo fatto due passi a Chievolis, passando sulla passerella che porta al borgo di Muintà. Osservando le cime circostanti ho rilevato un pizzo di roccia, confesso che in quel medesimo istante il desiderio di andare sui monti era più forte di quello di camminare dentro gli stavoli del borgo. Così, rientrato a casa mi sono messo da subito all’opera, ho preso la mappa della zona e letto il nome del pizzo, Buttignan! Cavolo!  Ci devo assolutamente salire.

La cima è stata da poco scalata dall’amico Ivan, quindi presi i contatti con lo stesso e Loris, mi sono ragguagliato. Il mattino dell’escursione, mi presento alle prime luci dell’alba nella valle tramontina, sono bene ragguagliato che l’ascesa non sarà eccessivamente impegnativa, ma preferisco sfruttare al meglio le ore di luce a mia disposizione.

Giungo nella valle scortato da una luna piena, luminosa e affascinante, essa come una cometa mi guida per la via.

Superato il piccolo borgo di Chievolis, risalgo i tortuosi ed adrenalinici tornanti, seguendo le indicazioni per la località Selva, vado avanti un po’ troppo, visto che mi ritrovo con l’auto sulla diga, e nel manovrare bruscamente per invertire la direzione, allerto il custode della stessa. A quest’ultimo chiedo delle informazioni per Staligial, mi fa notare che dovevo svoltare a destra almeno due chilometri prima, pazienza, ringrazio il buon uomo e ritorno indietro. Imboccato il giusto bivio procedo per il piccolo borgo di Staligial. Giunto dinanzi alla scuola elementare dismessa parcheggio nello spazio adiacente.

Dal basso guardando in su scorgo la cresta del Buttignan, mi stuzzica. Una volta pronto parto, dirigendomi verso il borgo, dopo pochi metri e a destra, un sentiero friabile porta alla forcella panoramica, prima vista sul lago di Selva.

Una panca derivata da un tronco d’albero è posta di sentinella sul pulpito panoramico, un esplicito invito a meditare e lasciarsi andare per meglio ammirare il mirabile spettacolo; invito che cortesemente che rinvio in avanti per dedicarmi all’ascesa.

Sono tanto preso dalla meta, quindi memore delle relazioni e delle informazioni ricevute, affronto un tratto di ghiaia instabile, nulla di impegnativo, pochi metri su mi ritrovo sulla traccia ben visibile, che in diagonale percorre i declivi del monte.

Un cartello con le indicazioni per la vetta mi consiglia di svoltare a sinistra per il tratto ripido tra le conifere, alcuni schianti non sono di intralcio, evidentemente una mano benevola armata di motosega è passata da non molto, rendendo praticabile il sentiero.

Memore delle difficoltà affrontate da Ivan e Loris, mi rendo conto che la mia escursione stranamente procede liscia come l’olio; una volta superato il boschetto senza eccessivi patemi mi ritrovo sotto la bancata rocciosa. Percorro una bellissima cengia, a volte esposta, che con una lunga diagonale taglia le pendici del monte da occidente a oriente.

Ammiro il paesaggio, una delle tipologie che amo di più in assoluto, esso è assolato e sgombro da vegetazione, e poi la giornata radiosa, che meraviglia, dire che sto gioendo è riduttivo.

I pensieri negativi che poche ore prima mi tormentavano, con l’incedere del passo sono svaniti, rimasti giù a valle, nei loro orrendi contenitori.

Ora sono un lupo, lupo grigio e presto sarò un’aquila e mi librerò in aria.

Il bel sentiero, una piccola cengia non tanto esile, dopo un tratto molto esposto raggiunge la base di un canalino, risalgo quest’ultimo con facilità, i bolli rossi, unici compagni di viaggio mi assistono. Dopo alcuni metri abbandono il canalino per spostarmi sulla destra dello stesso, procedo per brevi tratti erbosi fino a riattraversare il medesimo a sinistra, stavolta guidato da un paio di ometti.

Una comoda rampa mi introduce all’ultima cengia, sicuramente la più aerea e affascinante, essa risale in diagonale la ripidissima parete, non è difficile, ma bisogna prestare attenzione per via dell’esposizione.

Raggiunta la spalla panoramica del monte (a occidente) mi concedo momenti di pausa contemplativa, ammirando il lago e le catene montuose che spaziano dalla vicina valle tramontina fino ai lontani monti Dosaip e Caserine, spettacolo! Dal basso del crinale scorgo in alto la croce luminosa, la vetta è vicina, circa 50 metri di dislivello ancora da percorrere. Una chiara traccia di camoscio mi guida, cavalco la schiena del monte ed eccomi in vetta.

Ho impiegato circa un’ora e venti, calcolando anche le brevi soste, meno impegnativa di quanto pensassi. Mi libero dello zaino adagiandolo accanto alla croce e mi concedo al meritato diletto della cima.

 La vista è meravigliosa malgrado la montagna non sia di una altezza considerevole, da essa, grazie anche alla fortunata posizione geografica, si gode un paesaggio pregevole. Visto il tempo a disposizione mi posso concedere uno spazio per la meditazione e per il “cazzeggio”, non sempre si ha la fortuna di vivere una giornata così meravigliosa.

Dopo aver espletato le operazioni previste (firma del libro di vetta, ecc. ecc.), annodo alla croce un nastro rosso e la mia inseparabile bandana nera. Nei giorni che hanno preceduto l’escursione ho avvertito la montagna, essa mi ha desiderato un presente, e gli ho donato l’oggetto che tenevo di più caro, non so i motivi di tale mia valutazione, ho sentito di farlo e l’ho fatto, tutto qui.

Ripreso lo zaino, a malincuore lascio la bella cima, rientrando per il sentiero dell’andata, nessuna difficoltà lungo la discesa, oggi la montagna è stata magnanima e mi ha viziato.

Raggiunto in basso il pulpito panoramico con panca mi concedo una visita al piccolo borgo di Staligial, da dove mi trovo diparte un vecchio “troi”, pochi metri è sono al cospetto delle prime case del borgo.

Incedo lentamente, sto a curiosare su tutto, immagino di rivivere attimi di una vita remota. Osservo le case, alcune restaurate, altre no. Da uno slargo ammiro un vecchio ferro da stiro con dentro uno strano sasso posto come ornamento; mi giro e sento aprire una porta da dove compare un simpatico vecchietto che indossa un viso sorridente e porta un cuore grande, mi invita a entrare nella sua abitazione.

Varcata la soglia dell’abitazione rimango incantato, i colori dell’arredo rustico scaldano l’ambiente e l’animo, nel camino arde un tozzo di faggio. Oggetti svariati di un vissuto remoto sono sparsi dappertutto, e soprattutto una di quelle vecchie cucine a legna ancora operativa. Mi soffermo a vedere cosa prepara il simpatico ometto: salsiccia in padella e bruschette di pane affumicato accompagnate con funghi porcini, mi chiede se voglio desinare con lui, sorrido, rispondendogli che un bicchiere di vino lo gradisco volentieri.

Mentre versa nei bicchieri il nettare degli dei, sopraggiunge un suo amico, ci fermiamo a conversare, naturalmente mi presento, citando tra le mie conoscenze della valle il mio boss, il compianto Vittorio, che a quanto pare, ma non ne dubitavo, qui nella valle tutti conoscono e lodano.

Una piccola sosta davanti al camino per scaldarsi, e poi una visita alle soprastanti stanze, che il buon uomo ha messo a disposizione dei viandanti per una manciata di euro. Ammirata la struttura residenziale ridiscendo al piano inferiore, per continuare la calorosa conversazione. Una volta congedatomi dagli nuovi amici e ripreso lo zaino, mi avvio a far visita agli altri vicoli. Ho il cuore stracolmo di gioia, potrebbe scoppiarmi per le emozioni che sto vivendo. Per il borgo incontro altri e simpatici e arzilli vecchietti, affermo senza dovere temere di essere contradetto che il segreto della longevità è racchiuso in questi luoghi.

Una arcaica chiave di portone sta appesa a un chiodo, la prendo per pochi secondi in mano, nello stesso attimo percepisco lo spirito  di chi l’ha posseduta, aprendo l’abitazione a un nuovo dì per decenni e decenni, la ripongo con cura dove l’ho trovata.

Lascio il borgo con un velo di tristezza, come se il sole forse sparito dietro le ombre delle abitazioni.  Raggiunta l’auto mi preparo con calma al rientro, nessuna premura, c’è tempo, tantissimo tempo, tutto quello necessario per continuare ad ammirare i monti e i vecchi stavoli, della poetica val tramontina.

Ti amo valle, vi amo fratelli e sorelle, il vostro sorriso mi stringe d’affetto come i monti vicini. Tramonti equivale per me a dichiarare “tra le braccia”, cullato dall’amore della laboriosa gente e della natura che la circonda.

Il Forestiero Nomade.

Malfa.